Visualizzazione post con etichetta Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “. Mostra tutti i post
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giovedì 21 aprile 2022

World full of inconsistencies




The world is full of inconsistencies. And all these inconsistencies are what make life.
Yasujiro Ozu 1903 - 1963 

giovedì 25 febbraio 2021

Brutte donne e asfissiante lentezza





«DESIDERATA» di Abel Gance.

Abel Gance è riuscito a offrire un completo trattato dei suoi difetti e del pessimo gusto di tutto quello che i France i non riescono a rendere di gusto ottimo. Ci si vede persino una signora che tenta di uccidersi con un mazzo di fiori in braccio e dentro nascosto un revolver, che serve poi naturalmente ad accoppare un signore, altrettanto romantico, ma meno esperto di balistica. Vicende del più vieto psicologismo, brutte donne e asfissiante lentezza compiono il quadro di questo colossale pasticcio. 

CINE-CONVEGNO ANNO II – 25 Luglio 1934 (XII)

giovedì 4 febbraio 2021

Grand Guignol annacquato




«SPIE NELL' OMBRA» di Henrik Galeen.

Questo genere di film a brivido non può riuscire a metà; e per di, più siamo talmente accorti e sveltii nell'indovinare, che appena il dottor Mabuse riesce ad imbrogliare le nostre profezie!
Film discreto, ma che s'immiserisce presto in una fantasia troppo blanda e casalinga; grandguignol all'acqua di rose.

Henrik Galeen, Salon Dora Green (Spie nell'ombra), 1933

CINE-CONVEGNO ANNO II – 25 Luglio 1934 (XII)

 

martedì 3 marzo 2020

Legge di guerra



Ci sono dei film dimenticati che oggi resuscitano grazie all’operosità di alcuni attivisti del nostro tubo quotidiano. E’ il caso di Legge di guerra di Bruno Paolinelli (1923-1991) che richiama i film di Rossellini di quel periodo. Il film andò in censura e successivamente nelle sale nel 1961. La regia di Paolinelli è sobria ma efficace per l’apporto di Giuseppe Berto che ogni tanto per sbarcare il lunario scriveva per il cinema. A lui si affiancano sul set Aldo Scavarda, Camillo Bazzoni, Arturo Zavattini e Vittorio Storaro; il gruppo degli attori da Mel Ferrer, una volta tanto nel personaggio, Peter Van Eyck, Jean Desailly che subito dopo sarà con  François Truffaut ne La Peau douce e un nutrito gruppo di attori jugoslavi visto che era una coproduzione con la Jugoslavia.  Senza alcuna retorica il film ci mostra le scelte difficili che a volte dovettero fare i partigiani per liberare la nazione dai nazisti. Bruno Paolinelli sarà anche il produttore di un altro interessante film, questa volta in coproduzione con la Francia: La Cecilia ‒ Storia di una comune anarchica di Jean Luis Comolli.

giovedì 13 febbraio 2020

La bella di Lodi




La bella di Lodi il film di Mario Missiroli del 1963 è una di quelle sorprese che uno non si aspetta viziato com’è dalle critiche che lo stroncarono alla sua uscita. Rivisto oggi lo si può benissimo affiancare a Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci, Vive sa vie di Jean Luc Godard e sulla falsa riga della commedia all’italiana. A questa conclusione ci porta il trattamento che ne hanno fatto Alberto Arbasino e Mario Missiroli. Tutto per merito di Stefania Sandrelli, Adriana Asti che la doppia e Goffredo Rocchetti che la trucca. Con loro uno stuolo di nomi oggi assisi sull’olimpo del grande cinema: Fernando Franchi, Enzo Ocone, Andreina Casini, Giuseppe Ruzzolini, Angelo Novi, Danilo Donati, Nino Baragli, Piero Umiliani, Tonino Delli Colli, Manolo Bolognini, Alfredo Bini. In ultimo, lo strato sonoro dovuto alle melodie di allora confluite nel film come dopo avrebbe fatto Martin Scorsese.

mercoledì 5 febbraio 2020

Nero Pasolini



Venti atroci giorni chiuso in un alberghetto a lavorare come un cane.
Pier Paolo Pasolini, 1960

