Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
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giovedì 6 agosto 2020
giovedì 18 aprile 2019
Calabria terra bruciata
Santo Stefano, Palizzi, Condofuri
rocce sassi greti.
Sabbie inumidite dal sudore dei nudi
piedi
di donne gravide affamate
fiumare assetate
prati
ove la morte dal sole arroventata
ogni filo d’erba strappò
dal vostro cielo il paradiso vi
guarda.
In questa terra
dalla fiamma di ogni dolore
di ogni amare bruciata,
anima mia
negli occhi di un fanciullo affoga.
Isa Miranda (1909 – 1982), Una formica in ginocchio, Bologna, 1957.
p. 23
ripresa in ISA MIRANDA di Orio Caldiron e Matilde Hochkofler, Gremese Editore, 1978.
La foto riporta un’immagine tratta
da Patto col diavolo di Luigi
Chiarini del 1949 su soggetto di Corrado Alvaro.
lunedì 18 marzo 2019
Jean Gabin e i giovani d'oggi
Giovedì, 4 febbraio 1999
Guardo con
imbarazzo e curiosità i giovani seduti sulle poltroncine rosse del cinema. Mi
sento una quinta colonna. Non sanno che so. Sono diversi da un tempo. Nel
vestire, nella disinvoltura, nel modo di esprimersi. Viene proiettata Alba tragica e mi prende un’intensa emozione quando un ragazzo introduce il
film di Carné, il primo di un ciclo sul cinema di sinistra. «Ma siamo noi», mi
dico.
E mi viene
in mente Luciano Bianciardi, il suo Lavoro
culturale: «In poco tempo scoprimmo
tutto: l’asincronismo, la dissolvenza, il carrello, i piani, il montaggio, la
sequenza. La sequenza del palazzo imperiale di Odessa ci divenne
familiarissima. Montando immagini di folla tumultuante sui leoni di pietra che
si trovano al cancello del palazzo, Sierghei Mihailovic Eisenstein riusciva a
far vivere quei leoni, a farli scattare in piedi». *
E mi viene
in mente la saletta del glorioso Cineclub, il cinefilo Elia, magro come un
osso, che si sbracciava ogni volta: «Ve lo giuro, vi do la mia parola d’onore,
mercoledì prossimo Il vampiro sarà qui». Arrivava invece un film sovietico con diciture in
ungherese o un film della nuova cinematografia cecoslovacca doppiato in
tedesco, ma eravamo ugualmente incantati nel nostro aprirci al mondo.
Chissà che cosa
pensano i pochi giovani presenti in sala, di Jean Gabin, l’operaio François
suicida, e di quel suo colpo di pistola che fa da simbolo alla morte di
un’intera classe sociale. E che cosa suscita, nelle immaginazioni, Arletty,
Clara, conoscitrice della vita, sullo sfondo di quei bistrot di Parigi che
stringono il cuore.
* Luciano
Bianciardi Il lavoro culturale, 1957.
Corrado
Stajano, Patrie smarrite, 2001
mercoledì 3 ottobre 2018
BALLATA DELLE FIGURINE DEL TEMPO CHE FU
Per un`antica depravata disposizione ad amare i destini più spenti, o forse perché nel baratto di una diva
o divo contro quattro comparse mi sentivo di far mercato,
non collezionai Greta, Marlene, Ramon Novarro, ma Una Merkel, Eric Blore, Elsa
Lancaster. Ancora oggi, se mi piace immalinconirmi, non mi chiedo dov’è sepolta
la «famiglia reale» di Broadway, dove sono Gloria, Norma, Pola, né dov'è Flora
la bella Romana, Archipiade, Taide; ma penso all’erba che copre l’amabile naso di
Jimmy Durante, alla cassa di quercia dove s’allunga in divisa di gala Aubrey
Smith; immagino Donald Meek che offre whisky, timidamente, sopra un traghetto
del Lete; Misha Auer che urla in russoski d'avere freddo, di non capire come d'un
tratto tanta terra gli sia entrata negli occhi. Talvolta, d'estate, li rivedo
in tv. Già dai titoli di testa mi salutano fiocamente: il postiglione Andy Devine,
il gangster Lloyd Nolan, il maggiordomo Edward Everett Horton, il poliziotto
Nat Pendleton. E ancora gli svaniti, le svanite, quel bambolotto di ciccia che
invita sempre a ballare la Hepburn... Tutti con modi e facce di totale
innocenza, benché, quando cominciano a muovere le labbra, sia subito chiaro che
sanno d'esser morti, e non una, ma due volte. Sanno di vivere ormai solo la
vita fuggiasca della mia mente, e che quanto prima usciranno di scena una terza
volta, e per sempre.
