lunedì 6 maggio 2019

Detective Thriller - in principio c'era Edgar Allan

 Il prototipo del « detective » è il C. Auguste Dupin di Edgar Allan Poe. Mezzo artista, mezzo scienziato Dupin impone alle apparenze distorte di un mondo percorso da un orrore irrazionale le sembianze di un ordine sovrano. Prova e riprova che anche l'incubo più delirante, cioè  disorganizzato (etimologicamente il termine delirio sta ad indicare il movimento che l`aratro compie accidentalmente schizzando dal solco), i corpi straziati che ostruiscono il camino di una camera in cui nessuno sembra aver messo piede, può essere decifrato. Secondo questo modello la « detective story ›› si basa su un'estensione della tipica risorsa del romanzo gotico: il « marveilleux expliqué ››. Ma inserito in un quadro particolare inventato dallo stesso Edgar Allan Poe, in cui un narratore si pone come testimone ammirato (secondo l'espressione di Jean-Paul Sartre, per il quale si assisterebbe allo stesso rapporto tra il narratore e il Monsieur Teste di Paul Valéry) delle prodezze cerebrali di un pensatore che sublima nella sfera delle idee un gesto sanguinario. È dal narratore di Edgar Allan Poe che derivano tutte le successive figure vicarie di fidi cronisti di annali polizieschi: il dottor Watson [che fa coppia con Sherlock Holmes), Archie Goodwin (con Nero Wolfe), Hastings [con Hercule Poirot), Vain [con Philo Vance), ecc. Caratteristica del testimone ammirato, confuso e terrorizzato in misura maggiore dello stesso lettore, e quella di limitarsi ad -osservare e registrare gli « exploits ›› delle meningi del « detective ››, sempre freddo e perspicace. Il narratore è più tardo del cosiddetto uomo della strada e il « detective » non è che una versione inedita del « «poète maudit », un recluso solitario che di tanto in tanto si degna di dare una mano alla società da cui si sente escluso. « Detective stories ›› di questo genere vengono di solito usate per proiettare una patetica immagine dello stesso autore in quanto essere volontaristicamente utile nei confronti della società costituita, per quanto incompreso e disprezzato.
È quanto succede nella Casa del corvo (sceneggiato dallo scrittore di romanzi polizieschi John 
Dickson Carr, in cui il protagonista (Joseph Cotten] accoglie in sé i caratteri di Edgar Allan Poe e del C. Auguste Dupin. Anche lo stesso Poe è stato costretto a dissolvere completamente la barriera tra arte e vita, tra lo scrittore e l'investigatore, provvedendo nel « Mistero di Marie Roget ›› a dare soluzione a un caso criminale dell’epoca rimasto insoluto. Ma è soprattutto in « Eureka ›› che Edgar Allan Poe ha tentato di liberarsi della propria maschera, dando risposta al più sconcertante «whodunit» il «chi è stato?›› possibile e immaginabile: il caso della Creazione. In questa «detective story» cosmogonica Poe cerca di dimostrare che il mondo deve ritornare a Dio, il Creatore, il Maestro, l'Ingegnere - Architetto, a prezzo del sacrificio della creatura. «Cerchiamo di capire, egli afferma, che la Natura tende a scomparire, e che Dio solo deve rimanere, intero, unico e completo». L'essenziale di «Eureka›› consiste nel tentativo di far convergere compulsione della ricerca e strutture dell'universo. Ma questo tentativo non e che un'auto-difesa. Edgar Allan Poe mira in realtà a dimostrare che non vi sono né maniaci, né artefici persecutori ma soltanto spettatori della loro ritirata e della loro estromissione, postulando una perfetta sintesi tra conoscenza, natura e poesia. Le ultime due creano le loro forme per scopi comuni. Spetta poi alla conoscenza prospettare questa unità d’azione e d'indirizzo, in vista dello scioglimento risanatore di ogni tensione dolorosa. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

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