domenica 26 marzo 2017

先生




giovedì 23 marzo 2017

SETTE PERSONAGGI IN CERCA DI SPETTATORI

Abituare il pubblico a saper vedere il film

Quarta domanda: Nella “recensione” il critico quale criterio dovrebbe seguire?

LA SCALA: Sempre una critica obiettiva e spassionata.
ARENA: La critica deve essere sempre sincera. Il critico però, entrando in sala, dovrebbe abbandonare il bagaglio della sua preparazione per immedesimarsi in un qualsiasi spettatore, senza simpatie od antipatie preconcette. Insomma il critico deve spersonalizzarsi e contenere il suo giudizio entro certi limiti, senza andare a ricercare il «pelo nell'nuovo» ovverossia difetti irrilevanti, che solo una cognizione tecnica profonda può far cogliere.
STERRANTINO E CRISAFULLI: Quello che sente, mettendo sulla carta i sentimenti e le reazioni che in lui sono suscitati dalla visione del film. Tuttavia il critico non dovrebbe disdegnare di considerarsi uno spettatore qualsiasi, ricorrendo alla sua preparazione, laddove è necessario, per illuminare il lettore.
SCOZZARI: Non soltanto il racconto succinto della trama, ma anche una critica estetica; al film visto.
BELLAMACINA e CUSCINA’: Sincerità ed obiettività, senza esagerare. Insomma una critica per abituare il pubblico a saper << vedere >› il film, per contribuire ad un'educazione cinematografica dello spettatore.
LOTETA e CARNABUCI: La Critica deve essere obiettiva, chiara, semplice, scevra da intellettualismi. Cioè è indispensabile, soprattutto per far accettare agli altri il proprio giudizio.

MINACCIA DELLA TV?

Quinta domanda: La Televisione, in un prossimo domani, può togliere spettatori alle sale cinematografiche?

LA SCALA: Si. Nei primi tempi, però, una minima parte, perché l’alto costo degli apparecchi televisivi non consentirà a tutti l’acquisto. Tuttavia il cinema possiede nel “cinemascope” e nei successivi perfezionamenti l’usbergo contro ogni minaccia.
ARENA: Molto nei piccoli centri; una certa percentuale nel capoluogo. La T.V., l'ho detto anche in recenti convegni dell'AGIS, di cui sono un presidente regionale, in Italia è un serio pericolo se la nostra industria cinematografica non saprà reagire convenientemente come in America.  Il << cinemascope» è appunto l’antidoto alla T.V., il mezzo per incatenare alle sale cinematografiche quelli che sono gli spettatori tradizionali.
STERRANTINO E CRISAFULLI: Penso di si anche se l'alto costo del televisore nei primi anni limiterà il numero
degli abbonati Ma il cinema ha nella qualità, dei film e nelle realizzazioni, maestosi per dovizia di scenari e mezzi, le carte buone per contenere la minaccia. 
SCOZZARI: Non credo che potrà sottrarre una larga percentuale: Specialmente nei primi tempi, quando soltanto le classi abbienti potranno permettersi il lusso dell’apparecchio ricevitore.
BELLAMACINA e CUSCINA’: Si. E' uno spettacolo che può distrarre, seduti comodamente in casa. Perciò il «cinema ›› ha preso la contromisura: il << cinemascope ». «La Tunica» ha riportato un grosso successo e convincerà che dopotutto non si può abbandonare il «vecchio» cinema

LOTETA e CARNABUCI: La T. V. in un primo tempo toglierà spettatori al cinema come a tutti gli altri spettacoli, ma dopo il primo periodo di curiosità; l’afflusso del pubblico al cinema tornerà normale.