Gesualdo Bufalino, Museo d’ombre, Sellerio editore, Palermo
1982
lunedì 17 settembre 2018
'U CINIMA “BALILLA”
Gesualdo Bufalino, Museo d’ombre, Sellerio editore, Palermo 1982
lunedì 9 aprile 2018
Matter of style
“There is a
presence of something which I call God, but I don't want to show it too much I
prefer to make people feel it."
Robert
Bresson interviewed by Paul Schrader.
Paul Schrader, Il trascendente nel cinema, Donzelli, 2002
mercoledì 20 gennaio 2016
Necrologia di uno scrittore
Michel Tournier (1924-2000)1
Nato nel centro di Parigi, ha capito immediatamente che si
trattava della città più inospitale del mondo, soprattutto nei confronti dei giovani.
Così abitò per tutta la vita nel presbiterio di un piccolo villaggio della
valle di Chevreuse, quando non viaggiava per il mondo, con una predilezione per
la Germania e il Maghreb. Le sue ceneri sono custodite nel suo giardino,
all'interno di un sepolcro scolpito che rappresenta una figura supina con il
volto nascosto da un libro aperto, sostenuto da sei scolari che ricordano, con
le loro varie pene, una versione infantile dei Borghesi di Calais di Rodin.
Dopo lunghi studi di filosofia è arrivato abbastanza tardi
al romanzo, che ha sempre concepito come una fabulazione dall'apparenza il più
possibile convenzionale, che ricopre un'infrastruttura metafisica invisibile,
ma dotata di un attivo irradiamento. In questo senso è stata spesso pronunciata
la parola mitologia a proposito della
sua opera.
Se si dovesse riconoscergli un predecessore e un’etichetta,
si potrebbe pensare a ].K. Huysmans e a quella di naturalista mistico. Perché ai suoi occhi
tutto è bello, anche la bruttezza; tutto è sacro, anche il fango.
A proposito dell’ amore, diceva: «C”è un segno infallibile
da cui si riconosce che si ama d”amore qualcuno: è quando il suo volto vi ispira
più desiderio fisico di qualunque altra parte del suo corpo».
Se avesse avuto una tomba, ecco l’ epitaffio che avrebbe voluto
vi fosse scolpito: «Ti ho adorata, mi hai ripagato cento volte. Grazie, vita! ››.
1 Un
giornale ha svolto recentemente un'inchiesta sul tema seguente: quale sarà
secondo voi il grande avvenimento che segnerà l”anno 2000? Ho risposto senza
esitare: la mia morte. E ho evocato il vasto e sontuoso corteo che accompagnerà
le mie spoglie al Pantheon, al suono dell'Allegretto della 7a sinfonia di
Beethoven. Mi si dirà: perché morire nel 2000? Perché avrò 76 anni. Mio padre è
morto a quell'età, come suo padre ecc. E una bella età per morire. Con un po'
di fortuna e di assennatezza si evitano cosi le sofferenze e le umiliazioni della
vecchiaia; e poi basta, non è vita a sufficienza, quella?
Michel Tournier, Immagini, paesaggi ed altre piccole prose,
Garzanti, I Coriandoli, 1990
lunedì 28 aprile 2014
Monroe Stahr, il nichelino e il cinema
" Lasciate stare i dialoghi per un
momento “ disse Stahr. «Ammetto che i vostri dialoghi sono più
eleganti di quelli che sanno scrivere quei due sceneggiatori... vi abbiamo
fatto venire qui per questo. Ma immaginiamo qualcosa che non sia né un
pessimo dialogo né un salto nel pozzo. C’è una stufa nel
vostro ufficio, una di quelle che si
accendono con un fiammifero ? “ “ Credo
di si “ rispose Boxley, sulle sue. «Ma non
l'adopero mai. ›› « Supponete di
trovarvi in ufficio. Avete duellato o
scritto per tutto il giorno e siete troppo stanco per continuare a
duellare o a scrivere. Ve ne rimanete seduto,
guardando nel vuoto... intontito, come capita a tutti, qualche volta. Una graziosa stenografa che
già conoscete entra nella stanza e voi la guardate... apatico. Lei non vi vede, benché le siate molto vicino. Si
sfila i guanti, apre la borsetta e ne
rovescia il contenuto su un tavolino...
››
Stahr
si alzò, gettando sulla scrivania il mazzo delle chiavi.
