mercoledì 13 maggio 2020

Corrado Alvaro spettatore cinematografico


NOTA PER FINE DI STAGIONE

Intorno al carattere della nuova cinematografia italiana si sono avute le dichiarazioni al Senato di Galeazzo Ciano, a quei giorni ministro per la Stampa e la Propaganda.
Il cinematografo oggi è lo strumento di divulgazione, se non più duraturo, di efficacia più immediata. Se ne servono tutti i paesi per far propaganda alla loro storia, ai loro classici, ai loro costumi, alle loro idee.

Perfino ai loro gusti. S`è creata intorno ad esso una corporazione di artisti e di artigiani che lavorano su commissione assai più spesso che non si creda. Forse non tutti sanno che la celebrazione dei Rotschildt fu fatta per incarico delle comunità ebraiche d'America; o che alcune grandi nazioni europee commettono a Hollywood l'esaltazione di flotte e eserciti, istituti e riforme sociali. Anche quando celebrazioni di tal genere non sono date proprio su commissione, gli industriali del cinema studiano le correnti e le idee più diffuse della vita attuale, lavorano su questo cercando implicitamente l'obolo degl'interessati. Infine, come moltissime industrie moderne, lavorano sul favore delle donne. Dato l'alto prezzo della produzione, il film non può prescindere da tali elementi, e se vi prescinde come in Russia, è alimentato dallo Stato, non ha limiti di tempo per la lavorazione, non subisce concorrenza della produzione straniera, è dichiaratamente didattico. Per questo il film russo è più vicino alle fonti, al teatro, alla letteratura e all'arte. Noi, quando parliamo di cinema russo, ci riferiamo a quella mezza dozzina di esemplari eccellenti importati fra noi; ma la produzione media russa, per chi l`ha veduta lassù, è mediocre, e limitata com'è all'insegnamento e alla predicazione dottrinale, esercita ben poca efficacia.
Resta da vedere se, considerando esemplare il miglior film russo, sia proprio questo l'ideale; esso è in
funzione di storia, teatro, balletto; ha serbato i requisiti dell'arte tradizionale; mentre il cinema moderno di cui quello americano è fino a oggi il modello, consiste in tutte queste cose, ma in rapporto ai mezzi di cui si serve il film, al modo stesso che un lavoro d'arazzo o di smalto ha tutt'altri caratteri dall'affresco.
Non si può considerare il film un'arte che basti a sé, non essendo un prodotto individuale. Un artista pittore o scrittore può scegliere liberamente tra successo e insuccesso, tra la fama da divo e la gloria dopo morto; può insomma liberamente esser povero e dire quello che gli sta più a cuore, e niente di quanto farebbe la sua popolarità. Ma essendo il cinema uno strumento di efficacia immediata contro la cui sopravvivenza congiurano i progressi tecnici di cui è sempre capace e lo stesso materiale di cui è fatta una pellicola, esso deve servire al pubblico, e per il denaro che costa deve piacergli. Si può dunque tentare di definire quella del cinema un'arte celebrativa, e celebrativa dell'uomo. In questo senso non ha nulla del teatro o della letteratura, e lo scrittore di soggetti non ha maggiore importanza del librettista d`opera. Lo stato attuale del cinema è questo. Quando cambierà e diverrà un fatto individuale potrà considerarsi finito come spettacolo per grandi masse. Si ricorderà che dieci o quindici anni fa, al sommo della perfezione del film muto, esso risentiva ancora del romanticismo o del naturalismo; tutto l'Ottocento letterario era ancora vivo in esso. Ed era considerato come un'arte per genterella; era già un privilegio, e si poteva permettere certe libertà da arte di eccezione. Da allora, allargatosi il suo pubblico, e con la tecnica del parlato, il film ha acquistato altre forme e diverso significato: oggi rappresenta lo schema della vita quale si vorrebbe che fosse; è ottimista; è una convenzione; lo stesso accade pel film russo che sembra lontanissimo da quello europeo e americano. Ma forse nella forma attuale che è precisamente antirealistica, è la vera estetica di tale arte. Il cinema rappresenta dunque l'ideale della vita; è l’arte borghese del nostro tempo. Ma con un grano di giudizio.
Il punto importante è proprio questo grano di giudizio.
