Esiste poi un'altra
angolazione nel vedere la cravatta nel cinema: il vedere cioè come essa serva a
meglio delineare la personalità di alcuni attori e ne sia riferimento costante
e continuativo, contribuendo a crearne una tipologia.
- il tranquillo: James
Stewart, con le sue cravatte perbene, seriose, con tanto di spilla, la sua
riservatezza, la sua pacata ironia;
- il brillante: Jerry
Lewis, con cravatta demenzial-pacchiana;
- l’amatore un po' retrò:
Burt Lancaster, con raffinate cravatte in reps bianco con stemmino jacquard;
- il tenebroso: le
cravatte nere, falliche di Humphrey Bogart, simbolo di ferma virilità;
- lo spaccone: la
cravatta molle di Paul Newman nel film omonimo;
- il rubacuori: cravatta
ostentata a pois del Clark Gable mito;
- il buono: cravatte
sempre un po' spostate, da maternamente riassettare di Spencer Tracy;
- l'erotico: Jack
Nicholson che ostenta in continuazione splendide cravatte in Chinatown;
- l’esibizionista; lo
splendido Richard Gere che fa della sua vestizione una masturbomania;
- il nevrotico: la
cravatta di James Dean, sfuggente come la sua vita.
E si potrebbe continuare.
Da questa tipologia può
nascere anche un altro tipo di comparazione: come ad una certa fisionomia di
uomo corrisponde una particolare forma ed anche un particolare tessuto di
cravatte.
Ecco che il comico
predilige il raion stampato ed i farfalloni, il raffinato il crêpe più classico
a piccolissimi disegni, il gay certe cravattine allusivo-chic di canneté, il
ribelle ostenta disprezzo anche nei materiali e nei colori.
E si potrebbero osservare
anche altri tipi di correlazione: come un attore porta una cravatta e anche
perché non la porta, se nel suo essere e nella sua identificazione questo non
portarla serve ad evidenziare qualcosa, una libertà da certi schemi per
esempio, o se invece il portarla “insistita” serva a ratificarne altri, tipo recherche e rivisitazioni culturali.
Tutto ciò non sembri
troppo riferito ad una “semplice” cravatta: mai elemento del vestire maschile
fu così denso di possibilità e significati e allusioni tanto che anche la donna
che la indossa, (quelle sullo schermo ce lo insegnano) trae da queste
possibilità e significati e allusioni, altre sue motivazioni e sfide.
Marina Nelli, VIETATO FUMARE tuttocinema &
dintorni ANNO I – N. 1 – NOVEMBRE 1984