Visualizzazione post con etichetta registi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta registi. Mostra tutti i post

lunedì 31 ottobre 2022

L'avventura: yesterday and today locations










Schisina, village of Francavilla di Sicilia in the Province of Messina, Italy
Screenshot from Michelangelo Antonioni L'avventura (1960)
Today's photo Sandro Messina
Gino Paoli, Anche se, sung Ornella Vanoni, Ennio Morricone arrangement and orchestra.

mercoledì 12 ottobre 2022

Le dernier des maîtres

 


J-L G
1930 - 2022

ne reste que



mercoledì 9 marzo 2022

Mozart, Dostoïevski... Bresson




"Robert Bresson est le cinéma français, comme Dostoïevski est le roman russe et Mozart, c'est de la musique allemande". Jean-Luc Godard


 

martedì 1 marzo 2022

The Big Nation





John FordRio Grande,1950
 

domenica 16 gennaio 2022

Werner Hochbaum, director, (1899 - 1946)













 Werner HochbaumRazzia in St. Pauli, 1932. Camera: A. O. Weitzenberg

venerdì 24 dicembre 2021

Orson Welles's Christmas Card




Mark Cousins, The eyes of Orson Welles, 2018

 

lunedì 20 settembre 2021

EASTWOOD IS GOD


 EASTWOOD IS GOD
 Conner “Haf“ MacLeod
 Temple City, Calif.


IN A WORLD WHERE A SINGLE ARTISTS Vision is increasingly blurred in a storm of art-by-committee, it is refreshing to read about Clint Eastwood [“Any Which Way He Can,“ April]. Time has vindicated him
for sticking by his guns and for his vision of himself as an artist. He doesn’t even stoop to telling his critics, “I told you so !" He lets the results do that for him. Let`s hope we all see a lot more of him before he
decides to ride off into the sunset.
 Bart Summer
 North Hollywood, Calif.


IT IS REALLY AMAZING THAT TWENTY YEARS ago, most critics viewed Eastwood's acting as stiff and hopelessly wooden and his films as incessantly violcent exercises of redneck fascism. Now the same intellectually constipated, artistically myopic sycophants have anointed him the new god of American cinema. Thanks for taking decades to find out what his fans have known all along: Eastwood is a major talent to be reckoned with.

R. D. Myers
Kansas City, Mo.

PREMIERE JULY 1993
READER RESPONSE, LETTERS

martedì 14 settembre 2021

Mizoguchi Kenji set in Gion


MIZOGUCHI Kenji director - KAZUO Miyagawa cinematographer


MIZOGUCHI Kenji - KOGURE Michiyo - WAKAO Ayako



 WAKAO Ayako - KOGURE Michiyo 


KOGURE Michiyo - WAKAO Ayako

Mizoguchi Kenji, A Geisha (祇園囃子Gion Bayashi, La musica di Gion), 1953


Mizoguchi Kenji 溝口 健二,1898 –  1956

Miyagawa Kauzo 宮川 一夫, 1908 -1999

Kogure Michiyo, 木暮 実千代 1918 -1990

Wakao Ayako, 若尾 文子1933

martedì 9 marzo 2021

China 9, Liberty 37

 


Sam Peckimpah, Sergio Leone, Monte Hellman, Giuseppe Rotunno, Jenny Agutter, Fabio Testi
China 9Liberty 37 (1978), Amore, piombo e furore (original title)


 

lunedì 8 marzo 2021

Blasetti sa sempre quello che deve dire




  “PECCATO CHE SIA UNA CANAGLIA”

