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giovedì 14 febbraio 2019

Film Noir - da ora Detective Thriller

Secondo lo scrittore di gialli e finissimo orientalista (la sua carriera diplomatica si è svolta in paesi come la Cina, la Malesia e il Giappone] Robert H. van Gulik la tradizione della « detective story » risale all'antichissima storia cinese. Caratteristica comune di tutta l'antica narrativa poliziesca cinese è che il ruolo del « detective ›› è sempre sostenuto dal magistrato del distretto in cui ha avuto luogo il delitto. Nella maggior parte dei racconti polizieschi cinesi il magistrato deve risolvere contemporaneamente tre o più casi fra loro diversi [la stesisa cosa si verifica sovente anche nella narrativa poliziesca contemporanea, ma viene invariabilmente il momento in cui i diversi casi convergono in un'iunica pista: un'eccezione è costituita da « Hail, Hail, the Gang's  all here! ›› di Ed McBain]. Sotto questo punto di vista la narrativa poliziesca cinese è più realistica della nostra: un distretto aveva una popolazione piuttosto numerosa, ed è quindi logico che bisognasse affrontare più casi criminali contemporaneamente. L'antica tradizione cinese voleva poi che alla fine del racconto ci fosse la descrizione particolareggiata dell’esecuzione dei colpevoli [il che nella narrativa poliziesca contemporanea succede soltanto quando il « detective ›› si riconosce anche il ruolo di carnefice e giustiziere: come per esempio in «I, the Jury» di Mickey Spiilaine e Dirty Harry di Donald C. Siegel).
Raymond Durgnat suggerisce invece che la prima «detective story›› sarebbe « Edipo Re ››: « detective story » paradossale, in quanto assassino, vittima e giustiziere non sarebbero che la stessa persona. Lo stesso Durgnat osserva poi che un intreccio analogo a quello della storia di Clitemnestra sta alla base di film «neri» come Double Indemnity di Billy Wilder, Ossessione di Luchino Visconti (tratto da «Il postino suona sempre due volte ›› di James Cain, autore anche della storia originale del film di Billy Wilder) e Cronaca di un amore di Michelangelo Antonioni.
Ma in realtà «il « detective thriller ›› non potrebbe essere nemmeno pensabile senza l'intensificazione del mondo basso-mimetico [il che secondo Northrop Frye designerebbe il passaggio dall'impetuoso « romance ›› al più prosaico « novel ››, nella vicenda delle forme letterarie] operata dal realismo borghese, così da trasformare, in un progetto di generale valorizzazione di ogni scampolo di realtà, i più banali e trascurati incidenti della vita quotidiana in fatti decisivi, nonché spesso enigmatici. Inoltre la «detective story ›› è inseparabile dalla surdeterminazione operata sul corpo del realismo borghese da istanze ideologiche tipicamente puritane e calviniste come l'insistenza sul conflitto tra essere e apparire [che succede a quello di marca cattolica tra essere e avere), la concezione allegorica del mondo sensibile non come realtà definitiva ma come sistema di segni da interpretare (fenomeno osservato da Ejzenštein, proprio in sede di analisi della narrativa poliziesca, e che l'ha portato a paragonare il lavoro del « detective ›› a quello di un mistico alle prese con tavole cabalistiche, psefie, isopsefie, ecc.), il pessimismo implicito in un'irriducibile convinzione della Potenza del Male e delle Tenebre controbilanciato dall'ottimismo insito nella fiducia che il cacciatore di uomini, un'emanazione delle istituzioni, individui il colpevole [moderna riattualizzazione dell'archetipo del «pharmakos » o capro espiatorio e l'espella dal corpo sociale.  (continua) 

Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

domenica 20 gennaio 2019

Film di Gangster - & Yakuza

Ma la cinematografia dove film di « gangsters ›› e radicalismo politico si accordano maggiormente   è quella giapponese, in cui il genere specifico viene chiamato film di « yakuza ››. Con questo termine vengono indicati i fuorilegge che operano nel «ramo del gioco d`azzardo e inoltre tutti i furfanti che si sono dati una organizzazione e regole proprie. I film di « yakuza ››, come i film di  «gangsters ›› americani e quelli francesi caratterizzati dal culto del «milieu ›› [Jacques Becker, Jean-Pierre Melville, José Giovanni, ecc.], raffigurano l’esercizio del crimine, le rivalità e le dispute per il controllo delle rispettive zone di influenza e la vita di sradicati che i membri delle varie bande devono portare avanti. L'epoca è quella che va dal diciottesimo secolo ai nostri giorni. l film di «yakuza ›› infatti possono avere un`ambientazione nel passato (a differenza del film di « gangsters » americano, per il quale l’ambientazione storica è motivo di emigrazione in un altro genere; per quanto imperniato su una figura di « ex-lege ›› The True Story of Jesse James di Nicholas Ray è e rimane inconfondibilmente un « western »] o nel mondo contemporaneo. In entrambi i casi la scena madre sarà costituita da un duello con la spada e nella versione moderna «si potrà «assistere a duelli in cui gli armati si affrontano l’uno con la spada e l'altro con la pistola [anche qui si riscontra perciò lo stesso processo del film di « gangsters ›› americano: urbanizzazione e nobilitazione della violenza).
Storicamente, nella tradizione degli « yakuza ››, soprattutto nell'epoca feudale, sono numerosi gli episodi che hanno visto dei criminali e degli sradicati alla testa di insurrezioni popolari contro le classi dominanti.
Verso il 1930 i cineasti di sinistra, cui era stato proibito dalla censura di raffigurare la resistenza e la lotta del popolo, spesso si servivano di questa tradizione di « yakuza › per rappresentare insurrezioni popolari. È per questa ragione che attorno al 1930 erano particolarmente numerose opere del genere. Chuji Tabi Nikki [1928, Cronaca del viaggio di Chuji] di Daisuke ltô è tradizionalmente considerato un capolavoro, anche se ne rimangono soltanto dei frammenti. La maggior parte degli uomini costretti a entrare nel sottomondo degli « yakuza ›› erano sottoproletari, il gradino più basso delle classi sociali.
La modernizzazione della società giapponese (che fu molto più traumatica di quella americana, in Giappone senza alcuna mediazione si passò dal feudalesimo all'imperialismo) trasformò larghi strati di popolazione rurale in proletari e sotto-proletari. Negli anni trenta registi come Teinosuke Kinugasa, Sadao Vamanaka e Hiroshi lnagaki realizzarono opere notevoli che raffiguravano la vita errabonda e avventurosa degli « yakuza ». Negli anni quaranta e cinquanta il genere decadde, ad eccezione della serie di Jirocho Sangokushi del regista Masahiro Makinô. Nella seconda metà degli anni sessanta il film di « yakuza » è ritornato a nuova vita. Contrariamente ai film di « yakuza ›› degli anni trenta, ambientati prevalentemente in epoche feudali, e cioè nel diciottesimo secolo o agli inizi del diciannovesimo, la caratteristica dei fiIm di « yakuza ›› più recenti è quella di essere collocati sullo sfondo del periodo che va dalla fine del secolo scorso ai giorni nostri. l nuovi film di «yakuza ›› presentano una varietà di filoni: tra questi i film che trattano la corruzione nelle città e i rapporti tra mondo politico e mondo del crimine: tale era il caso di uno dei primi film di Akira Kurosawa, Yoidore Tenshi (1948, L'angelo ubriaco). Ma il filone più popolare è quello che ha adottato lo stile del teatro « kabuki » e ha dato luogo a film molto suggestivi, provvisti di notevoli effetti di astrazione, in cui gli « yakuza ›› appaiono finemente vestiti di bellissimi costumi e osservano tutta una serie di cerimoniali raffinati [come i cosiddetti «jinji », omaggi o saluti formali). Gli eroi sono molto sensibili ai favori ricevuti e al fine di dar prova della loro gratitudine non badano nemmeno al sacrificio personale o a quello del loro amore. Il regista che ha introdotto lo stile del teatro « kabuki ›› nel film di «yakuza » è Tai Katô, nei cui film i sogni e le speranze, cosi come la rabbia delle classi più basse della società, vengono espressi magnificamente, in Hibotan Bakuto: Oryü Saniô (1969, La giocatrice dalla -peonia rossa - Arriva Oryü), per esempio, una giocatrice che si sposta di città in città deve fronteggiare bande di «yakuza›› associate al « leader › di un’organizzazione di destra. FINE

Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

lunedì 7 gennaio 2019

Film di Gangster - On the waterfront

Contrariamente a quanto generalmente si crede il « gangsterismo ›› americano non fu tanto dovuto al Proibizionismo, quanto all'accentuarsi nel primo dopoguerra del conflitto tra capitale e lavoro [da ricordane che il 1° Maggio 1919 fu caratterizzato da un dilagare di tumulti. I sindacati non erano allora le potenti organizzazioni che sono oggi in America [anche se cooptate all'interno della gestione capitalistica dell’economia), ma sparuti gruppi di lavoratori che lottavano contro nemici immensamente più agguerriti. Questi nemici, e cioè gli industriali, non esitavano a ricorrere alla forza e all'intimidazione per risolvere i conflitti di lavoro.
La Guardia Nazionale, per esempio, aveva aperto il fuoco contro donne e bambini durante uno sciopero in una miniera di Rockefeller, a Ludlow, nel Colorado [vedi il « reportage ›› dell'episodio ad opera di John Reed).
Industriali, magnati e finanzieri non esitavano neppure ad assoldare « gangsters » isolati o addirittura intere bande di mazzolatori per stroncare uno sciopero o mettere a tacere le rivendicazioni dei loro salariati.
Furono Louis « Lepke » Buchalter e Gurrah, - «gemelli della polvere d’oro ››, i « ragazzi gorilla ››, come venivano chiamati, i primi a sfruttare in modo intensivo il sindacalismo quale fonte di crimine. Sì erano arruolati come « protettori ›› nella banda di Li’l Augie Organ, specialista nelle lotte contro gli scioperanti, e di Curly Holtz, abilissimo mestatore sindacale. Col passare del tempo anche i sindacati, sopravvissuti allo smembramento della radicale Federazione Internazionale Lavoratori dell'lndustria, dovettero adeguarsi alle necessità della lotta e incominciarono ad avvalersi dell'intervento di bande di « gangsters ›› [tutto ciò è descritto in « Red Harvest » di Dashiell Hammett, « The Hoods » di Harry Grey e « Il tallone di ferro» di Jack London). Il turbinoso quadro sociale cosi sommariamente tratteggiato fa da sfondo a Thieves Highway [1949, l Corsari della strada] di Jules Dassin, On the Waterfront (1954, Fronte del porto] di Elia Kazan, The Garment Jungle (1957) di Vincent Sherman e soprattutto All the King's Men (1949, Tutti gli uomini dei re) di Robert Rossen.

Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

giovedì 20 dicembre 2018

Film di Gangster - The Sound of Fury


Hathaway collaboro ancora con Rochemont realizzando Kiss of Death e Call Northside 777 [1948, Chiamate Nord 777). Anche Elia Kazan lavorò con Rochemont realizzando per la 20th Cenrtury Fox Boomerang (1946, Boomerang, l'arma che vendica), che contribuì a disincantare ancora di più il brillante « whodunit ›› interamente girato in studio e Panic in the Streets (1950, Bandiera gialla).
Il sotto-genere dal chiaro orientamento di sinistra, più che inaugurato inventato da Abraham Polonsky con il suo Force of Evil, in cui il contrasto dialettico tra due fratelli, l'avvocato di fronte ad una scelta decisiva quanto improrogabile e il dirigente di un piccolo sindacato [Thomas Gomez) in procinto di essere assorbito nel giro di un vasto « racket», non si poneva in termini morali, né tanto meno in quelli di una metafisica della persona {due gemelle, una buona, una cattiva; due discoli, uno diventato poliziotto, l'altro delinquente), ma in termini squisitamente ideologici, sopravvive negli anni cinquanta con due opere notevoli e coraggiose: The Sound of Fury, anche noto come Try and Get Me (1950, L'urlo della folla) di Cy Endfield e He Ran All the Way (1951, Ho amato un fuorilegge] di John Berry, vittime entrambi della famigerata « blacklist » e del maccartismo [del resto anche Polonsky non ebbe maggiore fortuna. In The Sound of Fury un assassino psicopatico (Sterling Hayden] incarna energie frustrate da tutta una serie di pregiudizi. Il suo complice recalcitrante è un disoccupato, e quando -il protagonista, assalito dai rimorsi, confessa i propri delitti ad una compiacente « manicure ››, questa prima l’ascolta e poi va a denunciarlo. Un giornalista ammantato di idealismo e di buoni propositi non fa che fomentare l`odio e il linciaggio: i due vengono straziiati a morte dalla folla animalesca che prende d'assalto la prigione in cui erano custoditi, dopo che questa si è sbarazzata senza pietà di quanti poliziotti la presidiavano. In He Ran AII the Way il protagonista [John Garfield] tiene prigioniera la sua ragazza (Shelley Wiinters), quale ostaggio, nella proprietà del padre di lei, e luna moltitudine di dettagli stanno ad asserire la continuità tra la vena di paranoia del protagonista « Nessuno non vuole bene a nessuno ››, afferma ad un certo punto] e la società, presentata come un tessuto imbastito dalla più paranoica delle competitività. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

