giovedì 5 settembre 2019

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - ontologia ed etica


Non vorremmo essere fraintesi. L'ottica con cui abbiamo in queste pagine osservato parte dell'opera cinematografica di De Sica non ha né la pretesa di porsi come l'unica possibile, né quella di essere — per come l'abbiamo condotta — esaustiva. Il lettore accorto noterà che più di una volta le singole conclusioni cui siamo pervenuti coincidono con altre precedenti di diversa metratura critica (e in questo senso abbiamo ritenuto opportuno non rilevare bibliograficamente tali coincidenze di risultati, che però ci guardiamo bene dal negare). L'unico bersaglio che ci eravamo proposti era, come si è detto in apertura, quello di dimostrare il preponderante ruolo che la città e ii suo spazio (o, se si vuole, Io spazio] giocano
nel cinema di De Sica, il modo in cui queste componenti si organizzano e si presentano, ed insieme la sfiducia che l'autore nutre nei loro confronti. Ci sembra ne sia uscita una piccola ontologia dello spazio strutturata secondo alcune evidenti opposizioni (nonché la immagine di un impegno tecnico spesso tutt'altro che casuale).
Un'ontologia che si configura, però, anche come una sorta di etica: lo spazio infatti diviene in questo cinema anche e soprattutto luogo morale, essenziale componente esplicativa delle linee umane centrali del discorso, segnale di una condizione dolorosa e sofferta. Certo, a parte la frammentarietà dell'analisi in sé, rimane da discutere approfonditamente l’aspetto sociologico del problema, che del resto, come abbiamo già detto più sopra, coinvolge un importante ulteriore problema — forse il più importante — relativo alla natura e alla matrice culturale del neorealismo cinematografico come fenomeno globale. Intanto, non è più possibile a questo punto affermare con Bazin che “le néo-réalisme ne connait que l'immanence “ e che in questo cinema (a dire il vero la frase riguarda UmbertoD.) e “le monde exterieur se trouve réduit au réle d'accessoire de cette action pure et qui se suffit é elle-méme " 17. Al contrario, il mondo esterno — almeno in De Sica —è parte integrante e non accessoria, riflesso preciso, spesso in modo dialettico, del mondo interiore del personaggio. E quindi tutta una concezione del neorealismo come pura fenomenologia va rivista criticamente.
Poi, come si è già detto, il rapporto fra cultura urbana e cultura rurale sembra uscirne caratterizzato da scelte di fondo pressoché inequivocabili. Scelte di cultura e di affetti che lasciano trasparire una visione del mondo spesso alquanto diversa da quella che in un primo tempo sembrava qualificare gran parte di quel cinema (si pensi — e qui l'errore è macroscopico — alla definizione di Ladri di biciclette come “film comunista” data da Bazin 18).
Non vorremmo sembrare troppo audaci accostando a queste scelte le pagine che Spengler ha dedicato al rapporto fra città e campagna in “Il tramonto dell'occidente" 19. Si rileggano quelle parole e si veda come per Io storico reazionario quel rapporto si ponga in termini di inevitabile mutamento ed evoluzione, non per questo però per lui meno esecrabile. L'ambiente urbano è l’ambiente dei traffici commerciali, dei profitti mercantili e dell'usura; esso è a fondamento del mondo moderno, ma è anche la negazione della natura, della spiritualità caratteristica delle culture rurali, e il suo stesso trionfo ha in sé i germi della propria fine. A parte la visione apocalittica conclusiva, non è difficile rilevare in questo tipo di pensiero alcune analogie di fondo con il modo in cui “malgré soi” parecchio cinema neorealista, ci ha presentato la campagna o il suo contrario, la città. Ma ancora una volta dobbiamo fermarci qui, attendendo il giorno in cui uno studio del neorealismo in questa chiave verrà tentato. E’ comunque certo che il cinema di De Sica, particolarmente fecondo ai fini di un’analisi sulla città e sui rapporti e i valori spaziali, sarà quel giorno punto di riferimento imprescindibili. *

17 Cfr. André Bazin: -“Ou'est ce que le cinéma? “, cit., pp. 76 e 89.
18 Ibid., p. 49.
19 Cfr. Oswald Spengler: “Il tramonto dell’occidente”. Milano, Longanesi. 1970, pp. 796-825.

* Desideriamo esprimere qui la nostra gratitudine alla Cineteca Nazionale e alla Cineteca del Comune di Bologna per l‘aiuto e l’assistenza che ci hanno prestato nel reperimento e nella visione dei film di Vittorio De Sica.
FINE
Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975


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