giovedì 16 gennaio 2020

Emilio "el Indio" Fernández - Flor silvestre

Un giudizio di valore sull'opera di Fernandez, oggi, non può non tener conto di questo peccato originale, di questa deviazione radicale subita dal suo lavoro. I segni autentici della sua personalità vanno perciò cercati in frammenti della sua opera, in qualche sequenza isolata (ve ne sono di bellissime) in cui egli si abbandona alla sua vena. Ecco allora in Enamorada la scena della serenata, sostenuta quasi per intero dal primo piano di Maria Felix, e nel finale la partenza notturna dell'esercito, i soldati che sfilano al rullo dei tamburi proiettando lunghe ombre sui muri delle case; ecco in Flor silvestre la fuga di Esperancia dalla casa dei banditi e l'esecuzione di Jose Luis; ecco in La perla la lotta a coltello sulla spiaggia; ecco in Maria Caldelaria le scene sul fiume, Maria che porta a vendere i fiori ed è respinta dalla folla, il funerale in barca; ecco in Rio escondido la processione per invocare la pioggia. Sono pagine purissime di cinema in cui Fernandez, momentaneamente liberato da preoccupazioni estranee esprime liberamente il suo mondo.
Egli fallisce invece quando affronta motivi di una drammaticità esteriore, elie rimangono lontani dalla sua sensibilità. Si veda per esempio l'inizio di Enamorada, la battaglia e l'ingresso in città dell'esercito rivoluzionario: tutto rimane oleografico e privo di nervi (quelle granate fumogene!). E si veda ancora in Maria Candelaria la ridicolaggine della cattiveria di Don Damiano e nel finale di La Perla, l'opprimente retorica di quel campo lungo con Pedro Armendariz in piedi sopra la rupe, dopo l’uccisione del rivale. 
Una zona marginale della sua personalità è costituita da certa verve umoristica che affiora qua e là con` accenti intrinsecamente validi (la fotografia del bambino in Las abandonadas, la scommessa dei due gauchos in Flor silvestre, l'oratore e la visita del generale in casa della fanciulla amata in Enamorada, ma che provoca sempre una frattura stilistica nel tono generale del film. Osserva giustamente G.C. Castello (1 a proposito di Enamorada, (in cui questa verve umoristica è forse più scoperta) che il racconto oscilla fra il dramma e il vaudeville. Anche indipendentemente da queste apparizioni umoristiche è però raro che  Fernandez sappia conservare un tono unitario di racconto. (continua)
(1) G. C. Castello: «Infanzia precoce del cinema messicano», in si «Cinema ›› n. s. n. 2, Milano, 10 novembre 1948.

Franco Venturini in BIANCO E NERO ANNO XII – N. 4 -  APRILE 1951

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