Tanto è affascinante (e tormentata) la genesi di "La Nebbiosa", quanto fallimentare sarà lo sbocco cinematografico.
Roberto Curti, ‎Alessio Di Rocco, Visioni proibite: I film vietati dalla censura italiana (1947-1968), 2014



mercoledì 10 aprile 2019

Natural Born Killing


The Killing of America (1982) di Sheldon Renan e Leonard Schrader è un'opera crudele, come crudele è stata la vita con le vittime e i carnefici suoi protagonisti. Essa ancora è un'ulteriore conferma della genialità del cinema di Leonard & Paul Schrader da The Yakuza (1974) a Naked Tango (1990), da (1976) Taxi Driver a Fist Reformed (2017).
America is the only industrialized nation with a higher murder rate than countries ravaged by civil wars, like Cambodia or Nicaragua. There is an attempted murder every 3 minutes and murder victim every 20 minutes. Japan, England and West Germany with a combined population equal to America have 6,000 murders a year and America has 27,000 a year. https://topdocumentaryfilms.com/killing-america/
Opening with a juxtaposition of real-life footage of a man being shot to death by law enforcement and the flowing stars of the American flag. https://www.thefilmagazine.com/the-killing-of-america-1981-review/
"The project really was conceived by Leonard Schrader. It was his vision. He started it and he finished it. He didn't happen to direct it, because he wasn’t a director at the time". Shldon Renan https://thequietus.com/articles/21395-killing-of-america-interview

Nella foto Leonard Schrader con il pruliomicida di Santa Crus Ed Kemper http://www.leonardschrader.com/


Leonard Schrader
1946 - 2006

lunedì 21 maggio 2018

Stile trascendentale e sua rappresentazione




Non c’è nessuna definizione di «trascendentale» o di «stile» che possa monopolizzare il dibattito su un'opera d’arte. E quei film che utilizzano lo stile trascendentale possono essere anche analizzati, come spesso accade, all’interno della cultura o della personalità creatrice che li hanno prodotti. Sebbene il metodo critico che associo al termine «stile trascendentale» non possa vantare l’esclusiva nell’analisi di registi come Ozu e Bresson, ritengo tuttavia che esso abbia una priorità. Nella maggior parte delle pellicole l’abilità del regista nell’esprimere la propria cultura o la propria personalità è più importante della sua incapacità di trascenderle, ma quando un film sembra possedere un autentico valore trascendente, una qualità «Altra» - come avviene per Tardo autunno di Ozu o per Diario di un curato di campagna di Bresson, allora una prospettiva culturale o individuale, anche se incisiva e penetrante, risulta insufficiente perché finisce giocoforza per trascurare la qualità unica dello stile trascendentale, ossia la sua capacità di trascendere appunto cultura e personalità. C’è una verità spirituale che può essere raggiunta solo disponendo in modo neutro oggetti e immagini gli uni a fianco alle altre, e a questa verità non è possibile arrivare con un approccio soggettivo, individuale o culturale.
Lo studio dello stile trascendentale rivela «una forma universale di rappresentazione». Le differenze tra i film di Ozu, Bresson e Dreyer sono perciò di tipo culturale e personale, mentre le loro affinità sono di tipo stilistico, e costituiscono un modo comune di esprimere il trascendente nel cinema.
Paul Schrader, IL TRASCENDENTE NEL CINEMA, donzelli editore, 2010

lunedì 9 aprile 2018

Matter of style







There is a presence of something which I call God, but I don't want to show it too much I prefer to make people feel it."
Robert Bresson interviewed by Paul Schrader.

Per uno spettatore occidentale è più facile riconoscere gli elementi culturali di Bresson che quelli di Ozu: può trovare indistinguibili l’uno dall'altro i diversi stati d’animo del furyu, mentre non gli sarà difficile comprendere le varie sfaccettature della teologia e dell’estetica occidentali. In ogni caso Ozu e Bresson si servono delle caratteristiche specifiche della loro cultura di appartenenza, ma le riducono al loro elemento comune: la forma.
Paul Schrader, Il trascendente nel cinema, Donzelli, 2002



lunedì 20 novembre 2017

A meadow in my perfect world





There is a meadow in my perfect world
Where wind dances the branches of a tree,
Casting leopard puts of light across the the face of a pond.
The tree stands tall and grand and alone,
Shading the world beneath it.