domenica 9 dicembre 2018

Film di Gangster - Bureau of Missing Persons

Un'altra fase del film di « gangsters ›› è data da un gruppo di opere viariamente note come « social exposés ››, « semi-documentaries ›› o « police documentairies ». Come dice il nome si tratta di film di finzione in cui prevalgono elementi tipicamente documentari. Il fatto che venissero chiamati «police-documentaries ›› sta ad indicare che essi miravano a mostrare il lavoro della polizia e i suoi metodi. La loro apparizione va iscritta in quella più ampia dei cosiddetti « problem and sociological films » [un derivato del New Deal, del Group Theatre e del generale esa-me di coscienza seguito alla seconda guerra mondiale il cui materiale di riflessione era fornito da pregiudizi razziali, linciaggi, alcoolismo, reintegrazione dei reduci nei ranghi della società, mutilati e invalidi di guerra, delinquenza minorile, eutanasia, corruzione politica, ecc.) e viene abitualmente associata al « producer» di una serie di cortometraggi documentari, « March of Time ››, quel Louis de Rochemont che riuscì a convincere il riottoso Darryl Zanuck a permettergli di usare tecniche documentarie (« candid camera ››, « stock footage », ›ecc.] in film di finzione.
Il primo film della serie fu Bureau of Missing Person [1933] di Roy Del Ruth ma l'opera inaugurale del sotto-genere viene di solito indicata in The House on 92nd Street (1945, La casa della 92° strada) di Henry Hathaway, «filmed where it happened » e imperniato su un gruppo di agenti federali che brigano per smascherare una centrale di spie negli Stati Uniti. La presenza di agenti segreti dovrebbe fare di The House on 92nd Street un « political hiriililer ›› e non un film di «gangsters ». Ma se esso viene trattato in questo capitolo non è senza ragione: di fatto in questo film, come in altri dell'epoca e anche successivi, spie, agenti segreti e « villains ›› internazionali iconograficamente non presentano nessuna differenza rispetto ai più tradizionali « gangsters ››. La più esemplare illustrazione di questo processo di condensazione e di travestimento è data da Pickup on South Street (1953, Mano pericolosa] di Samuel Fuller, in cui alla consueta guerra per ganghe succde quella tra un lupo solitario, Skip [Richard Widmark), entrato in possesso di importanti micro-film, e una potente nidiata di spie comuniste, e a sbandierare il più isterico e protervo degli americanismi sono, paradossalmente, personaggi poco edificanti e patriottici come borsaioli, leggere ex prostitute. Ma in realtà gli elementi politici sono confinati entro i termini del solo dialogo ed iconograficamente il film non si differenzia minimamente dal più classico dei film di « gangsters ››: e per questo che è stato possibile doppiare il film, al momento della distribuzione in Francia, sostituendo ai micro-film degli stupefacenti e surrogando le spie rosse con dei trafficanti di droga [così come i revanscisti nazisti di Quiller Memorandum sono diventati nella versione tedesca del film agenti comunisti).
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

giovedì 29 novembre 2018

Film di Gangster - Force of Evil

ll film di « gangster » riemergeva in due forme durante il periodo post-bellico. In Dillinger [1945] venivano soppiantati sia il «milieu ›› urbano sia la figura dell'immigrato cattolico. La sua flgura centrale era John Dillinger, il lupo solitario americano e protestante che aveva operato nel Middle West semi-rurale prima che fatidica telefonata informasse gli agenti federali del cinema in cui era andato a mischiarsi tra la frolla. Questo tipo di film di « gansters ›› non è molto diffuso: suoi rari esempi sono dati da They Live by Night (1948, La donna del bandito), Bonny and Clyde (1967, Gangster Story] di Arthur Penn, The Moonshine War [1970, I contrabbandieri degli anni ruggenti) di Richard Quine, ecc. Qui il « gangster ›› non muore per strada ma in campagna o in un rifugio di montagna e il tratto di maggior interesse è dato dall'accostamento traumatico tra la violenza urbana e lo scenario pastorale, quale risulta da High Sierra (1941, Una pallottola per Roy] di Raoul Walsh e dal suo « remake » Tutto finì alle sei di Stuart Heisler.
La seconda forma è rappresentata da Kiss of Death [1947, Il bacio della morte) di Henry Hathaway e Force of Evil (1949) di Abraham Polonsky.
Entrambi i film si basano su un personaggio che deve compiere una scelta morale e ideologica circa la sua posizione nei confronti del mondo del crimine, né più né meno come succede nel più tardo Party Girl (1958, Il dominatore di Chicago) di Nicholas Ray. Nel coraggioso Force of Evil, oltre alla presentazione del dilemma morale che angustia un avvocato [John Garfield sul listino di paga di un capobanda [Roy Roberts), si assiste alla inequivocabile denuncia della relazione necessaria tra crimine e società capitalistica (la stessa denuncia di Monsieur Verdoux di Charlie Chaplin e di The Honeymoon Killers di Leonard Kastlel. Assistiamo qui all'insorgenza di un sotto-genere dal chiaro orientamento di sinistra, erede della tradizione del romanzo « muckrake ›› {letteralmente: rastrello da fango), che aveva prosperato in America tra il 1902 e la prima guerra mondiale e che mirava a denunciare la corruzione esistente in ogni campo, dalla politica agli altari. Proverbiale era la corruzione della Tammany Hall, il più importante circolo del Partito Democratico a New York, e diffusissima era l’istituzione delle « lobbies ››, ricchissimi e lussuosi focolai di intrighi e di provocazioni nelle capitali di ogni stato, nella capitale federale e in ogni città del paese che si avvalevano di un esercito di azzeccagarbugli e politicanti che avevano il compito di partecipare ai comitati elettorali e alle assemblee di partito, circuire i giurati, subornare i giudici, catturare voti, adoprarsi con tutte le loro forze ed ogni mezzo a favore di un singolo gruppo. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾


