NOTA
PER FINE DI STAGIONE
Il cinematografo oggi è lo strumento di divulgazione, se non più duraturo, di efficacia più immediata. Se ne servono tutti i paesi per far propaganda alla loro storia, ai loro classici, ai loro costumi, alle loro idee.
Perfino ai loro gusti. S`è creata intorno ad esso una corporazione di
artisti e di artigiani che lavorano su commissione assai più spesso che non si
creda. Forse non tutti sanno che la celebrazione dei Rotschildt fu fatta per incarico
delle comunità ebraiche d'America; o che alcune grandi nazioni europee
commettono a Hollywood l'esaltazione di flotte e eserciti, istituti e riforme
sociali. Anche quando celebrazioni di tal genere non sono date proprio su
commissione, gli industriali del cinema studiano le correnti e le idee più
diffuse della vita attuale, lavorano su questo cercando implicitamente l'obolo
degl'interessati. Infine, come moltissime industrie moderne, lavorano sul
favore delle donne. Dato l'alto prezzo della produzione, il film non può
prescindere da tali elementi, e se vi prescinde come in Russia, è alimentato dallo
Stato, non ha limiti di tempo per la lavorazione, non subisce concorrenza della
produzione straniera, è dichiaratamente didattico. Per questo il film russo è
più vicino alle fonti, al teatro, alla letteratura e all'arte. Noi, quando
parliamo di cinema russo, ci riferiamo a quella mezza dozzina di esemplari eccellenti
importati fra noi; ma la produzione media russa, per chi l`ha veduta lassù, è mediocre, e
limitata com'è all'insegnamento e alla predicazione dottrinale, esercita ben
poca efficacia.
Resta da vedere se, considerando esemplare il miglior film russo, sia
proprio questo l'ideale; esso è in
funzione di storia, teatro, balletto; ha serbato i requisiti dell'arte
tradizionale; mentre il cinema moderno di cui quello americano è fino a oggi il
modello, consiste in tutte queste cose, ma in rapporto ai mezzi di cui si serve
il film, al modo stesso che un lavoro d'arazzo o di smalto ha tutt'altri
caratteri dall'affresco.
Non si può considerare il film un'arte che basti a sé, non essendo un
prodotto individuale. Un artista pittore o scrittore può scegliere liberamente
tra successo e insuccesso, tra la fama da divo e la gloria dopo morto; può insomma liberamente esser povero e dire quello che gli sta più a
cuore, e niente di quanto farebbe la sua popolarità. Ma essendo il cinema uno strumento di efficacia
immediata contro la cui sopravvivenza congiurano i progressi tecnici di cui è
sempre capace e lo stesso materiale di cui è fatta una pellicola, esso deve
servire al pubblico, e per il denaro che costa deve piacergli. Si può dunque
tentare di definire quella del cinema un'arte celebrativa, e celebrativa
dell'uomo. In questo senso non ha nulla del teatro o della letteratura, e lo
scrittore di soggetti non ha maggiore importanza del librettista d`opera. Lo
stato attuale del cinema è questo. Quando cambierà e diverrà un fatto individuale
potrà considerarsi finito come spettacolo per grandi masse. Si ricorderà che
dieci o quindici anni fa, al sommo della perfezione del film muto, esso
risentiva ancora del romanticismo o del naturalismo; tutto l'Ottocento letterario
era ancora vivo in esso. Ed era considerato come un'arte per genterella; era
già un privilegio, e si poteva permettere certe libertà da arte di eccezione.
Da allora, allargatosi il suo pubblico, e con la tecnica del parlato, il film
ha acquistato altre forme e diverso significato: oggi rappresenta lo schema della
vita quale si vorrebbe che fosse; è ottimista; è una convenzione; lo stesso
accade pel film russo che sembra lontanissimo da quello europeo e americano. Ma
forse nella forma attuale che è precisamente antirealistica, è la vera estetica
di tale arte. Il cinema rappresenta dunque l'ideale della vita; è l’arte
borghese del nostro tempo. Ma con un grano di giudizio.
Il punto importante è proprio questo grano di giudizio.
