martedì 21 gennaio 2020

Un leone a Culver City - Foolish Erich



Stroheim fa cassetta

Per rimediare al malfatto, Stroheim dovette accettare di dirigere The Merry Widow (La vedova allegra, 1925), una riduzione cinematografica della famosa operetta con Mae Murray e John Gilbert: un film di grande mestiere, nel quale tuttavia egli esercitò solo la sua intelligenza e il suo gusto stravagante. A proposito di tale film Stroheim ha dichiarato in un'intervista: Quando vidi come la censura aveva amputato il mio film Greed, in cui avevo messo tutto il mio cuore, abbandonai ogni speranza di poter creare dei film d'arte, e da allora in poi ho lavorato su ordinazione. Il mio film The Merry Widow ha dimostrato che questo genere piace molto al pubblico, ma io son ben lungi dall'esserne orgoglioso e non desidero minimamente essere identificato con le cosiddette attrazioni commerciali ... Quando mi si chiede perché faccio film del genere non mi vergogno affatto di dire la vera ragione: unicamente perché non voglio che la mia famiglia muoia di fame”. Parole amare nelle quali si sintetizza il dramma di un autentico artista: ma i quattro milioni di dollari incassati dal film fecero tirare un sospiro di sollievo ai dirigenti della Metro, che tuttavia si affrettarono a sbarazzarsi ugualmente di Stroheim, la cui prodigalità cominciava a divenire ormai proverbiale. La favola dell'impianto di campane da lui fatto installare alla Universal nella scenografia dell'albergo di Foolish Wives (e che non appariva mai nel film), era nulla in confronto alle camicie di seta cifrate dei soldati di The Merry Widow o ai diecimila dollari fatti spendere unicamente per coniare una serie di medagliette.
Se i film di Stroheim non esercitarono sulla produzione corrente una grande e palese influenza, in compenso certe sue stravaganze furono imitate da registi ansiosi di affermarsi: tipico il caso di Joseph von Sternberg, il quale agli inizi della carriera - e proprio negli studios della Metro - dopo aver fregiato il suo nome (Stern) di un "von" e di un pittoresco "berg" finale, faceva ad esempio il diavolo a quattro se mancava un bottone alla divisa di una comparsa, durante la lavorazione di Escape, (poi ricominciato da Phil Rosen e presentato nel 1926 col titolo The Exquisite Sinner); oppure osava rifiutarsi di far visionare ai dirigenti il materiale di un film con Mae Murray, The Masked Bride (1925) anche questo condotto a termine da un altro regista, Christy Cabanne, che fini anzi per fermarlo). E' l'epoca in cui von Sternberg si fa crescere un paio di baffi smisurati, indossa camicie nere, si copre le spalle con uno scialle rosso; atteggiamenti che riproducono solo esteriormente certe manie di Stroheim, e che agli occhi dell'uomo d'affari - preoccupato solo di problemi pratici e di natura economica - finisce per fare del regista una sorta di fanatico, capace di influire in maniera del tutto negativa sull'esito commerciale del prodotto. (continua)
FAUSTO MONTESANTI

CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10 NOVEMBRE 

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