Quando la « detective story ››, con lo Sherlock Holmes
di Arthur Conan-Doyle, passò in Inghilterra, per lungo tempo in America non
ebbe altri cultori all'infuori di Mark Twain, il quale però in «Drouble-Barrellerd
Detective Story» e con il suo « amateur sleuth ›› Pudd’nhead Wilson dovette
prendere proprio distanza da Holmes (cosi .come questo ostentava disprezzo e
sufficienza nei confronti del C. Auguste Dupin).
Anche l'avvocato e «detective » dilettante Gavin
Stevens di William Faulkner, che appare per la prima volta in una serie di
racconti pubblicati sul « Saturday Evening Post », più tardi raccolti in volume
sotto il titolo « Knights Gambit ››, rappresenta il tentativo dello scrittore
di fare la pace con il Sud, l'America, il mondo intero. Anche il Quentin
Compson di « Absalom, Absalom! » si auto-torturava e si autodistruggeva,
percorrendo il vasto e profondo Sud alla ricerca di una fatidica verità.
Anch'egli non era che una specie di « detective » dilettante, ma la verità
l'avrebbe disrutto. Al contrario di Quentin Compson, il «detective » riottoso e
antagonista che sceglie il suicidio, Gavin Stevens, il<< detective ››
conciliante e socialmente utile sceglie il lieto fine. Per quanto alle prese
con questioni estreme in fatto di colpe e responsabilità Gavin Stevens in « Non
si fruga nella polvere ›› e « Requiem per una monaca ›› si ritrae dall'orrore e
scivola verso il sentimentalismo. Dal primo dei due romanzi citati nel 1949
Clanence Brown trasse una trasposizione cinematografica, Intruder in the Dust, girato quasi interamente a Oxfond, Mississippi,
città natale di Wiillliam Faulkner, che pur senza rendere tutta la materia
dello scrittore, non ne tradiva la tematica e si poneva come un « social exposé
›› contro il linciaggio, come Fury di
Fritz Lang e The Ox-bow Incident
(1943, Alba fatale) di Willialm A.
Wellmaln.
Ma la versione più appiattita e conciliante dell’archetipo
di Gavin Stevens è l'avvocato [Gregory Peck] protagonista di To Kill a Mockingb-ird {Il buio oltre la siepe] di Robert
Mulligan, dal romanzo omonimo di Harper Lee: anche qui un negro accusato di un
delitto che non ha commesso viene salvato dalla brama di vendetta pubblica
della « prude » e razzista comunità dei bianchi.
Nella storia della « detective story ›› americana non
mancano altri perdimenti al freddo rompicapo e altre capitolazioni nei
confronti della comunità borghese. Il Philo Vance di S. S. Van Dine è una
specie di esteta decadente che ei rende socialmente utiile in qualità di « amateur
seuth ››. Charlie Chan, l’investigatore cinese di Honolulu ideato dallo
scrittore Earl Derr Biggere, impersonato dall'attore Warner Oland nelle
numerose trascrizioni hollywoodiane delle sue avventure [non tutte sulla base
di storie di pugno dell'autore) segna il trionfo della totale accettazione
dell'« outsider ›. L'ombra sinistra del « chink » di Sax Rohmer, Fu Manciù, anch'essa
più volte proiettata sullo schermo, si trasforma nella panciuta e più gradevole
« silhouette › dell’orientale che mette tutta la sua saggezza, nonché tutta la
sua astuzia, al servizio della legalità, né più né meno come fanno il
giapponese signor Moto di John P. Marquanld e l'hawayano Johnny Aloha di Dray
Keene.
Ma il contributo essenziale della cultura americana
alla « detective story » è indiscutibilmente uno strano rampollo della
letteratura sulla violenza urbana che imperava negli anni venti e trenta: una
quanto mai realistica descrizione della corruzione nella grande città il cui
supporto è dato dalle peripezie del «private eye››. Questi non ha più nulla in
comune con il «dandy » «diventato «almateur sleuth ››: la moderna « detective
story » americana non rappresenta più simbolicamente la capitolazione ai
dettami del sentimentalismo, del freddo rompicapo e del lieto fine, ma ci dà la più piena affermazione dell'orrore
sociale della società capitalistica americana. Geograficamente il « private eye
››, il « detective », lo « shaimus ››, lo « sleuth », l'« operator » delle
varie agenzie investigative, eredi della famosa Pinkerton, è uno «easterner ››
›[anche se spesso le sue azioni hanno luogo in California] ma la
sua derivazione ideologica e mitopoietica è quella del « westerner ››, l’incarniazione
dell'innocenza dell'uomo che è sempre vissuto a contatto della natura, al
cospetto della frontiera, e che adesso si muove cercando di restare senza macchia
attraverso la corruzione che abita la grande città. Tale parentela non è
sfuggita a Dashiell Hammett: che nel racconto « Corkiscrew » ha fatto del suo
tarchiato « operator ›› lo sceriffo di una cittadina del West. Né è sfuggito a
Donald C. Siegel che in Coogan's Bluff
(1968, L'uomo dalla
cravatta di cuoio)
dapprima manda il suo «deputy » di contea [Clint Eastwood) ad arrestare un capo
indiano fuggito dalla riserva e successivamente lo spedisce in jet in trasferta
a New York, dove prendere in consegna un malfattore da estradare (Don Stroud).
Nel film di Donald C. Siegel le disavventure del ,«
westener › gettato nel calderone rutilante della società urbana, industriale e
permissiva si prestano a diventare supporto di un’apologia della società
agricola che non è lontana dal fascismo alla Goldwater. Nel racconto di
Dashiell Hammett invece [e in generale in tutta l'opera sua) lo «shamus
›› irreprensibile è l'onesto proletario che si guadagna da vivere con il suo
duro lavoro e illumina per contrasto la spietata e perversa società dei ricchi;
ed egli non parla o si muove con la pedantesca condiscendenza del C. Auguste
Dupin ma nel linguaggio del popolo. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA
AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾
Nessun commento:
Posta un commento