lunedì 20 marzo 2017

Concettualizzare i sentimenti, Sentimentalizzare i concetti

La musica di un film può anche essere pensata prima che il film venga girato (cosi come se ne pensano i volti dei personaggi, le inquadrature, certi attacchi di montaggio ecc.): ma è solo nel momento in cui viene materialmente applicata alla pellicola, che esso nasce in quanto musico del film. Perché? Perché l'incontro e l'eventuale amalgama fra musica e immagine ha caratteri essenzialmente poetici, cioè empirici.
Ho detto che la musica si “applica” al film: è vero, in moviola l'operazione che si compie è questa. Ma l'“applicazione” può essere fatta in vari modi, secondo varie funzioni.
Lo funzione principale è generalmente quella di rendere esplicito, chiaro, fisicamente presente il tema o il filo conduttore del film. Questo tema o filo conduttore può essere di tipo concettuale o di tipo sentimentale. Ma per la musica ciò è indifferente: e un motivo musicale ha la stessa forza patetica sia applicata a un tema concettuale che o un tema sentimentale. Anzi, la sua vera funzione è forse quella di concettualizzare i sentimenti (sintetizzandoli in un motivo) e di sentimentalizzare i concetti. La sua è quindi una funzione ambigua (che solo nell‘atto concreto si rivela, e viene decisa): tale ambiguità funzione della musica è dovuta al fatto che essa è didascalica e emotiva contemporaneamente.
Ciò che essa aggiunge alle immagini, o meglio, la trasformazione che esso opera sulle immagini, resta un fatto misterioso, e difficilmente definibile.
Io posso dire empiricamente che ci sono due modi per “applicare” la musica alla sequenza visivo, e quindi di darle “altri” valori.
C'è “un’applicazione orizzontale e un’applicazione verticale.
L’applicazione orizzontale si ha in superficie, lungo le immagini che scorrono: è dunque uno linearità e una successività che si applica a un'altra linearità e successività.  In questo caso i “valori” aggiunti sono valori ritmici e danno un'evidenza nuova, incalcolabile, stranamente espressiva, ai valori ritmici muti delle immagini montate.
L’applicazione verticale (che tecnicamente avviene allo stesso modo), pur seguendo anch'essa, secondo linearità e successività, le immagini, in realtà ha la suo fonte altrove che nel principio: esso ho lo suo fonte nella profondità. Quindi più che sul ritmo viene od agire sul senso stesso.
I valori che essa aggiunge ai valori ritmici del montaggio sono in realtà indefinibili, perché essi trascendono il cinema, e riconducono il cinema alla realtà, dove lo fonte dei suoni ha appunto una profondità reale, e non illusoria come nello schermo. In altre parole: le immagini cinematografiche, riprese dalla realtà, e dunque identiche alla realtà, nel momento in cui vengono impresse su pellicola e proiettate su uno schermo, perdono la profondità reale, e ne assumono una illusoria, analoga a quella che in pittura si chiama prospettiva, benché infinitamente più perfetta.
Il cinema è piatto, e lo profondità in cui si perde, per esempio, una strada verso l'orizzonte, è illusoria. Più poetico è il film, più questa illusione è perfetta. La suo poesia consiste nel dare allo spettatore l'impressione di essere dentro le cose, in uno profondità reale e non piatta (cioè illusoria). Lo fonte musicale - che non è individuabile sullo schermo - e nasce da un “altrove" fisico per suo natura “profondo” ~ sfonda le immagini piatte, o illusoriamente profonde, dello schermo, aprendole sulle profondità confuse e senza confini della
vita.
Pier Paolo Pasolini

Nota allegata all’album GM del 1983 Morricone – La musica nel cinema di Pasolini


Nessun commento:

Posta un commento