Il
trionfo della "Grande Parata,,
Fra i registi giovani e "buoni a tutto fare" sui quali l'executive
producer poteva con sicurezza
fare assegnamento, ve n'era in quell'epoca
uno che conosceva a fondo il mestiere, King
Waltis Vidor, il quale aveva cominciato giovanissimo a lavorare nel cinema, dirigendo il silo primo film nel 1918.
Nativo del Texas, semplice e tranquillo, si era già segnalato alla Vitagraph e alla First National, nonché da Goldwyn e alla
prima "Metro", come un diligente esecutore, privo di una
spiccata personalità ma pieno i
intuito nel
dirigere gli attori: da Laurette Taylor a Virginia Valli, da Aileen Pringle a Will
Rogers. A un certo momento Irvinb Thalberg gli affidò un
soggetto di Laùrence Stallings, la storia di un americano qualunque
travolto dalla grande guerra, suggerendogli di farne un'esaltazione dell'intertevento degli Stati Uniti nel conflitto. Lo stesso Vidor non
doveva nutrire eccessiva fiducia nell'esito commerciale di un film imperniato
su un argomento del genere (basti pensare all'insuccesso dei troppi film bellici nell'immediato dopoguerra) se è vero - come si racconta - che
egli rifiutò una cointeressenza finanziaria nella produzione.
Ma quando The Big Parade (La grande parata, 1925) apparve sugli schermi d'America, gli scettici dovettero
ricredersi poiché il pubblico decretò al
film un successo senza
precedenti. Nella sola New York esso tenne il cartellone
per ben novantasei settimane consecutive, e la stampa specializzata lo classificò
fra le opere più grandi di tutta la storia del cinema. Quando poi The
Big Parade giunse in
Europa, nonostante qualche risentimento locale (specie in Gran Bretagna)
per l'impostazione nazionalistica del film secondo la quale la guerra sembrava essere
stata vinta solo dalle truppe americane, fu il trionfo.
John Gilbert e Renée Adorée divennero
stelle internazionali, King Vidor uno dei maggiori registi americani del
momento e
la Metro Goldwyn Mayer una ditta di primissimo ordine, impegnata
a produrre non solo film commerciali ma anche autentiche
opere d'arte, le quali onoravano il cinematografo. In realtà The Big Parade, che pure rientrava nella
migliore tradizione realistica del cinema americano e risentiva ad esempio della benefica
influenza di Griffith (basti pensare a Isn't Life Wonderful?, realizzato
in Germania e presentato poco prima,
nel 1924), era un'opera romantica e superficiale, impregnata di facile retorica e di detestabili sentimentalismi: ma furono proprio questi
elementi deteriori, forse, dovuti non tanto al talento di Vidor che si rivelava
in pieno anche nei momenti più discutibili, quanto alla furberia di Thalberg
a determinarne il successo. Vidor stesso, in seguito, dovette ammettere che ad esempio la scena più
famosa del film, quella in cu la ragazza
francese si aggrappa al soldato americano per impedirgli di partire per il fronte, riusciva - è vero - a "strappare le lacrime", ma
era essenzialmente il frutto di un
compromesso. Di ben altro
vigore era tuttavia la sequenza della marcia dei soldati nella foresta, narrata
con un esemplare crescendo, attraverso un accorto e cosciente uso del
montaggio. Il successo del film si rinnovò comunque anche a distanza di anni:
ricordo che ancora nel 1935, in Italia, ne circolava un'edizione sonorizzata
che all'intensità della sequenza citata, ad esempio, aggiungeva la spettacolare suggestione degli
elementi sonori. (continua)
FAUSTO MONTESANTI
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10 NOVEMBRE
Nella seconda foto, è riconoscibile al centro, in piedi, King Vidor mentre dirige i protagonisti in una scena d'amore in esterni. Nella terza John Gilbert e Renée Adorée in una scena del film medesimo.
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