OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “
Storia di pulsioni e di sangue, di libido e di morte, Vampyr,
attraverso,una trama dai molteplici centri, riconduce il motivo del vampirismo
alla dimensione labirintica del sogno e rende visibile la dinamica
dell'inconscio. Del resto, lo statuto oggettivo del reale è messo radicalmente
in discussione dalle peregrinazioni di David Gray, dal suo trovarsi in mezzo a
cose e ambienti dotati di valenze indecifrabili o aperti a significazioni minacciose,
oscure. Nel perimetro onirico, infatti, i dati risultano sovvertiti. Anche l”insegna di una locanda o una stampa contengono
premonizioni, allusioni, taciti richiami. Tutto diviene fluido, impreciso. Vampyr propone una discesa nelle
stratificazioni dell’inconscio. Vuole, insomma, essere scrittura che si esprime
nel linguaggio dell’altro, e
presentarsi inequivocabilmente come finzione. Un flusso narrativo omogeneo
organizza contemporaneamente il gioco polivalente degli attanti (i personaggi,
gli oggetti) e la danza delle ombre (si vedano, durante l'esplorazione di David
Gray nella fabbrica abbandonata, le silhouette:
dei ballerini in costume e dell’orchestrina proiettate in rapida successione su
una parete bianca), rinviando apertamente all'irrealtà delle epouvante e richiamando la definizione
del cinema come territorio del fantastico. Ma Vampyr si configura come finzione anche perché, lasciando parlare
l’altro, o meglio utilizzandone il
linguaggio, è già scrittura, organizzazione di segni in un sistema
trascendente.
Pier Giorgio Tone, Carl
Theodor Dreyer, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia, 1978
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