giovedì 15 novembre 2018

Film di Gangster - Ambivalence & Ambiguity

ln seguito si ebbe l`introduzione di una nuova variante, mediante la messa in gioco della figura del-lo Special Prosecutor, un funzionario cui vengono di norma assegnati poteri dittatoriali per ripulire la città dal fango della malavita, come succede in Racker Busters (1938) di Lloyd Bacon.
A sua volta l'introduzione di questa nuova figura si è accompagnata a una nuova variante, la contaminazione del film di gangsters  con apporti della tipicamente anglo-sassone scuola cimiteriale (Harvey, Young, il Gray dell' Elegia sopra un cimitero campestre, quasi tutto Edgar Allan Poe, il Jonathan Lartimer  della « Dama della Mongue », Evelyn Waugh «del «Caro estinto », ecc.). È quanto accade in The Enforcer (1951, La città è salva) dell'uncredited  Raoul Walsh [il film è firmato Bretaigne Windust, cui il produttore Milton Sperling lo tolse di mano dopo poche scene), in cui il Procuratore Distrettuale Martin Ferguson [Humphrey Bogart] non è che un riesumatore di cadaveri, sprofondato in un universo in via di putrefazione, affollato di loculi, sudari, perizie e reperti necroscopici. È in questo film poi che forse si rivela la massima ambivalenza del genere. L'oggetto dell'inchiesta è una ragazza dalla personalità non facilmente circostanziabile Theresa Davis- Angela Vetto (Pet Joiner), testimone di un omicidio miracolosamente salvata da un sicario innamoratosi di lei e che vive sotto falso nome. Il fatto che un « killer ›› al solido dell'Anonima Assassini la risparmi uccidendo un'altra ragazza al posto suo ha un'evidente effetto di derisione nei confronti del freddo raziocinio del Procuratore Distrettuale. Se solo un « coup de foudre ››, in altre parole il caso e l'imprevisto, vale a dire un « coup d'hasard », costituiscono fonte di minaccia reale per la Murder inc., allora significa che l'impresa di Ferguson, l’affermazione della razionalità e il trionfo delle Forze del Bene sono soltanto apparentemente soddisfatte. Il che equivale ad ammettere che al mondo del crimine non potrà mai essere assestato un sicuro « coup de grace » e che quindi la città non sarà mai salva del tutto. Come il delitto primario della psicoanalisi, anche la Murder inc. si ripete e rivive continuamente.
Questa fondamentale ambivalenza si risolve anche in un atteggiamento ambiguo nei confronti del criminale. Per tutto un gruppo di film del genere i delinquenti nascono tali e ovviamente non possono essere recuperati: non resta quindi che distruggerli. Ma già in Public Enemy, soprattutto nelle scene iniziali in cui si vedevano i giovani Tom e Matt passare da reati di poco conto a delitti e violenze sempre più in grande, venivano messe in gioco tutte le determinazioni economiche e sociali che avevano lo scopo di indicare il crimine come fenomeno economico e sociale ben preciso, e non come effetto di un rimpasto degli istintiti. Indicazione che appare anche in Dead End (1937, Strada sbarrata] di William Wyler, Crime School, Gangster's Boy e Angels With Dirty Faces [Gli angeli con la faccia sporca) di Michael Curtiz, tutti del 1938. Altri film dell'epoca non mancavano di affermare con chiarezza che situazioni ambientali e familiari a dir poco disdicevoli, l'inferno degli « slums ›› e dei « blocks ››, le brutali bolge dei riformatori e dei penitenziari erano il più naturale focolaio di violenza e criminalità. In The Roaring Twenties (1939-40] di Raoul Walsh (sceneggiatura di Robert Rossen) veniva timidamente affacciata la tesi del nesso inestricabile tra «gangsterismo ›› e disoccupazione, innovazione di questo tipo di film (che potremmo definire riformista) era la presenza, a fianco del personaggio negativo del «gangster », del personaggio positivo del poliziotto, del prete, dell'educatore, dell'avvocato e di altrettali agenti dell'«establishiment ››, venuti fuori dallo stesso ambiente malfamato, dagli stessi vicoli, dagli stessi caseggiati, suggerendo così che la malvagità degli uni e la bontà degli altri andavano presi come il risultato di una scelta morale avente funzione di correttivo di una troppo marcata insistenza sul condizionamento sociale [sposando riformismo e individualismo ed evitando il radicalismo mediante la dialettica della pensona. ln The Killers [l gangsters) di Robert Siodmak [in cui l'adattamento del racconto di Hemingway era opera di John Hfuston, che però non figura nei «credits » del ›film) Ole [Burt Lancaster) e il tenente Lubinsky scorrazzavano durante l'infanzia sulle scale antincendio dello stesso circondario. Così come in Cry of the City (1948, L`urlo della città), sempre di Siodmak, il poliziotto Cardella (Victor Mature] e il killer  Roma (Richard Conte) provenivano dallo stesso quartiere sovraffollato di immigrati « wops ››. Il fatto che Siodmak abbia diretto anche The Dark Mirror (1946), imperniato su due gemelle, una buona e una cattiva, la dice lunga sulle istanze pan-soggettivistiche di simili aperture sociologiche, subito neutralizzate da un'invadente metafisica personale. La stessa metafisica conosceva in quegli anni un originale trattamento in You Only Live Once (1937, Sono innocente] di Fritz Lang, in cui la figura del criminale Eddie Taylor [Henry Fonda) veniva presentata sì come soggetto, ma nel senso di soggetto a forze sociali che andavano oltre ogni controllo dell'individuo e della persona, e cioè in stretti termini di alienazione.
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾


martedì 30 ottobre 2018

Film di Gangster - Donald C. Siegel vs Samuel Fuller

Il tema dell'entrismo e del doppio gioco (che non ricorre soltanto nel film di « gangsters ›› ma anche in « western › come La maschera di fango di Andre de Toth, pur essendo il suo « humus ›› più fertile il « political thriller ›› o film di spionaggio] verrà usato in seguito da Samuel Fuller in due notevoli variazioni del genere: House of Bamboo (1955, La casa di bambù] e Underworld U.S.A. (1960, La vendetta del gangster). Nel primo viene provocata l'assimilazione tra imprese criminali e imprese militari, nel secondo il propugnatore di un'America più pulita non è che un criminale. ln House of Bamboo si tratta di sgominare una banda di criminali che agisce in Giappone, subito dopo la fine della guerra, agli ordini di Sandy (Robert Ryan), un ex soldato che ha unito intorno a sé un gruppo di uomini radiati dall'esercito degli Stati Uniti e li ha organizzati in un'unità para-militare, in seno alla banda vengono distribuite medaglie e i commilitoni rimasti sul campo vengono freddati perché non possano tradire gli altri membri della banda. Le istruzioni di Sandy prima di un colpo, complete di mappe e fotografie, ricalcano il gergo militare: appoggio, obiettivo, attacco, zona operativa, ecc. E all'interno di questa 'banda che si infiltra l’agente Spanier [Robert Stack), allo -scopo di distruggerla. ln Underworld U.S.A. l'agente infiltrato nei ranghi del «Sindacato ›› è Tolly Devlin [Cliff Robertson), il cui scopo non è tanto quello di dare una mano alla Giustizia quanto di distruggere Gela, Gunther e Smith, gli uomini che hanno ucciso suo padre.
Come il « gangster ›› venne sostituito dal G-Man, questo venne sostituito dal poliziotto. Bullets or Ballots  (1936) di William Keighley si avvaleva del trucco di radiare un agente dal corpo di polizia per farlo cooptare in seno a una banda di criminali, in modo da poterne minare dall'interno unità e organizzazione (lo stesso espediente della Maschera di fango, in cui Gary Cooper viene degradato dall'Esercito dell'Unione allo scopo di creargli una verginità da sfruttare associandosi a una banda di ladri di cavalli al soldo della Confederazione). Anche qui, come nel caso di G-Man, la parte principale era affidata a un attore caratterizzatosi come interprete di figure di «gangsters ››: Edward G. Robinson. Da notare inoltre che l'astuzia della copertura ideologica e della «razionalizzazione ››, in gergo psicoanalitico, dell'assimilazione iconografica tra « gangster » e poliziotto veniva stavolta, con una specie di « lapsus », bellamente indicata come trucco, trappola, esca e «bluff ››. Ma più in generale è il motivo del doppio gioco a funzionare qui come spia significante della fondamentale doppiezza e ambivalenza del genere. Che saranno film successivi come, per esempio, The Killers (1964, Contratto per uccidere) di Donald C. Siegel a esibire con più noncurante sfacciataggine. In questo film (che non è che il «remake » dell'omonima versione del 1946 del racconto famoso di Ernest Hemingway ad opera di Robert Siodmak) infatti sono due «killers ››, Charlie [Lee Marvin] e Lee [Clu Gulagerl], a deviare dall'assegnazione del loro mandato per assumere le vesti e le funzioni di investigatori, allo scopo di chiarire il mistero della relazione triangolare tra Johnny North (John Cassavetes), Sheila Farr [Angie Dickinson) e Jack Browning [Ronald Reagan).
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾


