Di fatto
« gangsters ›› e « outlaws » costituivano nella fantasia popolare dell'epoca
una stessa famiglia che si ricollegava a tutti gli altri personaggi del folclore
americano, Daniel Boone, Paul Bunyan in coppia con Babe, il leggendario
bue azzurro, Rio Grande Hoberit e John Henry armato del suo formidabile
martello, una famiglia che comprende uccisori di draghi, liberatori di vergini
perseguitate, espropriatori di ricchi prepotenti. Così i « gangsters ›› erano
oggetto di richieste di autografi come i più famosi divi dello schermo e due
giovani del mondo rapinarono e uccisero un loro amico soltanto per provare a
se' stessi la propria volontà di potenza [si tratta del famoso assassinio
Leopold - Loeb descritto nel film Compulsion
di Richard Fleischer e cui allude esplicitamente The Rope di Altred Hitchcock).
Del 1931 sono Public
Enemy (Nemico pubblico) di
William A. Wellman, The Secret Six di
George Hill e City Streets (Vie della città) di Rouben Mamoulian,
del 1932 Scarface: Shame of a Nation
di Howard Hawks e The Hatchet Man di
William A. Wellman, ambientato quest'ultimo nel quartiere cinese di San
Francisco, segno che sin da i suoi albori il film « noir ›› dispone di grande
versatilità e capacità di trasformismo, pur essendo giocato sugli stessi terni,
archetipi e convenzioni.
La sequenza di apertura di The Secret Six, ingiustamente il meno noto di tutti i film citati, ne
riassume il tono generale. Dopo aver compiuto varie panoramiche sui recinti per
il bestiame degli sterminati mattatoi di Chicago,gli « abattoirs ›› si sono
sempre posti come immagine privilegiata dei meccanismi divoranti della società,
dall'« Assommoir » di Emilio Zola,
Sciopero di S.M. Ejzeinštejin, La
hora de los hornos di Fernando Solanas e Octavío Getino ai recentissimi Slaughter-house n. 5 di George Roy Hill
- da non confondersi con l'Hill autore di The
Secret Six - e Arma da taglio di
Michael Fitchie), la macchina da presa va a soffermarsi su « Slaughter-house »
(Mattatoio) Scorpio [Wallace Beery], intento a spezzettare teschi di manzo con
esperti colpi di martello. Andatosene dai mattatoi Scorpio incontra lo
sfregiato Johnny Mack Brown e si reca con lui in un caffè. Una volta qui si
mette ad occhieggiare la paffuta, pallida biondona di Brown, senza perdere nemmeno
una parola di questo ultimo circa il suo ruolo di preminenza nel mondo del
crimine organizzato, e decide di entrare a far parte della banda. Questo non è
che l'inizio di una carriera folgorante che lo condurrà a diventare il «più
importante capobanda della città e a spadroneggiarvi sopra finché un comitato
di vigilanza, « The Secret Six ›› del titolo, non dissimile da quello
consacrato dagli annali dei « roaring twenties ›› e costituito dai famosi «
intoccabili », non riuscirà ad annientarlo con l`aiuto di un giornalista castigatore
dei costumi (Clark Gable). L’intreccio del film è diviso in due parti: una
storia d'amore tra Clark Gable e Jean Harlow complicata dal loro coinvolgimento
nel mondo del crimine e una requisitoria contro l'apatia e il quietismo morale
dell'opinione pubblica nei confronti di « racketeers ››, « killers ›› e « bad
boys ». L`interesse del regista verso la storia d'amore è solo saltuario: Hill
preferisce concentrarsi sui metodi del contrabbando di alcoolici e analizzare
la cancrena sociale che questo abbevera e alimenta. The Secret Six è forse il meno romantico dei melodrammi sul mondo
del crimine degli anni trenta. I sordidi ambienti che i vari personaggi
frequentano e la luce scarna che l`operatore Harold Wenstrom fa spiovere su di
loro li fanno apparire come esseri esangui, lemuri e larve. La distilleria
clandestina, che convenzionalmente i film di « gangsters › mostrano come un`efficiente
e corroborante installazione che dispensa whisky come se fosse plasma, è invece
nel film di Hill un macchinario arcano dissimulato in una putirida
cantina, i cui alambicchi pippolanti sono sorvegliati da un sordomuto (il che illustra
magistralmente il trapasso compiuto dall'orrore della tradizione gotica e
fantastica all`orrore sociale e secolarizzato). Per intensificare questa atmosfera
Hill si serve di ambienti sempre angusti e sovraffollati, in modo da
trasmettere un senso di crescente claustrofobia, e invece di un suggestivo
commento musicale il film è percorso da un flusso continuo di suoni attinti dalla
realtà: clacson, voci, automobili, passi, ecc. Notevole è il finale: sopra la parola « fine ›› non si ha musica
ma il suono della voce di uno strillone che annunciala fine del regno di
Scorpio. (continua)
Franco Ferrini, I
GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾
Nessun commento:
Posta un commento