There will come a day when I rest
Against its spine and look out over a valley
Where the sun warms, but never urns …

I will watch leaves turn.
Green, then amber, then crimson.
Then no leaves at all…

But the tree will not die.
For in this place, winter never comes …
It is here, in the cradle of all I hold dear,
I ward every memory of you.

And when I find myself frozen in the mud of the real
Far from your loving eyes, I will return to this place,
Close mine, and take solace in the single perfection
Of knowing you.
Emily Lambert

Taylor Sheridan, Wind River, 2017

martedì 17 ottobre 2017

Acque smosse: dedicato a Gino Mauro e Pompeo Oliva

Rassegna: parole solo parole

Mantenendo la promessa fatta, il presidente dell'EPT Eugenio Longo ha organizzato nei locali della Camera di Commercio, l`11 settembre scorso, la seconda riunione con i circoli cinematografici allargata agli altri componenti del mondo politico e culturale.
Assente qualsiasi rappresentante del Municipio, assente Sandro Anastasi, erano presenti alla riunione, oltre naturalmente al Presidente, al prof. Carmelo Cavallaro ed al capo ufficio stampa della Rassegna Stelio Vitale Modica, i rappresentanti dei tre maggiori partiti politici (D.C., P.C.I. e P.S.I.) e quelli del circolo di cultura cinematografica “U. Barbaro” aderente all'ARCI e dell`ARCI stessa, dei Cineforum “Orione”, “Lorenzo Milani” e “Ganzirri” aderenti al CINIT, tutti di Messina e, tra i circoli della provincia, il “Vittorini” di Taormina aderente all'ARCI e “Nuova Presenza” di Santa Teresa Riva.
In particolare, il “Vittorini” ha parlato di legame con la realtà sociale e culturale e di spostamento della Rassegna d'inverno al Palazzo dei congressi a Taormina; il “Barbaro” ha rinnovato le sue proposte relative alla gestione diretta della Rassegna da parte dei circoli cinematografici, all’istituzione di una cineteca e di una biblioteca, l”ARCI ha affermato che bisogna pervenire ad un superamento della scissione tra turismo e cultura, e che il discorso sulla Rassegna deve coinvolgere in maniera diretta, le forze politiche e gli enti locali; Gino Mauro, che ha detto di intervenire a titolo personale anche se è responsabile della D.C. (e del “Lorenzo Milani”), ha parlato di mancanza di credibilità della Rassegna rispetto, per es., a Venezia (ma, ci chiediamo, se ciò è vero, a chi è da imputare questa mancanza di credibilità?) ed ha proposto ancora una volta la creazione di un Ente stabile Regionale, a cui invece il rappresentante del P.S.I., Pompeo Oliva, ha contrapposto la creazione di un consorzio di enti, (perché un ente stabile comporterebbe una dotazione di fondi eccessiva rispetto al finanziamento regionale); al contrario Mario Bolognari del P.C.I. si è dichiarato
diffidente verso strutture nuove, siano esse Ente o Consorzio, proponendo che i due miliardi a disposizione dell’Assessorato al Turismo della Regione Siciliana siano concentrati su quelle dieci-quindici manifestazioni, tra cui in primo luogo la Rassegna, più ricche dal punto di vista qualitativo e culturale.
Tutto è apparso comunque molto vago, confuso, nebuloso e tale è apparsa anche la relazione introduttiva del Presidente E. Longo che ha tenuto a precisare come le responsabilità principali del decadimento della Rassegna siano da addebitarsi alle forze politiche e sociali messinesi e soprattutto a quelle regionali alle quali spetta il compito di decidere in merito al futuro della manifestazione, che l'EPT peró, senza le dovute garanzie, non è più disposta a gestire.
A conclusione della seduta, nel riprendere la parola egli ha detto che la riunione è servita, se non altro, “a smuovere le acque”, rinnovando il suo invito ai cinecircoli all’impegno ed alla collaborazione.
E doveroso però precisare che le acque sono state smosse già prima proprio dalle associazioni culturali di base e dai loro documenti di protesta, che l’impegno a collaborare seriamente per “salvare” la rassegna i
Circoli l`hanno già offerto da anni, rimanendo inascoltati, ma che essi non intendono nel modo più assoluto né essere strumentalizzati, né, tanto meno, offrire il “paravento” culturale a “manovre” poco chiare.
Al Presidente, comunque, è da ascrivere, per ora, il merito indiscusso di aver recepito nel loro giusto significato le salutari critiche dei Cinecircoli e di non essersi dimostrato “insensibile” al grido di dolore che
da tante parti giungeva alle sue orecchie.
A quando la prossima riunione (possibilmente però con meno parole e più fatti concreti)?
Nino Genovese
settimanale ilPunto, 1979
La foto è di mastru Vizzini