 Gazzetta del Sud  Martedì 16 marzo 1954

mercoledì 22 marzo 2017

Ieirofania e cratofania in Stanley Kubrick


Nel documentario Dio è il regista, nel film il regista è Dio. (Alfred Hitchcock)

ln 2001: A Space Odissey [1965-68) di Stanley Kubrick, più o meno direttamente ispirato al romanzo “Childood's End” di Arthur C. Clarke, molti si sono chiesti corsa significhi il monolito nero che si vede ricorrere più volte nel film, a sollecitare le successive fasi dell'evoluzione dell'umanità. Si le assistito così a tutta una proliferazione di conati interpretativi, la maggior parte dei quali hanno scomodato la divinità. Ma la risposta è un'altra. Forse è stata la sua evidenza a provocare effetti di accecamento.
Un bicchiere cade al suolo dal quale trapela la luce e provoca un gesto di raccolta da parte di David Bowman (Keir Dullea), ormai giunto al termine del Viaggio, al cospetto del proprio Doppio morente. È seguendo questo gesto lentissimo e circospetto che scopriamo l'ultimo dei suoi « lo », vecchissimo le fetale, colto nel gesto con cui si stabilisce o ci si separa da qualcosa; al termine di questo movimento scopriamo il monolito nero, a fianco del capezzale dell'Ultimo Uomo, quale fattorie di una nuova rinascita. La macchina da presa non si lascia intimidire e punta dritta su «di esso [si vedrà che non è il caso di chiamarlo Lui] con una carrellata in avanti. Adesso, quando in campo c'è solo il monolito nero, la sua superficie coincide con quella dello schermo rabbuiatosi all'improvviso [come in un « fondu ››]. Subito dopo lo schermo nero, e cioè la superficie del monolito [dato che non ci sono stati stacchi o altri « fiat ››], si riaccende per effetto dell'apparizione di innumerevoli stelle luccicanti. È in questo momento che sorge I' immagine di ciò che è andato maturando: l'Uomo Nuovo nato da un atto di auto-creazione davvero perfezionistica in quanto frutto di vicissitudini interamente umane. Ecce Homo.
È nella conclusione del film che finalmente si mostra cosa sia il monolito nero; una dissolvenza in nero, un elemento di notazione cinematografica, un effetto della scrittura cinematografica. Anche qui l'unica intrusione tollerata da pane della divinità è quella del Regista-Dio-Demiurgo. la cui apparizione è garantita dalla connotazione della macchina da presa di attributi [fenomeno che si era già riscontrato nelle analogie tra macchina da presa e Macchina dei Tempo in Wells) che ne fanno la più mondana e secolarizzata delle ieirofanie e cratofanie.
Franco Ferrini, in BN fascicolo 3/4, 1974

