I personaggi della seconda storia hanno soprattutto la
funzione di apprendere [non importa se il «detective ›› oltre ad ascoltare la
lezione di vari indizi contrastanti rischia la propria vita: in questo senso
tra il Philo Vance interpretato da William Powell in The Kennel Murder Case di Michael Curtiz e il Mike Hammer di Kiss Me Deadly di Robert Aldrich - come
dire la più sofisticata e la più efferata delle « detective stories ›› - non
c'è nessuna differenza). Il « detective » infatti è necessariamente impegnato
in ipotesi e congetture, interpretazioni le ricostruzioni del significato
globale degli avvenimenti fatali della prima storia, la quale, essendo nota
solo in parte, deve essere completata. La sequenza temporale, a questo livello,
è quella dell'inchiesta e il campo in cui questa viene portata avanti quello
dell'esattezza. La storia del dramma racconta ciò che è avvenuto nei fatti. La
storia dell'inchiesta spiega come il « detective ›› ne ha preso coscienza. In ogni
« detective story » ci deve essere qualcuno che ignora qualcosa e al termine di
un faticoso processo di apprendimento questo qualcuno ce ne deve comunicare i
risultati. l film la cui durata coincide con la sequenza temporale del dramma,
iscritta nel registro della verità, sono « psyohological thriller ». Quelli la
cui durata coincide con la sequenza temporale dell’inchiesta, iscritta nel
registro dell’esattezza, sono «detective thriller » veri e propri. Un esempio
del primo caso è dato da Sorry, Wrong
Number [1948, Il terrore corre sul
filo) di Anatole Litvak, in cui Leona Stevenson (Barbara Stanwick) è una
ricca ereditiera semiparalizzata e relegata a letto. È notte ed è sola, nella
camera da letto di casa sua, a New York: la donna è sola perché il marito in
precedenza aveva detto all'infermiera e ai domestici di prendersi una serata
libera. La donna incomincia a preoccuparsi per il ritardo del marito, che non è ancora tornato
dall'ufficio. Telefona allora in ufficio per sapere la ragione del ritardo e a
causa di un contatto fortuito intercetta la comunicazione di due voci maschili
che stanno parlando di un delitto che dovrà avvenire a una certa ora della
notte, delitto che uno di essi è stato pagato per compiere e che l'altro gli ha
commissionato per sbarazzarsi della moglie ed entrare in possesso delle sue
sostanze. Leona si mette subito al telefono e passa parte della notte a tentare
-di convincere la polizia, il medico personale e un sacco di altre persone che
sta per essere commesso un omicidio, senza rendersi conto o minimamente
sospettare che la vittima designata non è altri che lei e il mandante suo marito.
Ogni suo sforzo fallisce miseramente, soprattutto a causa del suono della sua
voce (il film non era che l’adattamento di un dramma radiofonico di Lucille Fletcher,
incentrato soprattutto sugli effetti sonori delle varie voci al telefono e dei rumori
prodotti da quest'ultimo), a giudicare dalla quale la donna sembra in preda a
una crisi isterica. All'ora convenuta dalle due voci sulla linea intercettata
Leona avverte la presenza di qualcuno che sta salendo le scale, verso la sua stanza.
Il telefono suona. È il mairito che ha cambiato idea e vuole prevenire il
sicario. Una mano guantata si sostituisce al ricevitore. Un'altra mano si stringe
attorno al collo della donna. L'intruso esegue l'incarico affidatogli e prima
di andarsene fiata nel ricevitore: « Sonry, wrong number » [« spiacente, ha
sbagliato numero ››).
Un esempio del secondo caso è dato da Klute (1971, Una squilllo per l'ispettore Klute) di Alan Pakula, che ha inizio
con l'assegnazione del mandato al «detective » protagonista [Donald Suthenland)
di far luce sulla misteriosa scomparsa di Grunneman, sottolineata nella
sequenze d'apertura dalla poltrona vuota di quest’ultimo.
I film citati però in realtà sono soltanto dei casi
limite, in quanto molto più spesso si assiste alla copresenza di dramma e
inchiesta, di verità ed esattezza, di azione e conoscenza all'interno di uno
stesso film: tale è il caso di Dial M for
Murder (1954, Il delitto perfetto)
di Alfred Hitchcock che nella prima parte [la prima storia) racconta una
vicenda analoga a quella di Sorry, Wrong
Number [il marito che per liberarsi della moglie, rispettivamente
impersonati da Ray Millland e Grace Kelly, assolda un assassino a pagamento) e
nella seconda parte (la seconda storia) aggiunge al dramma della verità
l'inchiesta che si compie nei modi
dell'esattezza [la donna ha ucciso per legittima difesa l'assalitore e il
sospettoso ispettore Hubbard deve dimostrare la macchinazione del marito).
Ogni « detective story ›› fa perno sulla dialettica
della presenza e dell'assenza: infatti regola costitutiva di essa è che il «
detective ›› non fosse presente quando veniva commesso il primo delitto, quello
punibile. La ricerca del colpevole [da uccidere impunemente) si giustifica in
base a
questo difetto di visibilità, sostituendo all'assenza
preliminare la presenza virtuale instaurata dal ragionamento conoscitivo e
dallo psicodramma generato dal gesto di accusa contro l'assassino ormai
individuato. Ma spesso si giustifica invece in base a un eccesso di visibilità
[o di udibilità): tale è il caso di Hear
Window (1954, La finestra sul cortile)
in cui L. B. « Jeff ›› Jeffries [James Stewart] incomincia a interessarsi dei
tenebrosi avvenimenti in casa Thorwald soltanto a causa del suo inguaribile
noyeurismo [una variante è data da Ventitre
passi dal delitto di Henry Hathaway, in cui Van Johnson è uno scrittore
cieco che si trasforma, come Jaimes Stewart nel film precedente, in « detective
›› dilettante dopo aver faticosamente auscultato una conversazione in cui si
alludeva a un rapimento a scopo di estorsione). (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA
AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