« Ha
due monetine d'argento, un nichelino... e una
scatoletta di svedesi. Lascia il nichelino sul tavolo, rimette le
monetine nella borsetta, prende i guanti neri,
si avvicina alla stufa, l'apre e vi mette dentro i guanti. Nella scatoletta c'è un solo fiammifero e lei
fa per accenderlo inginocchiata accanto alla
stufa. Voi notate che la finestra aperta
lascia passare una forte corrente
d'aria... ma proprio in quel momento suona il telefono. La ragazza prende il ricevitore, dice
pronto... ascolta... poi, in tono
reciso, dice al telefono: “Non ho mai
posseduto un paio di guanti neri in vita mia”. Riattacca, si inginocchia
di nuovo accanto alla stufa e, proprio mentre accende il fiammifero, voi vi
voltare, di colpo, e vedete che nell'ufficio
c'è un altro uomo, a spiare ogni
movimento della ragazza... ››
Stahr tacque. Prese le chiavi e se le mise in
tasca.
«
Avanti» disse Boxley, sorridendo. «Che cosa succede? ››
«Non lo
so ›› rispose Stahr. «Stavo soltanto facendo del cinema. ››
Boxley
senti di essere stato messo nel sacco.
«Non è
altro che melodramma ›› disse.
«Non
necessariamente ›› replicò Stahr. «In ogni modo, nessuno si è mosso con
violenza o ha avuto una qualsiasi
espressione facciale, né vi è stato alcun dialogo volgare. V'era una sola brutta
battuta, e uno scrittore come voi potrebbe migliorarla. Comunque, sembravate
interessato. ››
«A che serviva il nichelino? ›› domandò
Boxley, evasivo.
«Non lo
so ›› disse Stahr. A un tratto rise. « Ah,
sí... il nichelino serviva per andare al cinema. ››
Tratto da Gli ultimi fuochi di F. Scott Fitzgerald, trad. Bruno
Oddera, Oscar Mondadori 1974
venerdì 2 novembre 2012
Il gigante e la bambina
Durante la lavorazione di Au hasard de Balthazar di Robert Bresson, Jean-Luc Godard si presenta sul set per un'intervista al regista da pubblicarsi sui Cahiers du Cinema. Il regista all'epoca era sposato con Anna Karina, che senza indugio mollò per la protagonista bressoniana, un'altra Anna (!).
« Cet homme qui m'aimait et que j'aimais... »
Un jour de juin 1966, j'écrivis une courte lettre àJean-Luc Godard adressée aux « Cahiers du cinéma », 5, rue Clément-Marot, Paris-8
e
. Je luidisais avoir beaucoup aimé son dernier film, «Masculin Féminin ». Je lui disais encore que j'aimais l'homme qui était derrière, que je l'aimais,lui. J'avais agi sans réaliser la portée de certainsmots, après une conversation avec GhislainCloquet, rencontré lors du tournage d'« Au hasardBalthazar » de Robert Bresson. [...]
Lentement Jean-Luc m'attira vers le lit
enretirant mes vêtements, les siens. Il me guidaitavec une infinie délicatesse, attentif au moindre demes tressaillements, anticipant un baiser, unecaresse. Ses mains sur ma peau me procuraientdes ondes de plaisir qui me bouleversaient.Comme me bouleversa sa façon de me fairel'amour. Je sus tout de suite y répondre : nos corpss'étaient immédiatement accordés, « trouvés »,comme il me le dira plus tard. Je réalisais que jevenais de faire vraiment l'amour pour la premièrefois de ma vie, que j'aimais ça. Un monde deplaisir s'ouvrait devant moi, grâce à cet homme quim'aimait et que j'aimais. La gratitude, l'envie de
l'embrasser, de mieux connaître son corps, de toutlui donner du mien, tout cela m'étourdissait. [ ...]
La rencontre entre ma mère et Jean-Luc
eut lieupeu après. Elle l'appelait « monsieur » et lui «madame ». Il était intimidé, elle s'efforçait d'êtrepolie. Comme nous nous apprêtions à sortir dîner,il l'invita à se joindre à nous. Elle refusa avecviolence. Je vis alors dans ses yeux le dégoût qu'illui inspirait. Un dégoût radical et définitif. Même luiserrer la main lui demanda un effort.
«Anne ne doit pas rentrer au-delà de minuit »,
dit-elle sur le pasde la porte. Je me taisais, humiliée d'être traitéecomme une petite fille alors que je n'étais pluscensée l'être depuis longtemps. Jean-Luc prenaitles choses avec humour :
« C'est compliquéd'aimer une mineure ! »
Et dans l'espoir de medérider :
« Ta mère finira par s'y faire. »
Je passailes jours qui suivirent à tenter de réviser lagéographie. J'avais du mal à me concentrer, priseentre l'amour de Jean-Luc et l'hostilité de mamère. [ ...]