lunedì 20 marzo 2017

Concettualizzare i sentimenti, Sentimentalizzare i concetti

La musica di un film può anche essere pensata prima che il film venga girato (cosi come se ne pensano i volti dei personaggi, le inquadrature, certi attacchi di montaggio ecc.): ma è solo nel momento in cui viene materialmente applicata alla pellicola, che esso nasce in quanto musico del film. Perché? Perché l'incontro e l'eventuale amalgama fra musica e immagine ha caratteri essenzialmente poetici, cioè empirici.
Ho detto che la musica si “applica” al film: è vero, in moviola l'operazione che si compie è questa. Ma l'“applicazione” può essere fatta in vari modi, secondo varie funzioni.
Lo funzione principale è generalmente quella di rendere esplicito, chiaro, fisicamente presente il tema o il filo conduttore del film. Questo tema o filo conduttore può essere di tipo concettuale o di tipo sentimentale. Ma per la musica ciò è indifferente: e un motivo musicale ha la stessa forza patetica sia applicata a un tema concettuale che o un tema sentimentale. Anzi, la sua vera funzione è forse quella di concettualizzare i sentimenti (sintetizzandoli in un motivo) e di sentimentalizzare i concetti. La sua è quindi una funzione ambigua (che solo nell‘atto concreto si rivela, e viene decisa): tale ambiguità funzione della musica è dovuta al fatto che essa è didascalica e emotiva contemporaneamente.
Ciò che essa aggiunge alle immagini, o meglio, la trasformazione che esso opera sulle immagini, resta un fatto misterioso, e difficilmente definibile.
Io posso dire empiricamente che ci sono due modi per “applicare” la musica alla sequenza visivo, e quindi di darle “altri” valori.
C'è “un’applicazione orizzontale e un’applicazione verticale.
L’applicazione orizzontale si ha in superficie, lungo le immagini che scorrono: è dunque uno linearità e una successività che si applica a un'altra linearità e successività.  In questo caso i “valori” aggiunti sono valori ritmici e danno un'evidenza nuova, incalcolabile, stranamente espressiva, ai valori ritmici muti delle immagini montate.
L’applicazione verticale (che tecnicamente avviene allo stesso modo), pur seguendo anch'essa, secondo linearità e successività, le immagini, in realtà ha la suo fonte altrove che nel principio: esso ho lo suo fonte nella profondità. Quindi più che sul ritmo viene od agire sul senso stesso.
I valori che essa aggiunge ai valori ritmici del montaggio sono in realtà indefinibili, perché essi trascendono il cinema, e riconducono il cinema alla realtà, dove lo fonte dei suoni ha appunto una profondità reale, e non illusoria come nello schermo. In altre parole: le immagini cinematografiche, riprese dalla realtà, e dunque identiche alla realtà, nel momento in cui vengono impresse su pellicola e proiettate su uno schermo, perdono la profondità reale, e ne assumono una illusoria, analoga a quella che in pittura si chiama prospettiva, benché infinitamente più perfetta.
Il cinema è piatto, e lo profondità in cui si perde, per esempio, una strada verso l'orizzonte, è illusoria. Più poetico è il film, più questa illusione è perfetta. La suo poesia consiste nel dare allo spettatore l'impressione di essere dentro le cose, in uno profondità reale e non piatta (cioè illusoria). Lo fonte musicale - che non è individuabile sullo schermo - e nasce da un “altrove" fisico per suo natura “profondo” ~ sfonda le immagini piatte, o illusoriamente profonde, dello schermo, aprendole sulle profondità confuse e senza confini della
vita.
Pier Paolo Pasolini

Nota allegata all’album GM del 1983 Morricone – La musica nel cinema di Pasolini


domenica 19 marzo 2017

SETTE PERSONAGGI IN CERCA DI SPETTATORI





Le pellicole più ricercate e l’influenza della critica.
PRIMA DOMANDA - Quale film nel suo locale dall’inizio della presente stagione cinematografica ha incontrato maggior successo di cassetta?
LA SCALA: Pane, amore e fantasia, della Titanus, diretto da Comencini, che ha battuto la giornata record con 804.940 lire di incasso e con un introito complessivo, nelle 13 giornate di programmazione, di 4 milioni 500 mila 940 lire.
ARENA:al Garden il Quo Vadis della M.G.M.,diretto da Mankiewkiz (*), con undici giorni di programmazione, in contemporanea con altro locale, e con un introito di 3 milioni 725 mila lire. All’Aurora Peter Pan, di Walt Disney; con sette giorni: 1 milione 430 mila lire di incasso.
CRISAFULLI e STERRANTINO: Gli uomini che mascalzoni, che in cinque giorni ha fruttato 935 mila lire.
SCOZZARI: L’uomo, la bestia e la virtù, diretto da Steno e Monicelli, che ha tenuto cartello per sei giorni con un incasso di 1 milione e 600 mila lire.
BELLAMACINA e CUSCINA’: Il Quo Vadis della M.G.M.,dieretto da Mankiewkiz (*), che è stato proiettato nel nostro locale per quindici giorni, di cui 11 in contemporanea aon altra sala registrando un incasso di 5 milioni e 613 mila lire.
LOTETA e CARNABUCI: il  Giulio Cesare della M.G.M., diretto da Mankiewkiz, visto da 14 mila 618 persone.
(*) In realtà fu diretto da Mervin Le Roy.

