Quando Un uomo sbagliato uscì sui pubblici schermi, il maccartismo era da poco spento negli Stati Uniti, dopo aver prodotto i guasti morali e materiali che tutti sappia- mo. Il film era, a suo modo, un antidoto contro la caccia alle streghe. Mostrava come sia facile, in una società inquieta e in un particolare momento storico, montare una macchinazione cinica per impadronirsi del potere e dell’animo dei pavidi, sempre pronti a urlare con i lupi e ad agganciarsi prudenzialmente al carro del vincitore. Ovviamente, lo studio della nascita di un dittatore avveniva in Un uomo sbagliato quasi << in vitro >>: collegio, insegnanti, ragazzi non erano che l’embrione di una società assai più articolata.
Jack Garfein, che è un intellettuale, ha sposato
Carroll Baker, un’attrice sofisticata ma intelligente, recluta dell'Actors' Studio,
diventata celebre d”improvviso attraverso quella singolare pellicola di Kazan
(da un testo di Tennessee Williams) intitolata Baby Doll. Le alleanze sentimentali e pratiche tra attrici e
registi son cose di tutti i giorni. In un certo senso appaiono come un fenomeno
naturale. Non c'è quindi da meravigliarsi se con quella moglie cosi dotata, il
nostro Garfein ha abbandonato i collegi militari e gli echi del maccartismo,
per gettarsi su un filone assai più sfruttato, quello delle nevrosi di origine
sessuale.
Il nuovo film ha un titolo imbroccato: Momento selvaggio. La protagonista, Mary, ha subito un’odiosa violenza che l’ha sconvolta e ferita. I genitori non ne sanno nulla e la poverina cerca di salvarsi da sola. Lascia così, senza dirne il vero motivo, la casa paterna, nell’idea che allontanarsi dai luoghi può già essere un tentativo di soluzione. Anche negli Stati Uniti, che pur per tanti lati vantano cittadini più spregiudicati di quelli dell’Europa latina, certe confessioni son difficili da rendere; e così anche là, come dicevano i nostri maestri di ginnasio, << asinus asinum fricat >›. In parole povere, Mary finisce per affidarsi a un relitto, un ubriacone ammalato di solitudine. In un film francese dell'abile maneggione Henri Verneuil non ancora giunto in Italia, Una scimmia d’inverno, si ammira `un ex- alcolizzato, Jean Gabin, che ritorna al vino rosso per amicizia di un giovane << copain >›, che è Jean-Paul Belmondo. Il film non è nulla d'eccezionale; lo riscatta l’eccezionale bravura dei due interpreti e la sincerità del testo, dovuto a quel delicato narratore che si chiama Antoine Blondin. In Francia la sbornia è allegra, dionisiaca, perciò esaltatrice; negli Stati Uniti c’è l’idea, puritana, di un'infrazione, ed è per questo che i luoghi dove si beve, in America, appaiono sempre bui e protetti da pesanti tendaggi contro l’occhio indiscreto del passante. Comunque, in Momento selvaggio, il cieco porta sulla schiena lo zoppo; Mary si allea all’ubriacone Mike e si salvano insieme. Insomma, l’amore finisce per sconfiggere l'alcool di Mike e i pessimi ricordi di Mary. Momento selvaggio è soprattutto il pretesto per mostrare le doti di una brava attrice. Carroll Baker brava lo è, ma anche Garfein è un buon regista.
1962
Pietro Bianchi, Maestri del cinema, 1972
continua ...
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