IL FILM DI NATALE
Se
a suo tempo passò come una commediola con risvolti sociali, oggi La cuccagna (1962) di Luciano Salce si è
trasformata come il ritratto di un’epoca: quella del successo economico e delle
fiduciose speranze. Basato su un soggetto di Luciano Vincenzoni e Alberto
Bevilacqua il film vuole essere ancor di più un reportage sulla condizione
giovanile agli inizi degli anni sessanta. Di già, sempre Salce, con La voglia matta (1962), si era
soffermato sul mondo dei rampolli frutto della borghesia; questa volta indugia
sul ceto medio - basso, quello che vive nei grandi caseggiati sorti sulle
macerie dell’ultima guerra mondiale. Il soggetto e il conseguente trattamento
fanno sorgere gli accostamenti più disparati: la presenza di Vincenzoni non può
che rimandare ad alcuni lavori di Pietro Germi realizzati in quel periodo; lo
sguardo sui due protagonisti rimanda a Robert Bresson. A questo proposito siamo
coscienti di essere in torto, ma che volete farci, è colpa del cinema, e a chi
lo frequenta assiduamente è permesso di tutto e di più nei suoi confronti. E il
web concede di andare oltre il Fofi o il Brunetta sulla scrivania.
Sconfinando...
Col
senno di poi possiamo azzardare l’idea che alla base del suicidio di Luigi
Tenco vi è questa sua unica, garbata, prova da attore. Ma quello che più ci sta
a cuore, ed i rimandi costruiscono un
labirinto, sono le note o meglio le sonorizzazioni del Maestro, giovane
e provocante. Ogni piccolo suono che esce dalla pista sonora de La cuccagna è un richiamo ai suoi lavori
futuri, appresso ai registi che gli hanno consentito la presente celebrità, da
Alberto De Martino a Quentin Tarantino. E ora sentiamo la mancanza di Nigel con
cui ci si poteva sfidare a riconoscere,
in queste note, più titoli di film.
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