lunedì 15 ottobre 2018

Film di Gangster - Ambivalence & Cynicism


Film come Little Caesar e Public Enemy, prodotti e realizzati agli esordi del genere, divennero immediatamente oggetto del livore dei benpensanti e degli strali della censura. L'ambivaIenza implicita nelle opere capofila e il cinismo con cui Menvyn LeRoy e Wikliam A. Wellman avevano trattato i criteri della pubblica decenza non erano sfuggiti ai censori, agli educatori e ai formatori di opinione pubblica. Del resto non erano ipassati inosservati nemmeno ad Al Capone, il quale si rifiutò di vendere le sue memorie ad un produttore di Hollywood che voleva trarne un film, adducendo la scusa che un film del genere avrebbe avuto l'effetto di corrompere la gioventù. È a causa di questa levata di scudi che Scarface contiene un prologo surrettiziamente sovrapposto al resto del film per condannare i « gangsters ›› e in cui si vedono « boss ›› del giornalismo e privati cittadini tuonare inferociti contro la malavita e il crimine organizzato. 
La seconda fase del film di « gangsters ›› si dovette uniformare al moralismo dilagante. Essa emerse nel 1935 con il film G-Men di William Keighley. Come tutte le altre opere del ciclo che lo seguì di lì a poco per tre anni, G-Men era iconograficamente indistinguibile dai film della prima fase, ma aveva come figura centrale lo « leading hero ›› un agente dell’F.B.I. G-Men venne subito salutato dall'approvazione dei censori, per quanto il gestire del G-Man, l'Uomo del Governo (appellativo rimasto agli agenti federali dopo che un « gangster », in procinto di essere arrestato e timoroso che questi gli sparassero, li aveva bloccati dicendo: « Fermi, mi arrende, G-Men ››, per tagliare corto e risparmiare tempo, fiato e parole; l'episodio è descritto in Ero un agente F.B.I. di Mervyn LeRoy), non fosse minimamente diverso da quello dei « gangsters ›› che avrebbe voluto soppiantare. Non a caso l'interprete principale era James Cagney, che in precedenza aveva impersonato il « gangster ››. È chiaro che tale assimilazione tra banditi e uomini della legge, tra «gangsters ›› e agenti federali avrebbe potuto risultare indecente. La sua copertura ideologica venne affidata a una risorsa della finzione, a una contorsione del « plot ››: l'uomo del Governo gesticolava e si comportava come un fuorilegge in quanto era personalmente che veniva coinvolto nel mondo del crimine. Di solito, infatti, vi entrava facendo l'entrismo e il doppio gioco allo scopo di distruggerlo.
                                                                                                                    (continua)

Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

giovedì 4 ottobre 2018

Film di Gangster - Rise & Fall

Oltre a prestarsi al trapianto di ogni genere di misfatto il mondo cattolico dei «gangsters », secondo l`ottica sessuofoba del calvinismo puritano, si pone come luogo di insediamento delle più torbide relazioni sessuali: Rico Bandello in Little Caesar schiva le donne e il film abbonda di cospicui suggerimenti di un rapporto omosessuale con il suo amico ballerino; in Scarface Tony Camonte ha chiaramente una relazione incestuosa con la sorella Cesca; in Public Enemy l'irlandese Tom Powers (James Cagney) ha un'attrazione così irresistibile verso le donne da evocare una compulsione di tipo aberrante; in Christmas Holiday (1944) di Robert Siodmak (che però più di un film di « gangsters ›› è un in gangster drama ) la relazione tra Gene Kelly e la madre è di tipo incestuoso e il suo comportamento tradisce tendenze omosessuali; in White Heat (1950, La furia umana) di Raoul Walsh, il dinamismo epilettico di James Cagney raggiunge il suo acme nel grande refettorio del carcere, alla notizia, passatagli di recluso in recluso, della morte della madre; in The Big Heat [1953, Il grande caldo) di Fritz Lang, alle spalle del « gangster ›› Lagana (Alexander Scourby), sul caminetto del suo studio, ricavato nel retro del locale notturno che gli fa da copertura, troneggia un grande ritratto della madre; ecc.
E ogni film non è che il precipitato di un’ascesa e di una caduta, il cui meccanismo iterativo viene illustrato dalla logica completamente simbolica ed astratta che domina [sin dallo stesso titolo] The Rise and Fall of Jack Diamond [Jack Diamond gangster) di Budd Boetticher. Di fatto ogni film di «gangster ›› non fa che celebrare una sanguinosa scalata al successo e al potere, connotando sinistramente l'individualismo che sorregge la società americana, durante la quale i vari «mobstens›› che si succedono sullo schermo sgranano il rosario delle loro vittime, rivali, pericoli ed ostacoli frapposti al loro « self-fulfilment ››; in un secondo momento, immancabilmente, si assiste al loro fragoroso tonfo finale. Così li vediamo morire di morte violenta per le strade, senza risparmi di tratti spesso beffardi e canzonatori: in Little Caesar Rico Bandello muore crivellato di colpi sotto il gigantesco cartellone pubblicitario che annuncia la conquista del successo nel non meno elettrizzante mondo del varietà da parte dell'amico ballerino; in Scarface Gaffney (Boris Karloff) viene colto nel gesto di lanciare una biglia verso i birilli in un « bowling »; mentre la macchina da presa segue il percorso di essa si sentono alcune esplosioni che ci avvertono che è stato ucciso, poi vediamo la biglia abbattere i birilli uno dietro l'altro, anche se Galfney non potrà mai sapere che il suo era un tiro fortunato; ecc. Ma, a parte questi tratti ironici, la figura del « gangster ›› rimane quella di un eroe tragico (come suona ll titolo del già citato studio di Robert Warshow] e la parabola della sua ascesa e della sua caduta quella di una « morarlity play ›› secolarizzata, in cui alla tradizionale maschera di « Everyman ›› succedono i connotati del più complesso plebeo in rivolta. Secolarizzazione che avviene anche nei confronti della tradizione del romanzo gotico (le cui affinità con il genere in questione sono state illustrate): così come nel film di « gangsters ›› l’orrore è l'orrore sociale, nell'immagine finale di Public Enemy la figura della Mummia, propria di quella tradizione, viene sostituita dal cadavere di Tom Powers, interamente ricoperto di bende e sorretto in posizione verticale dalla porta di casa sua, contro la quale lo hanno appoggiato i suoi anonimi carnefici. Altro caso di secolarizzazione della « ghost-story » in nome di un « noir ›› tutto da cogliere sul versante del sociale è quello di Point Blank (1967, Senza un attimo di tregua] di John Boorman, in cui si assiste alla resurrezione e alla spietata persecuzione di tutti coloro che l'avevano tradito del lupo solitario Walker (Lee Marvin), che, come dice il nome non è che il rimpolpamento di ogni « Ombra che Cammina ›› [in inglese « to walk ›› = camminare; senza dimenticare che Walker è lo pseudonimo dell'Uomo Mascherato, che in America non si chiama così ma Phantom, e cioè fantasma).
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾ 