SPETTATORI RAFFINATI
Seconda domanda: Che “genere” il pubblico messinese preferisce?
LA SCALA: Generi vari a seconda del livello culturale degli spettatori.
ARENA: Come tutti i pubblici d’Italia, anche quello della nostra città ha gusti variabili. Se s’insiste offrendo sempre un “tipo” di spettacolo passionale o giallo lo spettatore si stanca e cambia locale. Però si riscontra che a Messina, dopo la guerra, gli spettatori sono smaliziati ed esigono film di una certa levatura.
CRISAFULLI e STERRANTINO: Film soprattutto di una certa consistenza perché è indubbio che  Messina è una città evoluta ed una larga percentuale di persone colte costituisce l’elite della nostra clientela.
SCOZZARI: Io reputo che ogni film debba essere funzionale al genere di clientela che abitualmente affolla la sala sicché dai gusti degli spettatori di un dato locale non si può trarre una conclusione valida per tutti.
BELLAMACINA e CUSCINA’: Il dramma passionale, tipo Catene o Perdonami. Anche il genere comico – soprattutto Totò – attira masse di spettatori. Pure Rascel ha il suo pubblico Attanasio cavallo vanesio ha ottenuto buoni risultati.
LOTETA e CARNABUCI: Pur non mostrando una particolare preferenza, il pubblico messinese è maggiormente attratto da quei film che hanno uno spiccato contenuto morale e umano.

La terza domanda La “critica” dei quotidiani influenza lo spettatore? Non è stata recepita dai sette personaggi in cerca di spettatori, o forse, il signor Calarco l’ha bannata di suo! Figuriamoci non ha azzeccato neanche il titolo!


Inchiesta curata da Nino Calarco
Gazzetta del Sud  Martedì 16 marzo 1954

giovedì 16 marzo 2017

mercoledì 15 marzo 2017

Silenzio, per favore, si gira

...Chiese a un poliziotto dello studio dove stessero girando e questi gli disse al teatro in fondo. Si avviò subito in quella direzione. Passò un plotone di corazzieri, omaccioni montati su cavalli giganteschi.
Tod sapeva che dovevano essere diretti dalla stessa parte e li segui. I corazzieri si lanciarono al galoppo e ben presto fu distanziato.
Il sole era molto caldo. Tod si sentiva bruciare gli occhi e la gola per via della polvere sollevata dagli zoccoli dei cavalli, la testa gli scoppiava. L‘unico lembo d'ombra che gli riuscì di trovare fu sotto un transatlantico di tela dipinta e barche di salvataggio vere appese agli argani. Se ne stette in quell'ombra esigua per qualche tempo, poi prosegui verso una grande sfinge di cartapesta, alta una quindicina di metri, che sorgeva in distanza. Per raggiungerla fu costretto ad attraversare un deserto, un deserto che andava costantemente allargandosi grazie a una flotta di camion che scaricavano sabbia bianca. Aveva fatto solo pochi passi quando un uomo col megafono gli ordinò di filare.
Costeggiò il deserto facendo un ampio giro sulla destra e capitò in una via del Far West, col marciapiedi di tavolato. Sulla veranda del “Bar dell'Ultima Occasione” c'era una sedia a dondolo. Tod sedette e accese una sigaretta.
Di là vedeva un pezzo di giungla con un bufalo legato a una capanna di frasche conica. Ogni poco l’animale mandava un lamento musicale. Improvvisamente un arabo passò alla carica su uno stallone bianco. Tod gridò, ma l’uomo non rispose. Un po’ più tardi vide un autocarro carico di neve e di cani da slitta. Gridò di nuovo. L'autista gli gridò qualcosa in risposta ma l‘uomo non si fermò.
Tod gettò la sigaretta e passò per la porta a molla del bar. L’edificio non aveva che la facciata, sicché egli venne a trovarsi in una via di Parigi. La seguì fino in fondo e giunse in una piazza romantica. Senti voci non lontane e si avviò in quella direzione. Su un prato di fibre un gruppo di uomini e donne in abiti da equitazione stavano facendo colazione. Mangiavano vivande di cartone davanti a una cascata di cellophane. Tod si diresse verso di loro per chiedere la strada, ma un uomo lo fermò con un cartello che ammoniva: “Silenzio, per favore, si gira”.

 NATHANAEL WEST, II giorno della locusta, 1939