Il cinema italiano, prima della costituzione del Ministero per la Stampa e la Propaganda che ne ha assunto le sorti, era arrivato francamente al film celebrativo, come quello che voleva spiegare storicamente una situazione e un capitolo di storia del nostro paese. Con molto minore arte commise gli stessi errori che resero inesportabile il film russo. Come nel film russo, la storia fu divisa tra reprobi ed eletti, tra giusti ed ingiusti. Ora, per l'uomo seduto davanti a qualunque opera d'arte e specialmente su una sedia di cinematografo, queste divisioni non hanno senso. La storia per cotesto spettatore si fa uomo, lo spettatore va incontro a se stesso e alla sua immagine, non alle idee generali. L'arte ha per iscopo l'uomo e in ciò differisce dalla storia. Quando si sceglie un modo d'espressione bisogna sottostare alle sue leggi. La legge dell'arte è dimostrare attraverso uomini e sentimenti umani; l'uomo, nella vita come nell'arte, è il mediatore fra noi e le cause della moralità e della giustizia.
Il film americano che contiene tali leggi nel loro schema più primitivo e perciò più popolare, e che costituisce fino a nuovo avviso l'estetica originale del film, parla chiaro: gli uomini qui hanno ognuno la sua verità né migliore né peggiore di tante altre; chi prevale è quegli che non soltanto serve la giustizia ma che ha l`animo e i mezzi per farla prevalere. Questo è il lato originale del cinema dove l'individuo è una forza in movimento tra molte altre convergenti, positive e negative. E le cause più giuste in teoria hanno bisogno di una buona guida che le meni in porto e che, oltre a servire una causa giusta, abbia intelligenza, prontezza, sagacia. Il cinema per questa via può arrivare a soluzioni assurde ma chiarissime: si veda il cardinal Richelieu, nel noto film americano, che fa la storia come un gioco di prestigio. Da noi invece il film celebrativo assunse il colore d`una passione lunga e senza reazione, con psicologie unilaterali; i buoni generosi, i cattivi pessimi. In queste condizioni l`arte non convince nessuno.
Inoltre il film non può abbracciare una storia ma gli basta un frammento di storia. In un atto, un gesto, un episodio, può esser contenuto tutto un dramma e tutta una civiltà. Questa è la legge comune a tutte le arti. Quando il ministro Galeazzo Ciano nel suo discorso al Senato ha parlato di latinità del cinema nostro, è chiaro si volesse riferire a un atteggiamento fondamentale dello spirito di chi lavora pel cinema, e non a una esclusione di generi e di argomenti. Basta pensare che non essendo noi separati dal resto del mondo, e ricevendo di continuo films stranieri, se ci vietassimo argomenti e forme di cinema vedremo gli stessi argomenti e forme svolte da altri, e se anche vietassimo fra noi cotesti esemplari essi sarebbero a ogni modo introdotti nelle altre Nazioni. Per esempio, Boccaccio o Machiavelli come personaggi di film, e mettiamo pure Cagliostro, il mondo li vedrà tradotti nel linguaggio di chi li saprà far suoi efficacemente, e spesso proprio da quelli che vi metteranno quel tanto di ignorante e di grossolano che distingue in genere chi, straniero, porta cose italiane in cinematografo.
Il pericolo di un'arte, e di una cinematografia in ispecie, è di volersi sempre riferire a personaggi esemplari, grandi e buoni e generosi per definizione, mentre proprio il cinema dimostra che di tutta la storia si possono e si devono cambiare i connotati, e che lo stesso Cagliostro può contenere i principii attivi di un modo di vivere. Noi importiamo cinema straniero; rinunciando agli argomenti di detto cinema facciamo un doppio danno: immiseriamo una tradizione e imponiamo senza volerlo in casa nostra l’estetica dei maestri stranieri, magari avversi, ai quali finiamo col permettere quanto vietiamo a noi stessi. E così Boccaccio e Machiavelli saranno, per le platee ignare dei cinematografi, quali li presenteranno gli Americani nei loro recentissimi film: l'uno un tenero idiota e l'altro un furfante matricolato.
Il punto vivo delle dichiarazioni del ministro Galeazzo Ciano tocca codesti problemi. Parlando di latinità egli s'è riferito evidentemente ad un atteggiamento dello spirito di chi deve creare una forma d'arte tanto diffusa come quella del cinema, come esiste un atteggiamento americano, uno tedesco, uno francese. E difatti al cinema italiano resta da fare ancora un progresso definitivo: impadronirsi degli argomenti che l'arte offre a tutti e che ciascuno ricrea secondo la sua natura e il suo costume.
CORRADO ALVARO
apparso su Nuova Antologia nel luglio 1936

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