Il caso ''Greed'
Criteri analoghi a quelli che avevano
determinato la scrittura di Sjostrom
e che provocarono in genere - proprio in quel periodo - l'afflusso ad Hollywood
di vari cineasti europei, mossero senza dubbio i dirigenti della Metro-Goldwyn-Mayer ad ingaggiare un regista la cui
attività si era svolta, è vero, interamente in America, ma il cui prestigio poteva già paragonarsi a quello dei più grandi nomi d'oltre Oceano: Eric
von Stroheim, il
quale
oltre a possedere un nome esotico (e preceduto persino da un "von", non importa se
posticcio) era riuscito a procurare grosse fortune alla Universal con soli tre film e mezzo (l'ultimo infatti, Merry-Go-Round, era stato
condotto a termine da Rupert Julian). L'idea, partita probabilmente da Irving
Thalberg (che - come si è visto
- aveva già collaborato con Stroheim), venne sostenuta - pare - anche da June Mathis, che dai Quattro
cavalieri dell'Apocalisse
in poi, era divenuta alla Metro una specie di madreterna. Il risultato fu
davvero sconcertante per lo stato maggiore della casa: dopo aver girato un
numero quasi incalcolabile di chilometri di pellicola Stroheim licenziò infatti
candidamente un film che a quanto si dice era lungo qualcosa come quarantadue rulli, e per la cui
proiezione occorreva circa una diecina di ore. Venne chiamata in fretta e
furia la Mathis, ritenuta evidentemente la maggiore responsabile della faccenda, alle cui forbici
sapienti ed implacabili si affidarono le quarantadue bobine, per trarne al
massimo una diecina. Coloro che hanno avuto l'invidiabile fortuna di conoscere Greed (era questo il titolo del film, tratto da un romanzo di Frank
Norris),
anche
nella versione rimaneggiata e ridotta, affermano che si tratta di una delle
opere più importanti di tutta la storia dell'arte cinematografica: un film di un esasperato ed
agghiacciante realismo, narrato con uno stile da grande maestro, e impostato con un
coraggio ed una spregiudicatezza eccezionali. Era quasi inevitabile che un'opera già tanto
inconsueta e difficile, resa inoltre ancor più incomprensibile da un montaggio
arbitrario che aveva sostituito intere sequenze con pesanti didascalie che
reggevano il peso del racconto, non riuscisse ad ottenere quel successo che la M.G.M. si riprometteva dal
contratto fatto incautamente firmare a Stroheim.
Fausto MontesantiCINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10 NOVEMBRE
Nella foto Gibson Gowland e ZaSu Pitts in Greed (Rapacità) del 1924.
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