domenica 5 maggio 2019

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - Umberto D


Del resto, il trattamento della dimensione spaziale trova in De Sica altri impieghi di significazione. In particolare, un’altra importante componente spaziale funzionale operante all‘interno del sistema d'opposizione più sopra indicato è senza dubbio la «prospettiva». L'uso della prospettiva è presente in questo periodo del cinema di De Sica almeno sin da Ladri di biciclette (ad esempio nella fuga del ladro sullo sfondo del tunnel, ad indicarne la velocita ed insieme ad anticiparne l'irraggiungibilità]. Ma dove la prospettiva assume un suo ruolo primario, dove essa trova un suo pieno, autonomo sviluppo, divenendo non mezzo occasionale di significazione, ma vera e propria componente articolata del film e senza dubbio in Umberto D. come risultato di un lungo lavorio formale, traguardo di un cinema in progress , che di volta in volta trova nuove soluzioni spaziali sempre tese verso la ricerca di una dimensione che si presenti finalmente nuova conquista. La dimensione puramente figurativa del cinema di De Sica esula dal nostro discorso e terminiamo il nostro accenno a questo punto. Ma se ci e consentito un giudizio di valore all'interno di un discorso critico che parte da presupposti che non lo includono, Umberto D. è a parer nostro la cosa più alta di tutto il cinema di De Sica, l'opera più ineccepibile e completa, superiore in perfezione anche ai film migliori di quella produzione. Di questa qualità lo stesso impiego della prospettiva è in fondo testimone eloquente, componente non secondaria. Tutto il film si articola, appunto, su una serie di prospettive che ne sono i nuclei di base, e su un complesso compositivo di carattere prospettico che si presenta secondo due moduli fondamentali. I nuclei di base sono, in ordine: a] il corridoio della casa di via S. Martino della Battaglia; b) la corsia dell'ospedale; c] il giardino pubblico nelle sequenze finali. l complessi compositivi di carattere prospettico sparsi per tutto l'arc0 dei film sono: a) |'inquadratura obliqua di un elemento orizzontale costeggiato da uno verticale; b] la composizione complessiva di figura, edificio e cielo [ovviamente inquadrata dal basso verso l’alto]. Incidentalmente sono infine rilevabili altre più estemporanee utilizzazioni prospettiche specificamente funzionali a singole significazioni, cui accenneremo fra breve.
Per quel che riguarda i nuclei di base, non e difficile rilevare che essi — e in special modo quello del corridoio della casa — corrono per tutto il film a scandire la profondità dei luoghi quotidiani di Umberto. Il corridoio ad arco della casa scorre portando irresistibilmente l'occhio verso il salotto nel fondo. |E a questo punto non sarà inopportuno rilevare che la casa stessa si articola secondo tre componenti spaziali: la camera di Umberto, la cucina che è il luogo della servetta, e il salotto che e invece una sorta di vera e propria tana della terribile padrona di casa. Il corridoio, dunque, nel quale la camera di Umberto e la cucina della servetta si fronteggiano, corre verso il suo punto di fuga, il luogo della padrona. Il linguaggio dello spazio non potrebbe essere più esplicito, la dipendenza delle due vittime ne viene magnificamente espressa; il corridoio è nella sua dimensione prospettica il testimone della loro inferiorità, della loro sconfitta. Inutilmente Umberto tenterà di opporvisi. Per un certo tempo egli riuscirà stentatamente a mantenere una sua privacy, ovvero una sua possibilità di sopravvivenza. Nonostante le formiche, nonostante le invasioni che regolarmente ritmano il suo spazio: la sua camera è subaffittata a una coppia di adulteri (un fiero colpo anche alla morale dell’integerrimo Umberto), è il luogo delle comunicazioni fra la servetta e i due militari [ancora, l'invasione riveste aspetti che, sia pure questa volta in modo meno dirompente, investono quelli che si intuiscono i fondamenti morali del vecchio pensionato], è invasa persino dai rumori del vicino cinematografo (ed  è ancora da fare la storia della presenza del cinematografo nel cinema di De Sica, almeno da Sciuscià in poi) che non a caso, dopo la musica della Settimana Incom (ancora una volta un documentario, come in Sciuscià), permette di cogliere parole {“ …  con i galeotti in queste condizioni, fra due giorni... “] altamente allusive a due dei temi centrali del film stesso, la reclusione e il tempo. Persino la sveglia, l'oggetto, invade lo spazio di Umberto, suonando imperterrita mentre il vecchio la sta puntando, e continuando a suonare anche sotto le coperte mentre lui tenta di addormentarsi.
Ma la sconfitta del protagonista apparirà definitiva soltanto quando, tornato dalla terribile esperienza del tentativo di accattonaggio al Pantheon, troverà la sua camera squarciata in una parete nella quale troneggia un grosso buco. Dall’interno della camera piena dei segni assurdi di una composizione di vernici tale da sembrare quasi un quadro informale. Umberto guarda verso il buco con infinita tristezza. Per la prima ed ultima volta nel film la macchina da presa lo inquadra nella sua camera da uno spazio esterno, ad indicare l'impossibilità di recuperare una dimensione perduta. Il lavoro dei muratori non l‘aveva ancora convinto, ma ora Umberto sa che se ne deve andare, che il suo spazio gli e stato negato, che non ha più una camera e una casa. Il suicidio è l’inevitabile conseguenza che gli balena alla mente. (continua)
Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975



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