Il fenomeno del divismo
non ha raggiunto i
registi
«La finestra sul luna
park» l’ultimo film da lui diretto - Esordì
con documentari, uno
dei quali gli procurò il «Nastro d'argento»
Roma, febbraio
QUANDO Comencini non è dietro la macchina da presa e non
lavora alla sceneggiatura di un film o alla moviola in una sala di montaggio, è
materialmente impossibile trovarlo. Inutile telefonargli a casa. Risponderanno
che non c'è e che non sanno quando ritorna. E se qualcuno si illude di
incontrarlo in via Veneto o nei salotti mondani della capitale, perde
inutilmente il suo tempo. La verità è che questo regista tanto dinamico ed
eclettico ha sempre qualcosa cui pensare. Se talvolta egli si concede brevi
pause di riposo in compagnia di amici, non si mette mali come suol dirsi, in
vetrina, ma trova il modo di isolarsi, stando lontano dai soliti pettegolezzi
sul mondo cinematografico.
Per parlargli è stato necessario andarlo a scovare nella
sala di uno stabilimento, dove seguiva il lavoro di sincronizzazione di «La
finestra sul luna park», il tuo ultimo film con Giulio Rubini, Gastone
Renzelli, Pierre Trabaud ed altri. Dapprima. Comencini non voleva saperne di
concedere interviste, anche perché - come egli dice - il tentacolare divismo
dei nostri giorni per fortuna non ho ancora raggiunto i registi, e quindi il miglior modo per stabilire un confidenziale
colloquio col pubblico o pur sempre rappresentato dai loro film. Tuttavia le
parole sono un pò come le ciliegie. Una tira l'altra.
L'ormai celebre regista di «Pane, amore e... fantasia» e
«Pane,` amore e... gelosia», sul cui esito positivo è superfluo dilungarsi in
quanto gli stessi film hanno battuto il record degli incassi, toccando
rispettivamente l’iperbolica cifra di circa un miliardo e mezzo -- ha vissuto
per molti anni a Parigi dove si laureò in architettura. Egli confessa però che
fin dagli anni del liceo aveva cominciato ad interessarsi attivamente di
cinema, sognando di dedicarsi alla regia. Un sogno piuttosto singolare ed ambizioso,
ma destinato comunque a realizzarsi. Prima di affrontare la macchina da presa,
Comencini si dimenticò di essere architetto e svolse altre attività: tra
l'altro fece anche il giornalista, come inviato speciale e fotoreporter dei
settimanale «Tempo».
Esordi quindi con alcuni documentari, il primo dei quali gli
valse un «Nastro d'argento» nel 1946. E dai documentari ai film il passo è
-relativamente breve. Due anni dopo, infatti, egli diresse «Proibito rubare»,
cui seguirono «Persiane chiuse». I due film con la Bersagliera ed il maresciallo
Carotenuto, e «La bella di Roma», fino a «La finestra sul luna Park», la sua
ultima fatica che ora il regista
definisce una storia in chiave romantica fatta di amore e di vicende
profondamente umane tra gente umile, non priva di momenti umoristici e guai.
Convinto che è un errore distinguere a priori il genere dei films
in «drammatico», «comico» o «sentimentale», in quanto uno stesso racconto
cinematografico può contenere, alternandole, le caratteristiche di ognuna di
queste definizioni. Comencini dice tra l'altro: «Credo che per realizzare dei
buoni film, atti a suscitare l’emozione e la commossa, o divertita curiosità
del pubblico, bisogna tendere alla narrazione di fatti che appartengono un pò
alla vita di tutti i giorni. Ma occorre anche inserirsi, specie per quanto riguarda il nostro pubblico, nel costume
tipicamente italiano, in modo che lo spettatore possa riconoscersi in certi
personaggi. Questi miei intendimenti sono validi soprattutto per la «Finestra
sul luna park» che ritengo sia il mio film migliore e più impegnativo, anche perché
non mi sono valso di interpreti dai nomi molto celebri e altisonanti, ma ho
cercato di mettere a fuoco il carattere dei singoli personaggi ed i motivi umani che ne informano la storia commovente e
suggestiva...».
Di fronte all'imperversare di soggetti cinematografici
impostati sull'eterno richiamo del sex-appeal, questa volta Comencini ha
ritratto una vicenda estremamente semplice, «pulita», che ha una sua implicita morale.
«Protagonista di questo dramma a lieto fine - dice il regista
- è un bambino di sette anni. Sua madre, Ada, muore in un incidente stradale. Era la moglie di Aldo, un
operaio che da anni lavora all'estero. Tornato a casa. per i funerali, egli non
riesce ad accattivarsi la simpatia del piccolo Mario, suo figlio, il quale si
mostra. invece affezionato ad un certo Righetto, che dorme nel magazzino e fa
un pò tutti i mestieri. Convinto di essere stato sempre un buon padre, Aldo ora
sta per ripartire, ma prima intende mettere in un orfanatrofio il bambino.
Questi però confessa a Righetto che scapperà di casa se il padre persisterà
nella sua idea. Nel frattempo la gelosia di Aldo per Righetto, che gode tutto
l'affetto di suo figlio, sfocia in una scena violenta, alimentata dal dubbio
che tra quest'uomo e sua moglie vi sia stato qualcosa di poco chiaro. Ma tale
sospetto scompare subito, per evidenti ragioni. Ora però, di fronte alla
minacciata fuga del bambino, Righetto affronta coraggiosamente il padre. Gli fa
intendere che anziché rinchiudere Mario in collegio, deve stargli vicino e
guadagnarsene l'affetto. Gli confessa inoltre che tra lui e la donna scomparsa
vi era semplicemente della simpatia, per il fatto che si occupavano in due
dello stesso bambino. La aveva aiutata, come un devoto servitore alleviandone
le preoccupazioni e la solitudine. Così «La finestra sul luna park» si conclude
felicemente: il padre si rende conto che non è troppo tardi per riconquistare
l’affetto del figlio.
Quando parla del suo lavoro, il regista Comencini sembra
vivere in un altro mondo. Per lui esiste soltanto quella determinata vicenda e quei personaggi di cui parla
con tanto calore e convinzione come se fossero reali. Ne descrive talvolta
anche le più riposte sfumature e, ciò che più importa, li rende credibili a
tutti gli effetti. Attualmente tra i suoi progetti c'è un film tratto da due
racconti di Moravia, che sarà interpretato da Anna Magnani. Appena si trova
alle prese con un nuovo film che intende realizzare, egli corregge e rifà più
volte la sceneggiatura. Nulla e nessuno potrebbero mai distoglierlo da questo suo
lavoro. Poi tutto questo tormento creativo esplode con il primo giro di
manovella. Allora Comencini riprende la sua calma l’abituale buon umore che lo
distingue. Ogni singolo fotogramma prima ancora che sulla pellicola della
macchina da presa è ormai fissato sullo schermo della sua estrosa e poetica fantasia.
Piero Pressenda
GAZZETTA DEL SUD, 28 febbraio 1957
In apertura Luigi Comencini ed Eleonora Rossi Drago sul set di Persiane chiuse del 1951