mercoledì 11 dicembre 2019

Emilio "el Indio" Fernández - Lirico ed ingenuo

Si è dunque visto che la nota più genuina dell’ispirazione di Fernandez è nella scoperta d'un paesaggio. Questo paesaggio in tutte le sue accezioni - è da Fernandez sentito in una dimensione essenzialmente lirica. Fernandez tende spontaneamente a parlare per miti, a trasporre la materia narrativa su un piano lirico. Anche i dati razionali della sua ispirazione si avvolgono d'un'aria di favola e si risolvono in un disegno semplicistico che ha il colore del mito: assunti etici, sociali, pedagogici, si congelano in uno schematismo insistito ed ingenuo (di qua i buoni, di là i cattivi, i ricchi e i poveri, ecc.) che risponde ad un' impulso di semplificazione d'ordine essenzialmente fantastico tipico del temperamento indio. Un volta Figueora a chi gli obbiettava questo lirismo mitico di cui si caricano nei suoi film certi contenuti rivoluzionari o, come si suole dire da noi, progressivi, rispose che solo così si può far vibrare l’anima sognante degli indios. E' una risposta scultorea che dovrebbe dar da pensare a certi propagandisti politici, avvezzi a far d’ogni erba un fascio.
Il mondo di Fernandez è un mondo di romanticismo primitivo, legato a motivi elementari di umanità la bellezza, la bontà, la ricchezza, la miseria, ecc., un mondo attento ai movimenti istintivi dell'animo: l'amore, l’odio, la gelosia, la pietà, ecc., C'è un tema che ricorre con particolare insistenza nella sua opera ed è il tema di dedizione totale d'amore: in Las abandonadas, in Flor silvestre, in Maria Candelaria, in Maclovia, ma soprattutto in Enamorada c'è un uomo o una donna che si sacrificano per amore.
I personaggi di Fernandez sussistono solo come supporti di questa sua tematica mitica. Non si trova in Fernandez una definizione organica e razionale della materia psicologica. Se si eccettua il personaggio
di Maria Felix in Enamorada, reso con una intensità e una delicatezza che per certi aspetti ricordano il “Kamrnerspiel” - non c'è nei suoi film un carattere compiutamente delineato.
Anche l’immagine del Messico che egli ci dà è, in fondo, un'immagine mitica e fuori del tempo, è un paesaggio interiore, sentito come assoluto. Si cercherebbe invano in Fernandez, non diciamo una presentazione realistica del suo paese, ma nemmeno un paesaggio posto in termini di efficienza narrativa (e si pensi, per contrasto, al ruolo della natura in certo cinema scandinavo), “Un arbre et un âne se detachant sur le ciel - diceva ancora Figueroa ad André Camp (1) -  et vous avez tout le Méxique”. In Fernandez il paesaggio rimane sostanzialmente avulso dall'azione narrativa. Tutta la sua opera risente di questo squilibrio di impostazione e, più generalmente, di una certa imperizia di racconto che deriva proprio dai suoi interessi prevalentemente lirici. (continua)
Franco Venturini in BIANCO E NERO ANNO XII – N. 4 -  APRILE 1951


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