Il
"supercolosso" Ben Hur
Ma l’ambizioso progetto di Goldwyn, accantonato
solo per ragioni pratiche, non poteva restare a lungo negletto: rinsanguata dagli
ultimi incassi
e
ormai in piena ascesa, la M.G.M. rilevò il romanzo di Wallace e decise di produrre con Ben Hur il più grande film di
tutti i tempi. Messa da
parte
June Mathis il cui prestigio –
dopo l'affare Stroheim - si era
notevolmente affievolito, la sceneggiatura e
la supervisione del film furono affidate a Carey Wilsonm e Bess Meredyth, e
la regia a Fred Niblo.
Per il ruolo del protagonista, una volta scartata
la candidatura di Valentino, ancora impegnato con la Paramount (per il quale la Mathis - non potendo fare altro -
scriveva intanto lo scenario di The Young Rajah), venne finalmente
prescelto Ramon Novarro, già affermatosi da qualche anno, ma che con questo
film divenne celebre in tutto il mondo. La lavorazione di Ben Hur - svoltasi in parte
in Italia, proprio nel momento più critico della nostra cinematografia - durò la bellezza di tre
anni,
e il
film, il cui costo complessivo si aggirò sui due milioni di dollari, sembrò davvero
aver superato in grandiosità ogni precedente: la sola scena dello stadio, con la
celebre corsa delle bighe (realizzata interamente a Culver City, non a Roma)
venne a costare circa duecentocinquantamila dollari. La nobiltà del tema, la
persuasiva lentezza del racconto accompagnato da solenni ed
edificanti didascalie, l'efficacia spettacolare di non poche sequenze, il fasto
della grandiosa ricostruzione, riuscirono per vari anni a mascherarne le intime pecche: superficialità
dei personaggi, schematica meccanicità degli sviluppi ·drammatici, ingenuità
di troppi particolari, facilon dell'ambientazione. E Ben Hur, con gli
stomachevoli contorcimenti della serpentina Carmel Myers in parrucca al platino, incaricata di
insidiare la virtù del protagonista, nonché con gli spaventosi colori da libro da messa
delle scene della " Via Crucis " (nelle quali tuttavia la figura del Cristo veniva prudentemente
presentata di spalle o al margine del fotogramma), passò sugli schermi di tutto
il mondo come un
autentico capolavoro. L'unica sequenza che in qualche modo meritasse un elogiò incondizionato,
per il travolgente impeto di certe riprese e per lo studiatissimo ritmo del montaggio, era' in realtà quella,
già citata - e rimasta
del resto famosa – della corsa delle bighe, con la gara fra Ben Hur e Messala
(impersonato dall'ex-rubacuori Francis X. Bushman, ormai passato ai ruoli di "vilain"), ma il cui divertito crescendo
sembrò sempre derivare, - almeno secondo i competenti - da una sequenza analoga
della Messalina
(1923)
di Guazzoni, che Niblo aveva sicuramente già visto in Italia. Ben Hur venne comunque presentato
al pubblico americano dopo un lancio colossale, solo ai primi del 1926 e in Europa
e in Italia giunse ancora più tardi, e addirittura in un'edizione sonorizzata:
del film circolano ancora oggi copie in formato ridotto, private delle
didascalie e puntellate da un "emphasising" quanto noioso commento parlato. A proposito del colore introdotto in alcune
sequenze di questo film, va ricordato come la M.G.M. sia stata la prima
casa di Hollywood a dare credito al Technicolor - ancora in bicromia - del dottor Kalmus, distribuendo anzitutto il primo film
realizzato col sistema sottrattivo, The ToH of the Sea (1922), che recava persino la firma di Joseph
Schenck quale supervisore, quindi tutta una serie di cortometraggi a soggetto, e infine The Viking (I Vikinghi, 1929), l'ultimo film muto a colori (ma presentato sonorizzato), prodotto, come i precedenti, dallo stesso Kalmus. (continua)
FAUSTO MONTESANTI
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10 NOVEMBRE
Nella prima foto Carmel Myers e Ramon Novarro, nella seconda Novarro e Francis X. Bushman.
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