mercoledì 12 settembre 2018

Film di Gangster - Bringing you a valentine


Oltre a sottolineare il passaggio dall'economia rurale a quella industriale i primi film di « gangster » non mancavano di mettere in luce l`impatto tra la religione cattolica [legata a rapporti di produzione semi-feudali o addirittura di tipo arcaico) e quella protestante [legata all’affermazione della società proto-capitalistica e allo spirito di accumulazione di ricchezze quale segno della benedizione divina). Non a caso i « gangsters » di Public Enemy (irlandesi) e quelli di Little Caesar e Scarface {italiani) sono sbalzati su uno sfondo cattolico. Giova qui ricordare come sia sempre stato tipico della cultura anglo-sassone dipingere ,l'Italia, e in generale il mondo cattolico, come sede di ogni misfatto, portando avanti una polemica velenosa contro il Papa e la Chiesa Romana e il machiavellismo, considerato come la teoria politica delle sanguinarie corti principesche italiane: Shakespeare, gli elisabettiani, la tradizione del romanzo gotico [si ricordi che Anne Radcliffe aveva facto precedere il titolo del suo « Confessionale dei penitenti neri » dalla dicitura «L'italiano››), « ll monaco ›› di Matthew G. Lewis, l'Edgar Allan Poe del « Pozzo e il pendolo ››, situato nel quadro patibolare dell`Inquisizione, il braccio se colare della Chiesa, ecc. Senza dimenticare che nemmeno gli ebrei sono stati esclusi nella cultura anglo-sassone da questa sorta di vilipendio sistematico (va notato però che, pur essendo numerose le bande ebraiche di « gangsters ››, tra le quali facevano spicco figure come quelle di Meyer Lansky, Hymie Weiss, Abe Bernstein, il capo della famosa «Punple Gang ›› di Detroit, Buggsy SiegeI, ecc., sono rarissimi i film in cui si incontrano mobsters ebraici), almeno da Shylock all'Ebreo Errante, Ahasuems o Cartaphilus, condannato a vagabondare sulla terra in mezzo a ogni sorta di tribolazioni, nell’infruttuosa speranza di un Secondo Avvento. Howard Hawks del resto ha esplicitamente ammesso di essersi ispirato, nel dare corpo alla tetra saga di salme di Scarface, alle corti del Rinascimento italiano, luogo di fermentazione di torbidi rapporti, oscuri intrighi, efferati ammazzamenti, speciosi venefici. Né alla visione di Scarface possono ,sfuggire i più o meno criptici rimandi a una luttuosa iconografia cattolica: il massacro del giorno di San Valentino acquista una cadenza liturgica con il movimento della macchina da presa che scende da sette croci di legno ai corpi delle sette vittime della banda Moran; l'assalto al ristorante avviene sotto la copertura di una processione mortuaria; i vari « gangsters » parlano dei successi attentati come se si trattasse di uno scambio di doni in occasione del giorno di San Valentino (« bringing you a valentine ››]; il supporto sul quale si regge la gamba dell'uomo bendato sul letto d'ospedale proietta la forma di una croce sulla parete; ogni volta che Tony Camonte uccide qualcuno lascia una specie di firma fischiettando un brano della  “Lucia di Lammermoor” di Donizetti, « Chi mi frena? ››; il primo incontro di Gino Rinaldo (George Raft) e Cesca viene visto attraverso una croce formata dall'orlo del balcone e del suo sostegno; ecc. Nello stesso Padrino le fasi più cruente della guerra per ganghe vengono inframmezzate da inquadrature di una cerimonia battesimale, ed entrambe sono scandite da una musica d'organo. Va poi registrato l'esatto «pendant» di questo atteggiamento antitaliano e più generalmente anti-cattolico); in The Third Man (1949 Il terzo uomo) di Carol Reed il personaggio di Harry Lime (interpretato da Orson Welles, il quale a detta dello sceneggiatore e autore della storia originale Graham Greene nell'occasione si scrisse la sua parte) sbotta nella seguente affermazione: « In Italia ci sono stati i Borgia e i loro delitti, e al tempo il Rinascimento e le sue opere meravigliose, mentre in settecento anni di pace e di democrazia, gli svizzeri sono riusciti a inventare soltanto l’orologio a cucù ››. 

Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

mercoledì 30 maggio 2018

Film di Gangster - Rico Bandello

Se i magnati di Wall Street, l'esercito della salvezza, le leghe per la decenza pubblica, il movimento proibizionista e ogni predicatore della superiorità e supremazia W.A.S.P. (« White Anglosaxon Protestant ››) volevano l'incremento della produzione e il « regime secco», «bootleggers»,«gangsters››, mestatori, mallevadori, lavoratori le sfaccendati, « ginzos ››, « dagoes », ebrei «hunkies ›› e irlandesi volevano profluvi di spreco di energie e fiotti di dispendio improduttivo. È nel quadro di questo passaggio turbolento dall'economia rurale a quella industriale, della supremazia della città sulla campagna e dell'ipocrisia della classe dominante (vedi per esempio la scena di Some Like It Hot di Billy Wilder in cui la polizia fa irruzione in uno « speak-easy ›› affollato di uomini d’affari, giudici, matrone, gente del bel mondo, ognuno con la cosiddetta « plash », la caratteristica bottiglia piatta da indossare sotto il panciotto o da infilzare nelle giarrettiere o tra i legacci del busto) che si situa la nascita del film di «gangsters ››. In Little Caesar Rico Bandello e iI suo amico Joe Massara (Douglas Fairbanks jr.), prima della loro ascesa nel mondo del crimine, non sono che «tramps » inurbati, cacciati da qualche piaga del Middle West ,spazzata dalle spire della Grande Depressione sotto il coperchio del vasto calderone ribollente della metropoli, dove, come aveva promesso lo sciagurato Presidente Hoover, la prosperità era dietro l’angolo. ln Public Enemy il « gangster ›› irlandese (con conseguente passaggio, rispetto al film precedente, dalla cupa e volpina volontà di potenza del « gangster ›› italiano a quella più chiassosa e vitalistica dell’irlandese) stende con una raffica di mitra anche un cavallo rinchiuso nel suo « box ››, epitome della caduta, sulla biada insanguinata, del mito di una America agreste e campagnola [anche nel Padrino tra le vittime della versione più smaccata del « business system ›› e dell'« american way of life » va annoverato uno stallone, ma qui la morte del purosangue non si associa a un macabro sberleffo nei confronti dell'America delle praterie e della Frontiera quanto all'aristocrazia del denaro e allo « sport dei ricchi ››). ln Hide Out [1934, Il rifugio) di W.S. « Woody» van Dike, dopo un colpo riuscito solo a metà, perché la polizia lo ha individuato, il « gangster» protagonista, Robert Montgomery, si rifugia in campagna; ospite di brava gente conosce il sapore del latte fresco, si commuove al canto degli uccellini, cede al fascino delle piccole gioie della vita georgica e bucolica. ln Asphalt Jungle (1950, Giungla d'asfalto) di John Huston (da un romanzo di William Riley Burnett, autore anche della storia originale di Little Caesar), Dix (Sterling Hayden) conclude la propria fuga disperata in mezzo ai cavalli ai pascolo nella Hickory Wood Farm, nel Kentucky, dove aveva vissuto l'innocenza pastorale dell’infanzia. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾


