Egli fallisce invece quando affronta motivi di una
drammaticità esteriore, elie rimangono lontani dalla sua sensibilità. Si veda
per esempio l'inizio di Enamorada, la
battaglia e l'ingresso in città dell'esercito rivoluzionario: tutto rimane oleografico
e privo di nervi (quelle granate fumogene!). E si veda ancora in Maria Candelaria la ridicolaggine della cattiveria
di Don Damiano e nel finale di La Perla,
l'opprimente retorica di quel campo lungo con Pedro Armendariz in piedi sopra
la rupe, dopo l’uccisione del rivale.
Una zona marginale della sua personalità è costituita
da certa verve umoristica che affiora qua e là con` accenti intrinsecamente
validi (la fotografia del bambino in Las
abandonadas, la scommessa dei due gauchos in Flor silvestre, l'oratore e la visita del generale in casa della
fanciulla amata in Enamorada, ma che
provoca sempre una frattura stilistica nel tono generale del film. Osserva
giustamente G.C. Castello (1)
a proposito di Enamorada,
(in cui questa verve umoristica è forse più scoperta) che il racconto oscilla
fra il dramma e il vaudeville. Anche indipendentemente da queste apparizioni
umoristiche è però raro che
Fernandez sappia conservare un tono unitario di
racconto. (continua)
(1) G. C. Castello: «Infanzia precoce del cinema
messicano», in si «Cinema ›› n. s. n. 2, Milano, 10 novembre 1948.
Franco Venturini in
BIANCO E NERO ANNO XII – N. 4 - APRILE
1951
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