Une année studieuse, par Anne Wiazemsky, Gallimard 2011
venerdì 7 settembre 2012
Bresson, il mite
Questa nuova retrospettiva dedicata al francese Robert Bresson comprende le sue opere tratte da due racconti brevi di Dostoevskij - La Mite e Le notti bianche - uno di Tolstoi – La cedola falsa o Denaro falso - e due romanzi – Diario di un curato di campagna e Mouchette - Georges Bernanos. Tutta questa letteratura è accomunata dalla nuova scrittura che ne fece con le immagini Bresson. A vederli con un gusto particolare che non a niente a che vedere con le immagini di un qualsiasi Cameron o Moretti, si potrebbero prendere per dei film muti, la parola conta poco rispetto ai dialoghi originali degli scrittori sopra citati. E’ cinema scarno, sobrio che ha affascinato due uomini diversi ome Anderj Tarkovskij e Paul Schrader.
Forse, certo, mi ripeto, ma devo aggiungere che oggi l’unico regista da accostare a Bresson è Clint Eastwood, lui solo riesce a fare una cinematografia morale.
mercoledì 4 aprile 2012
giovedì 8 marzo 2012
Big Jane & Big Michael
La retrospettiva che inizia oggi è dedicata al più grande emarginato hollywoodiano: Michael Cimino
Sarà un viaggio a ritroso, dalla sua opera più recente che risale al 1996 al debutto del 1974.
Per cominciare invece di un film vi presento un libro, l’unico ancora pubblicato dal regista. Si tratta di Big Jane uscito dapprima in Francia e successivamente in Italia. A suo tempo fu presentato, come un opera filmica, al festival di Venezia.
Il pregio di tutta l’opera di Michael Cimino è che lui sa raccontare le storie con la Panavision e anche con la penna non difetta per niente.
Di solito è lo scrittore che passa dietro la cinepresa, vi cito solo due a cui sono affezionato: Pier Paolo Pasolini e Peter Handke, scusate se è poco. L’unico regista che conosco passato alla scrittura è stato Eric Von Stroheim che scrisse Paprika. Von Stroheim ha in comune proprio con Cimino l’ostracismo degli studios dopo un flop con gli incassi di un capolavoro.
E’ un road- book che narra le peripezie di una statuaria bionda, per giunta bella, in un andirivieni da costa a costa, dalla Long Island di Lou Reed alla California dei Grateful Dead di Jerry Garcia, a cavallo di una Indian.
Sembrerà strano ma il libro sembra scritto alla moviola con tagli nervosi e stacchi quasi bruschi da un’inquadratura all’altra ed ogni capitolo è aperto da una citazione del Don Chisciotte di Cervantes
Non mi va di raccontarvi tutta la storia, dico solamente che Big Jane e Michael Cimino hanno in comune l’amore per la cultura dei nativi americani , presso cui il regista ama passare parte dell’anno.
Per Herman Melville il tema era lo spazio, per Jack Kerouac la velocità, per Jane Kiernan tutt’e due.
giovedì 1 marzo 2012
Ignatius J. Reilly
John Kennedy Toole, Una banda dui idioti
mercoledì 22 febbraio 2012
sonorizzazioni
qui sotto potete prelevare, se lasciano il tempo, lo sckore
http://www.4shared.com/rar/4c7140Fm/harold__maude_soundtrack.html
http://www.4shared.com/rar/4c7140Fm/harold__maude_soundtrack.html
martedì 25 ottobre 2011
La carabina e il gattino
Quello che ricordo e quando John Wayne uccise tre uomini con una carabina mentre cadeva nella polvere in Ombre Rosse e la volta in cui il gattino trovò Orson Welless sulla soglia del portone nel Terzo Uomo.
Walker Percy, 28/05/1916 - 10/05/1990 L'uomo che andava al cinema
Walker Percy, 28/05/1916 - 10/05/1990 L'uomo che andava al cinema
lunedì 24 ottobre 2011
Binx Bolling
Prendete Huckleberry Finn, Hazel Motes, Holden Caulfield, mettetegli Bruce Springsteen come colonna sonora e avrete Binx Bolling.
Gli americani come Walker Percy non li posso vedere, dal cinema, alla letteraura, al rock fanno tutto meglio di tutti.
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