lunedì 21 agosto 2017

Più che documentari

Per capire come siamo arrivati a questo presente non bastano che:



mercoledì 26 aprile 2017

Gli dei sono dei, gli uomini sono uomini



Sia nella serenità
Che nella malattia
Nessuno
può essere valutato.
Io vi accederò
Per osservare
Le profondità del cuore.
Finché questo mondo, questi corpi,
questi paesi esisteranno,
in ogni angolo della terra,
in ogni regno,
consenti a questo figlio di Dio
di vedere e di non trascurare nulla.
Gli dei sono dei,
gli uomini sono uomini.
Chiunque egli sia
Io lo servirò.
Ti ringrazio.

Naomi Kawase, 2つ目の窓 Futatsume no mado - StillTheWater

giovedì 16 marzo 2017

giovedì 11 febbraio 2016

天国と地獄 Tengoku to jigoku

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu


 Anatomia di un rapimento (天国と地獄 Tengoku to jigoku, 1963) di Akira Kurosawa lo si può tranquillamente suddividere in tre parti: il rapimento, la ricerca dei rapitori, la cattura del principale responsabile. Nella prima parte il protagonista è Gondo l’industriale che deve subire e pagare il riscatto; nella seconda è Tokura, l’ispettore capo che porta avanti le indagini; nella terza è Takeuchi il giovane studente che ha organizzato il rapimento. Su tutto e tutti il vero protagonista è il Giappone dei primi anni sessanta del secolo scorso, quello del boom economico succeduto alla disfatta bellica. Kurosawa in un apparente giallo ci mostra le disparità tra chi è diventato ricco, anche a seguito di enormi sacrifici e di chi invece deve rimanere a tutti i costi a galla per non sprofondare negli abissi che sono sia sociali come psicologici. Il primo abita in una villa costruita su una collina che domina la parte più povera di Yokohama. L’architettura esterna ed interna sono di tipo occidentale. Il secondo è un povero studente che vive nei bassifondi ancora arcaici ed è sovrastato da una realtà per lui irraggiungibile: «Dalla finestra della mia stanza ghiacciata d'inverno e torrida d'estate la sua casa sulla collina mi sembrava un paradiso... A forza di guardare in alto ho cominciato ad odiarla... Quest'odio è diventato la molla della mia vita... Non mi importa di andare all'inferno, tutta la mia vita è stata un inferno...» così dirà all’industriale il giovane studente in medicina. Gondo e la polizia sembrano capire il povero studente, questi però deve essere fermato e soppresso prima che sia troppo tardi per il nuovo Giappone.
Siccome abbiamo visto molti film e letto molti romanzi i nostri pensieri vanno a Umberto D e a Delitto e Castigo e forse siamo in accordo con Kurosawa. Rimane da dire sui pregi dall’uso magistrale del cinemascope al taglio in fase di montaggio, ma andremmo a ripetere sempre le stesse cose che si dicono per ogni film di Kurosawa. Suggeriamo di studiarvi soltanto l’incipit del film e confrontarlo con quello di Taxi Driver (1975) di Martin Scorsese. Sono identici: stesso landscape, stesso noise, stesso sound. Ma si sa, chi non ha plagiato Scorsese?
Qui ci si riferisce alla visione originale con sottotitoli della durata di due ore e ventitre minuti rispetto all’edizione italica di un’ora e quarantaquattro seppure con un pregevole doppiaggio d’epoca.


