Per quel che riguarda i nuclei di base, non e
difficile rilevare che essi — e in special modo quello del corridoio della casa
— corrono per tutto il film a scandire la profondità dei luoghi quotidiani di
Umberto. Il corridoio ad arco della casa scorre portando irresistibilmente
l'occhio verso il salotto nel fondo. |E a questo punto non sarà inopportuno rilevare che la casa stessa
si articola secondo tre componenti spaziali: la camera di Umberto, la cucina
che è il luogo della servetta, e il salotto che e invece una sorta di vera e
propria tana della terribile padrona di casa. Il corridoio, dunque, nel quale
la camera di Umberto e la cucina della servetta si fronteggiano, corre verso il
suo punto di fuga, il luogo della padrona. Il linguaggio dello spazio non
potrebbe essere più esplicito, la dipendenza delle due vittime ne viene
magnificamente espressa; il corridoio è nella sua dimensione prospettica il
testimone della loro inferiorità, della loro sconfitta. Inutilmente Umberto
tenterà di opporvisi. Per un certo tempo egli riuscirà stentatamente a
mantenere una sua privacy, ovvero una sua possibilità di sopravvivenza.
Nonostante le formiche, nonostante le invasioni che regolarmente ritmano il suo
spazio: la sua camera è subaffittata a una coppia di adulteri (un fiero colpo anche alla morale
dell’integerrimo Umberto), è il luogo delle comunicazioni fra la servetta e i
due militari [ancora, l'invasione riveste aspetti che, sia pure questa volta in
modo meno dirompente, investono quelli che si intuiscono i fondamenti morali
del vecchio pensionato], è invasa persino dai rumori del vicino cinematografo
(ed è ancora da fare la storia della
presenza del cinematografo nel cinema di De Sica, almeno da Sciuscià in poi) che non a caso, dopo la
musica della Settimana Incom (ancora una volta un documentario, come in Sciuscià), permette di cogliere parole
{“ … con i galeotti in queste
condizioni, fra due giorni... “] altamente allusive a due dei temi centrali del
film stesso, la reclusione e il tempo. Persino la sveglia, l'oggetto, invade lo
spazio di Umberto, suonando imperterrita mentre il vecchio la sta puntando, e
continuando a suonare anche sotto le coperte mentre lui tenta di addormentarsi.
Ma la sconfitta del protagonista apparirà definitiva
soltanto quando, tornato dalla terribile esperienza del tentativo di
accattonaggio al Pantheon, troverà la sua camera squarciata in una parete nella
quale troneggia un grosso buco. Dall’interno della camera piena dei segni
assurdi di una composizione di vernici tale da sembrare quasi un quadro informale.
Umberto guarda verso il buco con infinita tristezza. Per la prima ed ultima
volta nel film la macchina da presa lo inquadra nella sua camera da uno spazio
esterno, ad indicare l'impossibilità di recuperare una dimensione perduta. Il
lavoro dei muratori non l‘aveva ancora convinto, ma ora Umberto sa che se ne
deve andare, che il suo spazio gli e stato negato, che non ha più una camera e
una casa. Il suicidio è l’inevitabile conseguenza che gli balena alla mente. (continua)
Franco La Polla, BN
BIANCO NERO, MENSILE
DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12,
1975
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