lunedì 17 febbraio 2020

Indimenticabile Folco Lulli



FOLCO LULLI PUO’ ESSERE CONSIDERATO COME UNA CREATURA DEL NEOREALISMO CINEMATOGRAFICO
Ha una «maschera» che non si dimentica
La produzione italiana non ha mai valorizzato l’attore e le sue vere possibilità
I migliori film li ha fatti all'Estero
Roma, agosto
Nel caleidoscopico mondo del cinema c'è posto per tutti. Non è no detto, ad esempio, che per quanto riguarda gli omini occorra essere il «bello» della situazione ad ogni costo, né tanto meno che le solite ammiratrici debbano comunque coricarsi con la vostra fotografia sotto il cuscino. La verità. è che in certi casi, dovendo fare affidamento soltanto sul proprio talento drammatico e sulla propria maschera che non sempre riscuote, agli effetti personali, l’unanime entusiasmo del pubblico, la carriera di un attore diventa più difficile, meno soggetta, insomma, agli estrosi capricci di una fortuna che dal punto di vista critico difficilmente si giustifica. In compenso si hanno maggiori soddisfazioni, come avviene appunto nel caso del nostro Folco Lulli, attore popolare e intelligente, che la produzione italiana non ha sempre valorizzato secondo le sue vere possibilità.
Folco Lulli, come attore, è nato nel dopoguerra. Lo si può definire una creatura del neorealismo, in quanto è stato preso, come si usa dire in gergo cinematografico, dalla strada. Debuttò nel film «Il bandito» e in breve tempo si rese conto che per recitare di fronte alla macchina da presa con efficacia e convinzione, occorre essere veramente preparati. Di qui il tormento che lo perseguitò nei primi anni e la insaziabile sete di cultura agli effetti drammatici che lo distinse, inducendolo a ridurre ai minimi termini il sonno per leggere e studiare tutto ciò che riteneva potesse tomargli utile. Tuttavia queste sue buone intenzioni non gli impedirono di partecipare all'interpretazione di films, che da un punto di vista prettamente artistico lasciavano molto a desiderare. D'altra parte il cinema ha le sue esigenze commerciali, che spesso dettano legge a produttori e registi, e di fronte alle quali vengono meno anche i migliori propositi di un attore. Così tra un film notevole ed un altro meno buono, trascorsero i primi anni della carriera di Folco Lulli, il quale attendeva sempre la buona occasione per mettere in piena evidenza il suo talento.
Clouzot, il grande e diabolico regista francese, ebbe la opportunità di incontrarsi con Folco Lulli sulla costa azzurra quando stava scegliendo gli interpreti di «Vite vendute». Osservò attentamente l'attore italiano e fu colpito specialmente dalla sua maschera; una maschera - egli disse -- che non si dimentica. Il resto è noto, dal clamoroso successo internazionale del film alla popolarità di Folco Lulli che finalmente il pubblico imparò veramente a conoscere. Da allora numerosi registi stranieri gli hanno fatto sostenere i ruoli più disparati, ma sempre in carattere con la sua maschera che ha una mobilita espressiva non comune. Essa si presta, intatti, alla caratterizzazione di personaggi tanto diversi, dal rude e semplice contadino al criminale incallito, dall’uomo sempre ingenuo e ricco di buon umore all’individuo subdolo, calcolatore e arrivista.
In questa ultimi tempi Folco Lulli ha interpretato diversi films all'estero, in Francia, Germania e Spagna. Uno dei lavori ai quali si dice particolarmente affezionato è «Ritorno alla vita», una vicenda intensamente drammatica e umana, nella quale ha avuto a fianco la grande attrice tedesca Lida Baarova che dopo una lunga parentesi di attività teatrale è finalmente rientrata nel mondo cinematografico, Alberto Closas, il noto protagonista di «La morte di una ciclista», Josephine Kipper ed altri, sotto la direzione del regista spagnolo Nieves Conde. Com'è noto, questo film nel quale Lulli sostiene un ruolo molto incisivo e stato premiato al festival di S. Sebastiano per la regia, la sceneggiatura e l’interpretazione. Fatta questa premessa, si spiega facilmente l’entusiasmo che dimostra il nostro attore nel parlarne, tratteggiandone la vicenda. «Ritorno alla vita» narra di tre uomini che dopo avere scontato in carcere le rispettive condanne rientrano nella società. Julian un medico condannato in seguito ad un incidente professionale, non crede più nella sua abilità di chirurgo. Nicola, malgrado la sua giovane moglie gli sia rimasta fedele, trova molte difficoltà nel riprendere la vita normale. Iniesta, un tipo allegro e non più giovane, beve per dimenticare suoi guai. I tre hanno appena lasciato il carcere e viaggiano, di notte sul treno, dove un bambino, ammalatosi gravemente, dovrebbe essere operato d’urgenza. Il treno è fermo in mezzo alla campagna bloccato da una bufera di neve. Mentre gli altri viaggiatori e i suoi stessi compagni vivono tutta l’angoscia del momento, Julian appare estraneo al dolore del bambino e alla disperazione di sua madre. Egli non vuole più fare il chirurgo, ma dopo una sequenza oltremodo suggestiva e drammatica, risolve finalmente il suo assillante problema e senza ulteriori indugi opererà felicemente il bambino.
Folco Lulli è un uomo estremamente semplice, modesto, amante della conversazione. Quando gli impegni della macchina da presa glielo permettono, egli siede sovente ai tavolini di un bar di via Veneto, frequentato da giornalisti e scrittori tra i quali conta molti amici. Sorride sempre Folco Lulli e appare informatissimo su tutto e su tutti, ma si astiene dal fare qualsiasi pettegolezzo. E' innamorato della Spagna e della sua gente. Dice che a Madrid si sente un poco come a casa sua perché là tutti lo conoscono e gli vogliono bene. Nonostante in molti films abbia tatto il «duro», in realtà egli è l’essere più mansueto e generoso che ci si possa immaginare, al punto che una sola goccia di sangue sia pure artificiale, cioè fatta appositamente dal truccatore per esigenze di scena, lo infastidisce. Ma se il regista di un suo film gli ordina di comportarsi in un determinato modo, egli diventa aggressivo e violento, pronto ad uccidere freddamente chiunque si oppone alle sue mire ed ambizioni, precedentemente stabilite dalla sceneggiatura del personaggio che interpreta.
Piero Pressenda
GAZZETTA DEL SUD 14 agosto 1957


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