Gérard
Genette ha fatto a suo tempo notare che non si è giustamente apprezzato il
fatto « che l'autentico colpevole di Rear
Window, quello di cui Hitchcock si riserva di mostrarci il castigo finale,
non è il criminale ma invece il testimone, il voyeur, perché è lui che commette
il vero peccato: il peccato di conoscenza ››. A Gérard Genette pare che «l’atteggiamento
di Hitchcock di fronte ai propri eroi non dipende da un'etica del male [come quello
di Flritz Lang) più di quanto non dipenda da una sociologia del crimine [come
quello di Hawks in Scarface), ma invece
da una metafisica del peccato... ››, la cui tentazione autentica è costituita
dall'Albero della Conoscenza. Vi è
tutto, fino all'immagine della caduta, che Hitch ci mostra prendendola
impietosamente alla lettera...››. Ma in realtà Gérard Genette non fa che
ricondurre alla propria metafisica personale -[che si esprime nei termini della
casuistica religiosa) l'ambiguità costitutiva di ogni conoscenza, speculazione
o filosofia, analizzata da Freud sotto il termine di « onnipotenza dei pensieri
››: in « Totem e tabù ›› infatti Freud ha tracciato alcune
analogie tra tre specie di neurosi e tre specie di attività non neurotiche,
vale a dire fra ossessione e rituale religioso (il che non è sfuggito a
Hitchcock, il quale nel suo ultimo Frenzy fa esplicitamente stabilire
questo accostamento tramite l'affermazione dell'íspettore di New Scotlanld
Yard: « manie sessuali e manie religiose sono spesso legate tra loro ››), tra
isteria e arte mimetica [l'isteria esprime le sue paure e i suoi desideri di contatto
sessuale mediante ciò che viene chiamato « conversione ›, cioè mediante una gesticolazione
mimetica che condivide con la sfera dell'arte il «comune processo di
identificazione] e fra paranoia e conoscenza (non essendo ogni gesto
conoscitivo che l'effetto di una psicomachia). Il che non mancavano di
ricordare nell'antichità i misteri sacri e gli oracoli. Nei misteri di Eleusi
si rappresentava il mito di Persefone, smarritasi nelle spire che conducono al
regno dell'oscuro e dell'informe, perché nell`attore e nello spettatore si
risvegliasse il brivido originario delle iletiche vicissitudini della Psiche. E
consultare un oracolo, secondo Otto Fenichel, in linea di principio, significa
estorcere il permesso o il perdono per qualcosa che sarebbe normalmente
proibito, oppure tentare di scaricare su Dio la responsabilità delle cose di
cui uno si sente colpevole. All’oracolo viene richiesto un permesso divino, che
può agire come contrappeso nei confronti della coscienza. Al di là del
razionalismo imperante che considera il moderno pensiero filosofico e
scientifico come il superamento dello stadio primordiale legato a pratiche
magiche e religiose [sintomo clamoroso di « onnipotenza dei pensieri »), la «
detective story ›› ha l'effetto di ricordarci l'ambivalenza di ogni gesto
conoscitivo e i rapporti strettissimi che quest'ultimo intrattiene con la
compulsione, l`indifferenziato, l’oscuro e gli stadi anteriori della
razionalità esistente: in breve, con l'inconscio.
È per questo che l'indagine del « detective ›› assomiglia
a una psicanalisi: non a caso entrambe mirano a far diventare conscio laddove
c'era inconscio [« Wo es war, soli ich werden ›› dice Freud; sostituire il
registro dell'esattezza a quello della verità, dice lo statuto della «
detective story ›); si basano sulla tecnica della « talking cure ›› [il
detective ›› e lo psicanalista fanno domande e sono soprattutto buoni
ascoltatori); devono fare i conti con l'esperienza del transfert e del
contro-transfert (il « detective ›› le lo psicanalista non sono spettatori
passivi e straniati del teatro dell'inconscio che si spalanca davanti a
loro, non solo, vi sono inclusi anch'essi e vi apportano il tributo della loro
gesticolazione); vanno in cerca di una rimemorazione e di una ripetizione.
Infatti [sia nella < detective story » sia nella
psicanalisi] non si tratta tanto di sostituire la conoscenza all'ignoranza
quanto di vincere alcune resistenze, di rimuovere alcuni ostacoli. Nel corso di
questa lotta contro le resistenze, la rimemorazione o rievocazione, espressamente
ricercata dal metodo catartico di Breuer contemporaneamente alla scarica
emotiva o «abreazione›› era dapprincipio il fine cui mirava la tecnica
analitica. (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA
AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾
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