Quando Eduardo VIII lasciò il trono, apparve nei giornali illustrati
una fotografia singolare.. Essa inquadrava un finestrino di automobile, l’ex
sovrano guardava fuori col capo poggiato sul palmo della mano aperta che gli
copriva metà del viso e un occhio, in atteggiamento né triste né lieto in cui
era però l’impressione di qualcuno che ha giocato il destino; sul fondo grigio
della tappezzeria, presso l’altro finestrino visto dall’interno, uno dei soliti
portafiori di vetro, come se ne vedono nelle automobili, occupava vuoto il
resto della scena.
Si pensi un poco ad altre scene della stessa natura: Napoleone che si
congeda dalla sua fida Guardia; Carlo Alberto rinunzia al trono, vedute con
l’arte del tempo loro. E s’immagini al confronto una storia dei nostri anni
quando sarà veduta lontana e raffigurata con l’unico materiale di cui disponga
l’epoca nostra: il materiale nuovo delle arti meccaniche per cui di un
avvenimento si può tramandare non soltanto l’immagine reale, ma insieme le voci
e i suoni e i discorsi; come è accaduto che l’ultimo appello di Eduardo si
siano stampati centinaia di dischi. Ho parlato di immagine reale, ma
inesattamente. Verso il Secondo Impero la fotografia esisteva, ma le immagini
che ci ha tramandato quel tempo risentono d’una parentela con l’arte
dell’epoca: basta dare un’occhiata ai dagherrotipi di Napoleone III o di Carlotta
del Messico per leggervi le varie tendenze della pittura di quegli anni, e non
soltanto dell’arte ufficiale che è la meno significativa, ma di quella
eccezionale, d’un Renoir per esempio.
Per tutto l’Ottocento, una uguale vena assiste ogni raffigurazione
artistica, una stessa concezione della vita, ed è tutto di ispirazione teatrale
e melodrammatica, cioè la vita è colta
nel gesto, nell’atteggiamento, al culmine del dramma e della
rappresentazione. Ne risentono ugualmente la letteratura e la poesia, la
pittura e il teatro; tutti i personaggi dell’Ottocento sono, nel miglior senso,
eroi te atrabili: don Rodrigo e padre Cristoforo, Père Goriot e Napoleone,
Garibaldi e Foscolo. La prevalenza d’un’arte in un secolo rende simili a sé
molte manifestazioni della vita. La vignetta di Napoleone che congeda la sua
Guardia o quella dell’incontro di Garibaldi e di Vittorio Emanuele al Volturno
sono in questo schema d’Opera preciso. Un capolavoro di un gusto assai
esigente, la famosa “ Fucilazione di Massimiliano “ di Manet è anch’essa
melodrammatica: il gesto dei condannati, gli spettatori come un coro sul
muricciolo: L’opera regna sovrana nel secolo XIX come la pittura domina il
Rinascimento e del Rinascimento ha il supremo equilibrio, la meditazione breve
pur troppo tra divino e umano che fu il carattere di quell’epoca.
Quel che sia accaduto tra i dagherrotipi del Secondo Impero intrisi
della tecnica del Impressionismo, e la citata fotografia di Eduardo VIII
realistica e documentaria, lo spiega l’avvento di una nuova arte che è influentissima nell’atteggiarsi del mondo contemporaneo: il cinematografo. Quella
fotografia di Eduardo VIII è cinematografo, vale a dire nata e ispirata al modo
cinematografico d’interpretare la realtà: quello è il gesto e il sentimento che
avrebbe ispirato un direttore di scena che fosse artista, e il fotografo ha
ubbidito inconsapevolmente all’estetica introdotta dal cinema nella visione del
mondo moderno.
Gli ideali della fotografia al suo nascere furono panoramici, di
complesso, con l’idea che finalmente si fosse trovata una macchina capace di
fornire immagini generali; poi tornarono questi ideali alle leggi di ogni altra
arte, alla messa in valore d’un lato eloquente e parziale della realtà. La
stessa meccanica diventava tendenziosa e personale. La fotografia ha trovato
infine nel particolare la sua estetica e direi la sua ispirazione. Il cinema ha
percorso la stessa strada. I primi film erano composti per intero di scene che oggi
chiameremmo in campo lungo. Poi si restrinsero allo studio del particolare. Il
gesto del melodramma, e di ogni forma d’arte romantica, è riapparso attraverso
le arti meccaniche. Vi sarebbe tornato ugualmente per l’esaurimento
dell’Impressionismo. A ogni modo oggi ogni forma d’arte esce dal descrittivo,
dalla sottigliezza, dal cromatismo, per rivolgersi intera all’uomo. E l’uomo è
nel suo gesto, come lo fu dai Greci al Rinascimento e all’Ottocento, cioè
azione, poiché non c’è che il gesto per trasfigurare l’uomo nell’arte.
Che questo sia tutto influsso del cinema sarebbe troppo affermare; ma
il cinema vi ha contribuito, e l’umanità d’oggi, quando cerca un paragone
dell’arte per la vita, dice “ Come al cinematografo “, al modo stesso che
nell’Ottocento, si riferiva al teatro e al melodramma.
(continua)
CORRADO ALVARO, 1937
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