Il cinema italiano, prima della costituzione del Ministero per la
Stampa e la Propaganda che ne ha assunto le sorti, era arrivato francamente al
film celebrativo, come quello che voleva spiegare storicamente una situazione e
un capitolo di storia del nostro paese. Con molto minore arte commise gli
stessi errori che resero inesportabile il film russo. Come nel film russo, la
storia fu divisa tra reprobi ed eletti, tra giusti ed ingiusti. Ora, per l'uomo
seduto davanti a qualunque opera d'arte e specialmente su una sedia di
cinematografo, queste divisioni non hanno senso. La storia per cotesto
spettatore si fa uomo, lo spettatore va incontro a se stesso e alla sua
immagine, non alle idee generali. L'arte ha per iscopo l'uomo e in ciò differisce
dalla storia. Quando si sceglie un modo d'espressione bisogna sottostare alle
sue leggi. La legge dell'arte è dimostrare attraverso uomini e sentimenti
umani; l'uomo, nella vita come nell'arte, è il mediatore fra noi e le cause
della moralità e della giustizia.
Il film americano che contiene tali leggi nel loro schema più primitivo
e perciò più popolare, e che costituisce fino a nuovo avviso l'estetica
originale del film, parla chiaro: gli uomini qui hanno ognuno la sua verità né
migliore né peggiore di tante altre; chi prevale è quegli che non soltanto serve
la giustizia ma che ha l`animo e i mezzi per farla prevalere. Questo è il lato
originale del cinema dove l'individuo è una forza in movimento tra molte altre
convergenti, positive e negative. E le cause più giuste in teoria hanno bisogno
di una buona guida che le meni in porto e che, oltre a servire una causa
giusta, abbia intelligenza, prontezza, sagacia. Il cinema per questa via può
arrivare a soluzioni assurde ma chiarissime: si veda il cardinal Richelieu, nel
noto film americano, che fa la storia come un gioco di prestigio. Da noi invece
il film celebrativo assunse il colore d`una passione lunga e senza reazione,
con psicologie unilaterali; i buoni generosi, i cattivi pessimi. In queste condizioni
l`arte non convince nessuno.
Inoltre il film non può abbracciare una storia ma gli basta un
frammento di storia. In un atto, un gesto, un episodio, può esser contenuto
tutto un dramma e tutta una civiltà. Questa è la legge comune a tutte le arti.
Quando il ministro Galeazzo Ciano nel suo discorso al Senato ha parlato di
latinità del cinema nostro, è chiaro si volesse riferire a un atteggiamento
fondamentale dello spirito di chi lavora pel cinema, e non a una esclusione di
generi e di argomenti. Basta pensare che non essendo noi separati dal resto del
mondo, e ricevendo di continuo films stranieri, se ci vietassimo argomenti e
forme di cinema vedremo gli stessi argomenti e forme svolte da altri, e se
anche vietassimo fra noi cotesti esemplari essi sarebbero a ogni modo introdotti
nelle altre Nazioni. Per esempio, Boccaccio o Machiavelli come personaggi di
film, e mettiamo pure Cagliostro, il mondo li vedrà tradotti nel linguaggio di
chi li saprà far suoi efficacemente, e spesso proprio da quelli che vi metteranno
quel tanto di ignorante e di grossolano che distingue in genere chi, straniero,
porta cose italiane in cinematografo.
Il pericolo di un'arte, e di una cinematografia in ispecie, è di
volersi sempre riferire a personaggi esemplari, grandi e buoni e generosi per
definizione, mentre proprio il cinema dimostra che di tutta la storia si possono
e si devono cambiare i connotati, e che lo stesso Cagliostro può contenere i
principii attivi di un modo di vivere. Noi importiamo cinema straniero;
rinunciando agli argomenti di detto cinema facciamo un doppio danno:
immiseriamo una tradizione e imponiamo senza volerlo in casa nostra l’estetica
dei maestri stranieri, magari avversi, ai quali finiamo col permettere quanto
vietiamo a noi stessi. E così Boccaccio e Machiavelli saranno, per le platee
ignare dei cinematografi, quali li presenteranno gli Americani nei loro
recentissimi film: l'uno un tenero idiota e l'altro un furfante matricolato.
Il punto vivo delle dichiarazioni del ministro Galeazzo Ciano tocca
codesti problemi. Parlando di latinità egli s'è riferito evidentemente ad un
atteggiamento dello spirito di chi deve creare una forma d'arte tanto diffusa come
quella del cinema, come esiste un atteggiamento americano, uno tedesco, uno
francese. E difatti al cinema italiano resta da fare ancora un progresso
definitivo: impadronirsi degli argomenti che l'arte offre a tutti e che
ciascuno ricrea secondo la sua natura e il suo costume.
CORRADO ALVARO
apparso su Nuova
Antologia nel luglio 1936
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