Per giungere a Piazza dei Mercanti a Trastevere bisogna passare il Ponte Sublicio, fare un pezzo del Lungotevere Ripa davanti a quell’imponente decrepito casamento che è l'Ospizio di S. Michele, poi addentrarsi tra le case. E' una piazzetta modesta, non molto pittoresca, con l’aria paesana, quasi non sembra Roma, e per essere a Trastevere è molto tranquilla. Blasetti l’ha scelta per girarci alcune scene del suo Peccato che sia una canaglia.
Nonostante il lavoro degli operai e i riflettori accesi non v'è l’atmosfera di un avvenimento inconsueto; con quell'aria di confidenza che s'è ormai stabilita tra il cinema e gli abitanti di Roma le cose vanno tranquille con un aspetto quasi normale. Blasetti ha preso uno stanzone e l’ha trasformato in bar e latteria con annesso negozio di panettiere; avrebbe potuto rifarlo in teatro, ma in questo caso avrebbe dovuto ricostruire anche lo piazza che serviva da sfondo: perciò ha preferito metterlo qui. Ci sta così bene che quasi, finite le riprese, lo si potrebbe lasciare lì. Nella casa di fronte la stanza d'ingresso serve per il trucco, e la vicina camera da letto – sempre a pianterreno - serve da camerino per Sofia Loren. Seduto su un divano. Anzi deve essere una semplice rete metallica coperta da un copriletto, Blasetti parla del film. Non occorrono molte domande, perché Blasetti sa sempre quello che deve dire, e non ci rinuncia. Anzi se gli si fa una domanda che non gli interessa, ad esempio perché proprio lui che tra i primissimi in Italia ha usato la pellicola a colori non abbia mai fatto un film o colori, taglia corto dicendo che non ha mai trovato un soggetto che lo richiedesse, e riprende il discorso che gli sta a cuore.
«Questo film comincia con gli stessi auspici di Quattro passi tra le nuvole. In quel tempo dovevo fare la Francesca da Rimini ...» e Blasetti comincia a raccontare come gli è capitato di fare questo film.
Quella volta il film su Francesca da Rimini se ne andò in fumo, e poiché era ormai impegnato da un contratto con la casa produttrice fece un film " di ripiego “, di facile realizzazione, che avrebbe potuto liberarlo rapidamente degli obblighi con il produttore. Ne uscì invece Quattro passi tra le nuvole. Questa volta il film, che si sarebbe dovuto fare era niente meno che La figlia di Jorio: firmato il contratto con la Documento film nel '53 aveva cominciato Io studio della tragedia dannunziana assieme a Corrado Alvaro e a Suso Cecchi d'Amico. Fin dall'inizio si profilarono le difficoltà e apparve impossibile approntare il film per l’epoca della mietitura, indispensabile per gran parte delle scene. D'altra parte non si può neppur dire che il soggetto fosse del tutto gradito al regista; più volte egli aveva rinunciato e realizzarlo fino e che alcune idee non avevano consentito di impostare un certo trattamento. «Approfondendo il lavoro- dice Blasetti - risultava chiara l’enorme distanza tra l’opera dannunziana e una sua realizzazione moderna: D'Annunzio l’ha concepita per la lettura e per la scena, io avrei dovuto renderla in immagini. Perciò i problemi erano molto gravi. Certo era un onore per me trasporre in film l’opera di un poeta come D'Annunzio; ma di fronte alle difficoltà forse insormontabili, comunque sicuramente insormontabili prima dell’epoca richiesta, convenimmo di rinviare il film - per me l'ho abbandonato del tutto – e di farne uno di rapida realizzazione per soddisfare gli obblighi del contratto. Tra i soggetti che avevamo letti e che erano apparsi interessanti c’era questa novella di Moravia, che avevamo letto quando dovevo fare Tempi nostri. Anzi era stata scelta in un primo tempo e poi sostituita con "Il Pupo". La sceneggiai insieme a Susa Cecchi d'Amico, Flaiano e Continenza».