domenica 6 maggio 2018

Film di Gangster - Whisky or Beer

Di fatto, in America, dove la violenza era radicata in ogni settore, il «gangsterismo» prosperò man mano che il paese cresceva e si affermava il regime municipale. Oltre alle tradizionali bande di «gangsters ›› americani come i famigerati « Five Pointers » di Manhattan, incominciavano a farsi sotto uomini formati nella mentalità protettiva della Mafia, irlandesi ed ebrei che avevano dovuto affrontare durante la loro storia ogni genere di persecuzione, tutta gente non abituata a chinare la testa davanti al monito arrogante della legge e allo strapotere dell’invasore, dell'occupante e dello smembratore della propria terra. Ma che venendo in America avevano fatto la scoperta che qui era praticamente impossibile rubare ai ricchi, protetti da un numero inverosimile di guardie private. Alle prime forme di crimine organizzato, non potendo spogliare i ricchi e i prepotenti, non rimaneva che proteggere e organizzare il divertimento della povera gente, dei più sfortunati, dei diseredati, anche perché ai poveri si può portar vi poco con il terrore (la tanto strombazzata «Mano Nera » che ricorre in film come Pay or Die di Richand Wilson non era che una forma di estorsione ai danni dei poveri immigrati italiani, cui venivano spedite lettere minatorie ventilando terribili rappresaglia contro chi si fosse rifiutato di pagare, e queste lettere non provenivano da un gruppo solidamente organizzato ma esprimevano soltanto l’iniziativa di persone isolate: di qui il suo insuccesso). E così fiorirono mercati di donne, bische, lotterie clandestine. Ma fu soltanto durante il Proibizionismo, durante il cosiddetto «regime secco » voluto dal produttivismo ad oltranza del capitalismo puritano, che il « gangsterismo ›› riportò un successo di portata nazionale, dal momento che il male fiorisce più rigoglioso durante le repressioni [cinicamente Alfonso Capone definì la Proibizione « una lunga e serena luna di miele per la malavita ››]. «Il Proibizionismo›› infatti, come dice Richard Condon, « fuse i sistemi dilettanteschi dei primi tempi della repubblica con una brama di violenza e di rapidi guadagni più moderna e altamente organizzata, fuse la necessità di massacrare migliaia di pellirosse e milioni di bisonti, fuse i linciaggi, i tumulti, i disordini, le guerre, il pugilato, la musica più chiassosa, la stampa più stridula con l’intera meravigliosa promessa del domani ». Il che si riassume nella scena finale di Scarface, in cui, mentre si scatena la disperata resistenza di Tony [Paul Muni) e Cesca [Ann Dvorak), all'esterno della casa in cui si sono asserragliati, un'insegna al neon di un'agenzia Cook stampiglia sullo sfondo della notte la promessa: « The World ls Yours ›› [il mondo è vostro). Inoltre il movimento proibizionista va inteso come momento di crisi acuta nella tradizionale lotta tra l'America urbana e l'America rurale. Il rum, per esempio, era la valuta del commercio degli schiavi, durante la seconda metà del diciottesimo secolo, periodo in cui gli americani si diedero al bere più che in ogni altra epoca della loro storia, e il rum divenne uno dei fattori più importanti dell'economia coloniale. Numerosi sono i film che illustrano il rapporto di necessità che intercorre tra economia rurale e distillazione di liquori: Un uomo senza scampo di John Frankenheimer, Un tranquillo week-end di paura di John Boorman e soprattutto I contrabbandieri degli anni ruggenti di Richard Quine. Se la Proibizione fu un durissimo colpo per l'America rurale, lo fu anche per i lavoratori immigrati dall'Europa per i quali era molto difficile rinunciare al whisky, al vino e alla birra. E poi la povera gente non aveva nulla da spartire con il progetto di incremento della produzione e di un più razionale impiego delle risorse lavorative che aveva spinto il capitalismo puritano a mettere in vigore il 18° emendamento della Costituzione Federale, il cosiddetto Volstead Act, dal nome del rappresentante repubblicano che l`aveva introdotto alla Camera. Il diciottesimo emendamento entrò in vigore il 17 gennaio 1920, alle ore 12,01. La legge Volstead non era ancora entrata in vigore che la gente, invece di chiamarla il diciottesimo emendamento, la chiamava il «trentunesimo» (in inglese «thirty-first», che suona pressappoco come « thirsty ››, e cioè « assetato ». Né la reazione popolare si arrestava all'irrisione paronomastica: di lì a poco ci furono imponenti manifestazioni di massa che inalberavano cartelli con la scritta: « We want beer ›› (vogliamo la birra). lnoltre le apparizioni dei più famosi « bootleggers » in pubblico, Al Capone, Dion O'Banion, Hymie Weiss, Louis Alterie, i ratelli Genna, ecc., venivano salutata da ali di folla, in segno di ringraziamento per il fatto di venire loro incontro assicurando l'offerta di beni e servizi che il regime puritano si rifiutava di soddisfare. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