domenica 3 gennaio 2016

La discesa agli inferi di David Gray

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “

Storia di pulsioni e di sangue, di libido e di morte, Vampyr, attraverso,una trama dai molteplici centri, riconduce il motivo del vampirismo alla dimensione labirintica del sogno e rende visibile la dinamica dell'inconscio. Del resto, lo statuto oggettivo del reale è messo radicalmente in discussione dalle peregrinazioni di David Gray, dal suo trovarsi in mezzo a cose e ambienti dotati di valenze indecifrabili o aperti a significazioni minacciose, oscure. Nel perimetro onirico, infatti, i dati risultano sovvertiti. Anche l”insegna di una locanda o una stampa contengono premonizioni, allusioni, taciti richiami. Tutto diviene fluido, impreciso. Vampyr propone una discesa nelle stratificazioni dell’inconscio. Vuole, insomma, essere scrittura che si esprime nel linguaggio dell’altro, e presentarsi inequivocabilmente come finzione. Un flusso narrativo omogeneo organizza contemporaneamente il gioco polivalente degli attanti (i personaggi, gli oggetti) e la danza delle ombre (si vedano, durante l'esplorazione di David Gray nella fabbrica abbandonata, le silhouette: dei ballerini in costume e dell’orchestrina proiettate in rapida successione su una parete bianca), rinviando apertamente all'irrealtà delle epouvante e richiamando la definizione del cinema come territorio del fantastico. Ma Vampyr si configura come finzione anche perché, lasciando parlare l’altro, o meglio utilizzandone il linguaggio, è già scrittura, organizzazione di segni in un sistema
trascendente.


 Pier Giorgio Tone, Carl Theodor Dreyer, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia, 1978


domenica 13 dicembre 2015

Abbassate i sottotitoli

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “

Henri Langlois il nume tutelare della cinefilia una volta ebbe a dire, a proposito delle programmazioni alla Cinémathèque Française, che se non si ha la possibilità di vedere un film nella sua edizione originale sottotitolata nella lingua del proprio paese, è meglio vederla con sottotitoli bulgari. E’ quanto accade nei nostri tempi, quelli del nostro/vostro Tubo. Questo a proposito di un capolavoro della cinematografia Bengali: Do bigna Zamin (1953), che sarebbe Due ettari di terra. Sul Tubo passa l’edizione originale, i sottotitoli dovete reperirli altrove. Solo che a volte succede che questi ultimi mal si sincronizzano con le immagini e i rispettivi dialoghi. Niente di tragico! Si ha l’occasione di vedere un’opera nella sua integrale bellezza, senza le distrazioni causate dal dover leggere quanto scorre a margine del fotogramma. E con Do bigna Zamin si va agilmente verso la fine percorrendo un tracciato di tragiche esistenze nell’India degli anni cinquanta, riprodotte a volte come se fosse un musical di Robert Wise. Il compagno Sadoul, a cui devo questa scoperta, ebbe a dire scrivendo del film di Bimal Roy: La storia che riproduce la vita di milioni di indiani, è raccontata con stile tradizionale, ma in modo vero e commovente, anche se vi sono inserite due o tre peripezie romanzesche.

giovedì 10 dicembre 2015

無 N I E N T E


Yasujirō Ozu (小津 安二郎 )
12 dicembre 1903 - 12 dicembre 1963


Ozu - san from gino on Vimeo.

mercoledì 16 settembre 2015

Kinuyo vs Hideko


Tell me, what is the modern thing? You are modern? You do not believe that you are obsolete? I ask it you to you.
 It pleases you to visit temples and gardens, for example. That is obsolete? Perhaps it is ill?
I believe that "to be new" Is "not to age".
The things that are really new, never age. You understand?
What signifies "new" for you? The short skirts? The nails painted of the color fashionable?
Pleases you today because is "new", but tomorrow will be "old".

Dimmi, che cos’è moderno? Tu sei moderna?  Tu non credi che sei antiquata?  Lo chiedo a te.
Ti piace visitare templi e giardini, per esempio.  E' una cosa fuori moda? E' sbagliata?
Credo che "essere nuovo"  è " non invecchiare".
Le cose che sono veramente  nuove, non hanno  età.  Hai capito?
Cosa significa "nuovo" per te?  Le gonne corte?  Le unghie dipinte del colore alla moda?
Ti piace oggi, perché è "nuovo", ma domani sarà "vecchio".
                                                                                                                                             

Yasujiro Ozu, Le sorelle Munekata (THE MUNEKATA SISTERS) , 1950