La storia narrata dal film, dopo le rielaborazioni degli sceneggiatori, è press’a poco questa: una ragazza e due giovinastri conducono un giovane tassista nella pineta di Lavinio e tentano di rubargli la macchina. Non vi riescono ed abbandonano la partita mentre il giovane riporta la ragazza in macchina a Roma; ma appena è costretto a fermarsi ad un semaforo la ragazza taglia la corda e scompare. Il tassista si mette alla ricerca della ladra, la trova, ma disgraziatamente se ne innamora. Il padre della ragazza, un certo Stoppiani, è pure di professione ladro: usa il sistema della falsa valigia con lo scatto a molla con la quale ruba le valigie alla stazione. Ma non le ruba tutte: ruba solo quelle di persone antipatiche, secondo talune preferenze e taluni concetti quasi umanitari; in profondo contrasto con lo stile della figlia che è volgare e poco romantica. Le avventure dei due ladri e del tassista terminano naturalmente nel modo migliore e prevedile, vale a dire con il matrimonio dei due giovani, mentre il ladro padre—che è Vittorio De Sica-finisce i suoi giorni custode di non so più che cosa. Con questa umoristica interpretazione della legge del taglione il bene ha così piena ragione del male.
Poiché Blasetti, e ci tiene egli stesso ad affermarlo, ha voluto fare con i suoi film, di qualsiasi tipo fossero, commedie o drammatici, storici o dei nostri giorni, un certo discorso moralistico a cui tiene particolarmente. Naturalmente ora con un tono ora con un altro; quale sia il tono di quest’ultimo film appare evidente.
«Quello di Quattro passi tra le nuvole e di Prima comunione. Qualcosa di mezzo tra i due. E che cosa vuol dire questo film? Come quei due film non si può dire che avessero un messaggio, cosi neppure questo ce l’ha. Ma una certa sostanza c'è l’innato bisogno, l’inconscio bisogno, di pulizia morale e di calore familiare che si vien sempre più manifestando nella condizione umana attuale inaridita e abbrutita dalla guerra. Presenta, esasperata, la degenerazione morale, l’incoscienza di questa degenerazione di cui si deve far debito alla guerra. E ne presenta, nello stesso tempo il tramonto, il fatto che stia passando di moda. Certe amoralità, certi cinismi sfrontati, certe ostentate abulie che risultano naturale portato della guerra, delle sue distruzioni e miserie, stanno “passando di moda”. Mettilo tra virgolette “passando di moda”, mi dice Blasetti guardandomi; ed io mi affretto ad eseguire: Sta passeggiando per la piccola stanza tra il letto e il cassettone con la fronte corrugata, dice le parole ad una ad una, come se le dettasse. Se per caso tento di interromperlo con una domanda o un'obbiezione, mi fa cenno dl tacere e prosegue.
Colui che si ostina in atteggiamenti e tendenze simili ignora che le ferite della guerra in questi dieci anni sono state in gran parte sanate e non capisce che pur nella accesa condizione polemica tra i due blocchi di idee — blocchi di idee più che blocchi di popoli - lo scontro sta fatalmente preparando un’osmosi. Non faccio l’ottimista di professione, trovo però inutile e di pessimo gusto il pessimismo di professione. E sono convinto che sbaglia radicalmente sia chi pensa di poter soffocare le idee che preparano l'avvenire, sia chi pensa di poter chiudere nella tomba le millenarie conquiste dello spirito umano».
Preso dalla foga Blasetti si è un po' allontanato dal film ed ha parlato delle sue convinzioni. Come sempre lo ho fatto con il cuore in mano, con sincerità. Questo invito alla tolleranza, alla reciproca comprensione è sempre stato il tema a lui caro. E non c’è suo film, egli ama sottolineare, in cui il tema non sia stato questo,
anche quelli che sembrerebbero i più lontani, quelli storici in costume. Come tutte le persone sincere ed espansive Blasetti ama dichiarare apertamente le proprie convinzioni ad ogni occasione; cerca appena può di condensarle tutte in una frase e infilarle in mezzo Il discorso. Dice “le istanze che preparano l’avvenire", e con ciò ammette chiaramente che le attuali concezioni prevalenti dei vecchi borghesi sono superate, e dice “le millenarie conquiste dello spirito umanano", cioè vuole riaffermare la propria profonda convinzione cristiana. In Blasetti tutto è chiaro: quando parla, quando scrive, quando fa un film egli impegna tutto sé stesso, convinzioni, fede, esperienze. Le ha tutte presenti, anche se il film è una semplice commedia, destinato a dire un po' di meno di tutte queste cose importanti e serie. Cose soprattutto vere.