giovedì 12 aprile 2018

Film di Gangster - City Streets

City Streets di Rouben Mamoulian, sceneggiato da DashielI Hammett, è la storia dli un affiliato a una « gang ›› (Gary Cooper) che si innamora di una ragazza [Sylvia Sideny) e l'aiuta a sfuggire alla vendetta dei « gangsters ››. Ma questo film più che al filone nascente del film di «gangsters ›› si riallaccia al « gangster drama ›› del periodo del muto, il cui campione più famoso è Underworld. Non a caso frequenti effetti simbolici lo ricollegano agli stessi simbolismi del filone degli «spontaneous witnesses ››: gli uccelli attorno alla prigione in cui Sylvia Sidney è stata cacciata per non aver voluto denunciare suo padre, le statuine di gatti nella scena della gelosia, inoltre la parte di Sylvia Sidney era stata pensata per una grande diva del periodo del muto in declino a causa dell'avvento del sonoro, Clara Bow: di fatto City Streets si basava su uno dei suoi primi successi, Ladies of the Mob.  La figura centrale di Underworld è Bull Weed [George Bancroft, che ricorda più uno dei personaggi dell'« Opera da tre soldi» di Bertolt Brecht che un « mobster ›› americano, e il film si basa soprattutto sul triangolo che si sviluppa tra Bull Weed, la sua amica « Feathers ›› (Evelyn Brent] e un inglese alcoolizzato, « Rolls Royce ›› (Clive Brook). Soltanto con la sua sparatoria finale Underworld incominciava ad apparire come un film di « gangsters » e mostrava una certa rassomiglianza con il finale di Scarface, il che si spiega probabilmente con il fatto che Ben Hecht scrisse la sceneggiatura di entrambi i film. Ma al di là delle analogie esteriori è proprio la sparatoria finale a chiarire la differenza fondamentale tra i due film: la presenza o meno del suono. Infatti in Scarface lo spettatore viene investito da ogni genere di aggressione auditiva: raffiche di mitra, sfrigolare di pneumatici sull’asfalto, orge di esplosioni, in Underworld no. Mentre The Secret Six, Little Caesar, Public Enemy e Scarface giacciono sprofondati in rumorosi e assordanti inferni metropolitani, Underworld si svolge in un sottomondo felpato. Come dice Robert Warshow, nel suo saggio The Gangster As Tragic Hero, « il gangster è l’uomo della città, che parla la sua lingua e la conosce a menadito [...] perché per il gangster c'è solo la città; è qui che egli deve abitare per impersonificarla: non la città reale, ma quella fisica e pericolosa città dell’immaginazione che è molto più importante, e che è il mondo moderno ». Non solo i film di « gangsters ›› si svolgono soprattutto in ambienti urbani, strade buie, squallidi palazzi d'appartamenti, grigi « blocks ›› allineati uno dietro l'altro, bar, locali notturni, baracche che sporgono dai tetti con annessa una piccionaia, stazioni di polizia, sale da biliardo, albergucci, porti e angiporti, palestre che secernono mistero, tensione e violenza, ma sono infarciti di tutti gli orpelli che costituiscono l'equipaggiamento della civiltà urbana, automobili, telefoni, insegne al neon, armi, la metropolitana, la sopraelevata... (continua)
 Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

giovedì 22 marzo 2018

Film di Gangster - The secret six

Di fatto « gangsters ›› e « outlaws » costituivano nella fantasia popolare dell'epoca una stessa famiglia che si ricollegava a tutti gli altri personaggi del folclore americano, Daniel Boone, Paul Bunyan in coppia con Babe, il leggendario bue azzurro, Rio Grande Hoberit e John Henry armato del suo formidabile martello, una famiglia che comprende uccisori di draghi, liberatori di vergini perseguitate, espropriatori di ricchi prepotenti. Così i « gangsters ›› erano oggetto di richieste di autografi come i più famosi divi dello schermo e due giovani del mondo rapinarono e uccisero un loro amico soltanto per provare a se' stessi la propria volontà di potenza [si tratta del famoso assassinio Leopold - Loeb descritto nel film Compulsion di Richard Fleischer e cui allude esplicitamente The Rope di Altred Hitchcock). Del 1931 sono Public Enemy (Nemico pubblico) di William A. Wellman, The Secret Six di George Hill e City Streets (Vie della città) di Rouben Mamoulian, del 1932 Scarface: Shame of a Nation di Howard Hawks e The Hatchet Man di William A. Wellman, ambientato quest'ultimo nel quartiere cinese di San Francisco, segno che sin da i suoi albori il film « noir ›› dispone di grande versatilità e capacità di trasformismo, pur essendo giocato sugli stessi terni, archetipi e convenzioni. La sequenza di apertura di The Secret Six, ingiustamente il meno noto di tutti i film citati, ne riassume il tono generale. Dopo aver compiuto varie panoramiche sui recinti per il bestiame degli sterminati mattatoi di Chicago,gli « abattoirs ›› si sono sempre posti come immagine privilegiata dei meccanismi divoranti della società, dall'« Assommoir » di Emilio Zola, Sciopero di S.M. Ejzeinštejin, La hora de los hornos di Fernando Solanas e Octavío Getino ai recentissimi Slaughter-house n. 5 di George Roy Hill - da non confondersi con l'Hill autore di The Secret Six - e Arma da taglio di Michael Fitchie), la macchina da presa va a soffermarsi su « Slaughter-house » (Mattatoio) Scorpio [Wallace Beery], intento a spezzettare teschi di manzo con esperti colpi di martello. Andatosene dai mattatoi Scorpio incontra lo sfregiato Johnny Mack Brown e si reca con lui in un caffè. Una volta qui si mette ad occhieggiare la paffuta, pallida biondona di Brown, senza perdere nemmeno una parola di questo ultimo circa il suo ruolo di preminenza nel mondo del crimine organizzato, e decide di entrare a far parte della banda. Questo non è che l'inizio di una carriera folgorante che lo condurrà a diventare il «più importante capobanda della città e a spadroneggiarvi sopra finché un comitato di vigilanza, « The Secret Six ›› del titolo, non dissimile da quello consacrato dagli annali dei « roaring twenties ›› e costituito dai famosi « intoccabili », non riuscirà ad annientarlo con l`aiuto di un giornalista castigatore dei costumi (Clark Gable). L’intreccio del film è diviso in due parti: una storia d'amore tra Clark Gable e Jean Harlow complicata dal loro coinvolgimento nel mondo del crimine e una requisitoria contro l'apatia e il quietismo morale dell'opinione pubblica nei confronti di « racketeers ››, « killers ›› e « bad boys ». L`interesse del regista verso la storia d'amore è solo saltuario: Hill preferisce concentrarsi sui metodi del contrabbando di alcoolici e analizzare la cancrena sociale che questo abbevera e alimenta. The Secret Six è forse il meno romantico dei melodrammi sul mondo del crimine degli anni trenta. I sordidi ambienti che i vari personaggi frequentano e la luce scarna che l`operatore Harold Wenstrom fa spiovere su di loro li fanno apparire come esseri esangui, lemuri e larve. La distilleria clandestina, che convenzionalmente i film di « gangsters › mostrano come un`efficiente e corroborante installazione che dispensa whisky come se fosse plasma, è invece nel film di Hill un macchinario arcano dissimulato in una putirida cantina, i cui alambicchi pippolanti sono sorvegliati da un sordomuto (il che illustra magistralmente il trapasso compiuto dall'orrore della tradizione gotica e fantastica all`orrore sociale e secolarizzato). Per intensificare questa atmosfera Hill si serve di ambienti sempre angusti e sovraffollati, in modo da trasmettere un senso di crescente claustrofobia, e invece di un suggestivo commento musicale il film è percorso da un flusso continuo di suoni attinti dalla realtà: clacson, voci, automobili, passi, ecc. Notevole è il finale: sopra la parola « fine ›› non si ha musica ma il suono della voce di uno strillone che annunciala fine del regno di Scorpio. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