venerdì 14 febbraio 2020

Un leone a Culver City - The big parade



Il trionfo della "Grande Parata,,

Fra i registi giovani e "buoni a tutto fare" sui quali l'executive producer poteva con sicurezza fare assegnamento, ve n'era in quell'epoca uno che conosceva a fondo il mestiere, King Waltis Vidor, il quale aveva cominciato giovanissimo a lavorare nel cinema, dirigendo il silo primo film nel 1918.
Nativo del Texas, semplice e tranquillo, si era già segnalato alla Vitagraph e alla First National, nonché da Goldwyn e alla prima "Metro", come un diligente esecutore, privo di una spiccata personalità ma pieno i
intuito nel dirigere gli attori: da Laurette Taylor a Virginia Valli, da Aileen Pringle a Will Rogers. A un certo momento Irvinb Thalberg gli affidò un soggetto di Laùrence Stallings, la storia di un americano qualunque travolto dalla grande guerra, suggerendogli di farne un'esaltazione dell'intertevento degli Stati Uniti nel conflitto. Lo stesso Vidor non doveva nutrire eccessiva fiducia nell'esito commerciale di un film imperniato su un argomento del genere (basti pensare all'insuccesso dei troppi film bellici nell'immediato dopoguerra) se è vero - come si racconta - che egli rifiutò una cointeressenza finanziaria nella produzione.



Ma quando The Big Parade (La grande parata, 1925) apparve sugli schermi d'America, gli scettici dovettero ricredersi poiché il pubblico decretò al film un successo senza precedenti. Nella sola New York esso tenne il cartellone per ben novantasei settimane consecutive, e la stampa specializzata lo classificò fra le opere più grandi di tutta la storia del cinema. Quando poi The Big Parade giunse in Europa, nonostante qualche risentimento locale (specie in Gran Bretagna) per l'impostazione nazionalistica del film secondo la quale la guerra sembrava essere stata vinta solo dalle truppe americane, fu il trionfo. 


John Gilbert e Renée Adorée divennero stelle internazionali, King Vidor uno dei maggiori registi americani del momento e la Metro Goldwyn Mayer una ditta di primissimo ordine, impegnata a produrre non solo film commerciali ma anche autentiche opere d'arte, le quali onoravano il cinematografo. In realtà The Big Parade, che pure rientrava nella migliore tradizione realistica del cinema americano e risentiva ad esempio della benefica influenza di Griffith (basti pensare a Isn't Life Wonderful?, realizzato in Germania e presentato poco prima, nel 1924), era un'opera romantica e superficiale, impregnata di facile retorica e di detestabili sentimentalismi: ma furono proprio questi elementi deteriori, forse, dovuti non tanto al talento di Vidor che si rivelava in pieno anche nei momenti più discutibili, quanto alla furberia di Thalberg a determinarne il successo. Vidor stesso, in seguito, dovette ammettere che ad esempio la scena più famosa del film, quella in cu la ragazza francese si aggrappa al soldato americano per impedirgli di partire per il fronte, riusciva - è vero - a "strappare le lacrime", ma era essenzialmente il frutto di un compromesso. Di ben altro vigore era tuttavia la sequenza della marcia dei soldati nella foresta, narrata con un esemplare crescendo, attraverso un accorto e cosciente uso del montaggio. Il successo del film si rinnovò comunque anche a distanza di anni: ricordo che ancora nel 1935, in Italia, ne circolava un'edizione sonorizzata che all'intensità della sequenza citata, ad esempio, aggiungeva la spettacolare suggestione degli elementi sonori. (continua) 
FAUSTO MONTESANTI
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10 NOVEMBRE 

Nella seconda foto, è riconoscibile al centro, in piedi, King Vidor mentre dirige i protagonisti in una scena d'amore in esterni. Nella terza John Gilbert e Renée Adorée in una scena del film medesimo.

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