«Si - ammette - il film dice un po' meno. Tenute presente tutte queste cose, due ne ricordiamo: il bisogno di pulizia morale che si fa sentire nel nostro tempo, ed il desiderio di calore familiare. La vicenda viene raccontata in un clima gaio e divertente, spesso in chiave paradossale. Ciò non toglie che i personaggi siano veri, quotidiani, il paradosso non è mistificazione della realtà. Anzi dirò che per il modo come viene girato, per gli ambienti, il film potrebbe essere in una chiave genericamente neorealista».
Se questi erano gli argomenti che stavano più a cuore a Blasetti, ce n'è sempre un altro che ha il potere di suscitare tutto il suo vigore polemico: l'importanza del soggetto quale “testo" di un film e la collaborazione tra vari autori in un'opera d'afte.
Come è noto Blasetti ha a questo proposito delle idee piuttosto moderne e sganciate dalla vecchia estetica idealistica; idee cui è molto affezionato e che riafferma volentieri. La domanda che lo trascina su questo terreno è una domanda qualsiasi: come mai ha scelto come soggetto un racconto di Moravia? Anzi perché un regista che come lui dà al soggetto un’importanza cosi grande, negli ultimi tempi è ricorso così frequentemente alla letteratura, alla narrativa, piuttosto che a soggetti originali?
«A prescindere - comincia Blasetti - che il soggetto di Peccato che sia una canaglia trae solo lo spunto da Moravia, e a prescindere che è stato rifatto e reso testo valido solo nell'ulti1no quadrimestre dal lavoro degli sceneggiatori, tutti sanno che ormai da tempo l'angoscia di Blasetti è il testo.
Testo che, sia detto tra parentesi, non è proprio esattamente il soggetto quale viene per la prima volta proposto al regista. E', se non necessariamente la sceneggiatura completa e dettagliatissima di cui egli si serve nella lavorazione, quel trattamento o copione o qualsiasi altra forma si voglia, in cui tutte le prime suggestioni del soggetto sono state sviluppate e le figure hanno trovato il loro aspetto definitivo. Dove ormai i personaggi sono vivi e la vicenda quale apparirà sullo schermo.
«Tu mi parli della letteratura - mi dice.
- Sono dieci anni che sostengo che l'opera deve essere attribuita a tutti coloro che ci collaborano, e tra di essi gli autori del testo. Ora è chiaro che dando to un'importanza particolare al testo e al suo autore, scelga per i miei film testi collaudati da un’esperienza e soprattutto quelli che mi sono congeniali.
E tornando al problema della collaborazione aggiunge: «A poco a poco sceneggiatori e registi mi danno ragione. E' arte anche se non è di una sola individualità, anche se non esprime una individualità sola. Anche se portato a compimento dalle capacità creative del regista, il film si concreta di molti altri elementi essenziali cui il regista non ha affatto partecipato nei riguardi dei quali la sua attività si è limitata ad assimilarli.
Cerco di riportare il regista discorso sulla letteratura: «Il cinema ricorre sempre più di frequente alla narrativa; lei pure l'ha fatto spesso negli ultimi tempi. Come si spiega?».
«Proprio -per questo. Perché la gente del cinema e i produttori in particolar modo non si sono ancora convinti dell'importanza del testo, e quindi dei soggetti. Perciò i soggettisti sono tenuti, anche finanziariamente, su un piano più basso, i buoni soggetti sono rarissimi; il cinema italiano soffre proprio di una deficienza di soggetti
e deve per forza ricercarli nella narrativa. Ciò spiega perché questo sia il momento degli scrittori.
Rapido e deciso come sempre, Blasetti si dirige verso la porta e mi saluta. Ho appena il tempo di ringraziarlo; lui si è già rivolto a Sofia Loren che si sta truccando e le chiede: “Sei pronta?". Blasetti gira con l'orologio alla mano. L'intervista è durata esattamente mezz'ora, come mi aveva promesso: dalle otto e mezza alle nove del mattino.
RICCARDO REDI
CINEMA  quindicinale di divulgazione cinematografica Anno VII n. 10 - dicembre 1954

domenica 7 marzo 2021

Once upon a time in America in Comics








ORIENT EXPRESS, N. 25 ottobre 1984

 

giovedì 4 marzo 2021

Michelangelo Antonioni L'avventura - location









Noto, Siracusa, Italy
Screenshot from Michelangelo Antonioni's L'avventura, 1960
Photo Don Salvatore Carannante