domenica 24 febbraio 2019

Briguglio Film



SI GIRA IL VECCHIO CON GLI STIVALI

La Briguglio Film nel nome di Messina
Lancia la sua prima produzione cinematografica

Si completano nella nostra città gli esterni del film tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati - Umberto Spadaro, Ave Ninchi, Massimo Girotti, Milly Vitale, Odette Bedogni, Enzo Biliotti ne sono gli interpreti principali e Luigi Zampa il regista d’eccezione
Mio desiderio eri, semplicemente, rivedere e salutare Carlo Montanari, il grande operatore cinematografico italiano, che mi aveva «girato e rigirato» nel 1918 a Roma in una produzione della «Medusa Film› Maria di Magdala.
Mi sono cosi ritrovato, in un simpatico ristorante d’artisti, tra la numerose cordialità di Enzo Biliotti e la simpatica cortesia di Raniero De Cenzo, più confuso che mai in tanta grazia di Dio. E non intendo denominare «grazia di Dio» solo le cotolette «a vela» od i gamberi fritti nei piatti.
Ma la deliziosa cordialità con cui amici vecchi e nuovi mi hanno accolto e che solo chi conosce intimamente il teatro può considerare veramente grazia di Dio. (continua)
N. S.
(Nitto Scaglione)
Gazzettino Peloritano  ARTISTICO MONDANO LETTERARIO APOLITICO  Anno 1  N. 2 Messina Domenica 26 Ottobre 1947

Note
Carlo Montanari sta per Carlo Montuori (1885-1968) il quale cinematografò nel 1918 la Maria di Magdala, noto anche come Redenzione, per conto di Carmine Gallone.



giovedì 21 febbraio 2019

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - Stazione Termini

La città, insomma, è del tutto indifferente, anzi potenzialmente ostile, al dramma di Ricci, dai singoli alle istituzioni [commissariato, sindacato e associazione di carità compresi]. l netturbini sono gli unici a differenziarsi da questo atteggiamento proprio in virtù della loro funzione [pratica, ma soprattutto simbolica]: quella di addetti alla pulizia della città, coloro che non si limitano — come per la polizia —a una presenza intimidatoria ma anche — almeno in un caso come quello del furto in questione — impotente, o ad una azione sostanzialmente garante della persistenza delle strutture tradizionali della società, come è quella dell'associazione di carità. I netturbini se da un punto di vista realistico sono coloro che meglio degli altri conoscono la città per ovvie ragioni professionali, da un punto di vista simbolico sono coloro che presiedono alla sua pulizia, che in qualche modo incidono con il loro lavoro sul volto dell’aggIomerato urbano, che della città, insomma, garantiscono un quotidiano mutamento tale da renderla sempre uguale a se stessa, e in modo sostanzialmente positivo, nel suo aspetto esteriore, che è quello che loro compete [e si ricordi la loro presenza, meno incidente,  vero, ma non per questo casuale, anche in Miracolo a Milano.I netturbini, dunque, non si pongono affatto come antitetici allo individuo proprio perché istituzione per così dire «esterna» alle strutture della citta [ma a questo punto è più che evidente che il termine “città” sta per “società”). Non istituzione sociale tout court quindi, ma semplicemente istituzione che non partecipa delle finalità conservative e in ultima analisi repressive della organizzazione sociale {fatta salva, ovviamente, nel film l’istituzione del sindacato 5.Questa repressività è manifesta, ad un livello tutto particolare ed esemplare, in un film purtroppo tutt'altro che riuscito come Stazione Termini 6. Il film che fa coincidere il tempo reale col tempo narrativo (vecchio sogno zavattiniano), inscena uno spazio urbano “in assenza”; ovvero, la stazione diventa a poco a poco nelle immagini che la qualificano una piccola città con i suoi luoghi caratteristici: l'ufficio postale, l'ospedale [il pronto soccorso], il ristorante, il bar, il commissariato. C’è persino — ma per poco — uno spazio privato nella sequenza del vagone abbandonato. Ed inoltre non mancano tutti i tipi nevrotici e alienati dell’«entourage» urbano, l‘impenitente e risibile dongiovanni, la famiglia numerosa, la famiglia di emigrati, i sacerdoti {qui stranieri — come del resto, ma con ben altra funzione, in Ladri di biciclette 7: -dopotutto siamo in una stazione internazionale), i carabinieri, persino quel simbolo nazionale che è la bandiera [anzi, parecchie bandiere]. E’ una piccola città, o addirittura una piccola Italia, fatta di macchiette ma anche di rispetto per l’autorità (si veda la sequenza dell'arrivo al commissariato ferroviario) e soprattutto di “moralità”. Non per nulla il bel faccione onesto di Gino Cervi nella parte del commissario, da tutti riverito al suo arrivo, non si limita a chiedere i documenti ai due malcapitati, ma aggiunge domande sulla situazione familiare della donna: è sposata? ha del figli? E’ la voce della coscienza, certo, ma anche la voce delia città e dell'istituzione che schiaccia l'adultera alle sue responsabilità. E’ il punto finale di tutta una serie di ostacoli che la stazione-città ha posto ai due amanti clandestini. Al ristorante non si può restare perché non è ancora aperto, dal bar è meglio andarsene perché, dice Giovanni, “c'è troppa gente”, nel vagone si è addirittura fermati dalla polizia; per non dire di tutti i piccoli intoppi seminati, magari in termini di comicità (ma anche di dramma), davanti ai due protagonisti. Il loro amore, insomma, è un crimine, proprio perché non è istituzionalizzato. L'unico momento di pace e tenerezza concesso ai due il film non lo mostra, sostituendo la scena con un campo lunghissimo aperto sullo spazio del tramonto nell'unica direzione in cui la macchina da presa non può incontrare la stazione-città, quella verso cui si dirigono i treni in partenza; cosi come l‘unico momento di pace e di tenerezza per i due protagonisti di II tetto [1956] sarà anch'esso sullo sfondo riposante di un tramonto liberato dalla città.
5 Come afferma multo giustamente Bazin, “L’indifference du syndicat est normale et justifiée, car les syndicats travaillent pour la justice et non pour  la charité”. Ibld., p. 50.
6 Sul fallimento del film valga per tutti il breve e acuto commento di Guido Aristarco in André Bazin: ”Vittorio De Sica”-, Parma, Guanda, 1953, pp. 31-34.
7 Su questa funzione ha visto ancora giusto André Bazin: “Qu'est-ce que le cinéma?”, clt., p. 50.

Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975


martedì 19 febbraio 2019

Paddy, Bono & Woody after U2's 'October'



Hello, this is Paddy Hughes speaking.
BONO Any friend of Woody be a friend of mine.
PADDY - He's not me friend.
BONO - All brethren are friends, Paddy Hughes... for the kiss of the serpent is like sugar... in comparison to the heart of a friendless man.
PADDY - Yeah, okay. Er, but he's broken the law, Bono.
BONO - Are you his cell mate?
PADDY - More like his jailer. Listen, sir, I really respect you.
I've always wanted to meet you. I think you're just brilliant.
BONO - Jah, bless you, sir.
PADDY - I mean I loved your first album and your second album.
Just absolutely the best.
- But... Well, I mean after 'October'... it feels like you just kinda sold out a bit.
- BONO Sold out? - No, dude.
Yeah, it's like you've kinda let yourself down.
WOODY - Bono? Oh, no. I think he's hung up. Why did you tell him he sold out?
PADDY - Well someone had to tell him.

Salve, qui parla Paddy Hughes.
BONO - Chi e' amico di Woody e' anche amico mio.
PADDY - Lui non e' amico mio.
BONO - Tutti i compagni sono amici, Paddy Hughes, perché il bacio del serpente è come zucchero, paragonato al cuore di un uomo senza amici.
PADDY - Si', ok. Mmm... ma ha infranto la legge, Bono.
BONO - Sei il suo compagno di cella?
PADDY - Più il secondino. Senta, signore, io la stimo davvero.
Ho sempre voluto conoscerla.
Penso che sia proprio in gamba.
BONO - Lei sia benedetto, signore.
PADDY - Cioè, ho adorato il primo album e anche il secondo.
Assolutamente il meglio.
- Ma...  Be', cioè, dopo 'October'... sembra che vi siate un po' svenduti.
BONO - Svenduti? - No, amico.
PADDY - Sì, è come se vi foste un po' sgonfiati.
WOODY - Bono? - Penso abbia agganciato. - Perché hai detto che si è svenduto?
PADDY  - Be', qualcuno doveva dirglielo.
Woody Harrelson, Lost in London, 2017

domenica 17 febbraio 2019

Wes Anderson movies go right over his head


Wes Anderson movies go right over his head.
His films, they're just, they're kind of precious, really.
When you're talking about his films, you know, I'm involved ...
It's just the way that he... shoots 'em is a little, you know... Precious.

I film di Wes Anderson sono al di sopra di lui.
I suoi film, sono solo, sono tipo ultrasensibili, davvero.
Quando si parla dei suoi film, sai, mi sento coinvolto ...
Il modo in cui li gira è un po', sai... Ultrasensibile.
Woody Harrelson, Lost in London, 2017











giovedì 14 febbraio 2019

Film Noir - da ora Detective Thriller

Secondo lo scrittore di gialli e finissimo orientalista (la sua carriera diplomatica si è svolta in paesi come la Cina, la Malesia e il Giappone] Robert H. van Gulik la tradizione della « detective story » risale all'antichissima storia cinese. Caratteristica comune di tutta l'antica narrativa poliziesca cinese è che il ruolo del « detective ›› è sempre sostenuto dal magistrato del distretto in cui ha avuto luogo il delitto. Nella maggior parte dei racconti polizieschi cinesi il magistrato deve risolvere contemporaneamente tre o più casi fra loro diversi [la stesisa cosa si verifica sovente anche nella narrativa poliziesca contemporanea, ma viene invariabilmente il momento in cui i diversi casi convergono in un'iunica pista: un'eccezione è costituita da « Hail, Hail, the Gang's  all here! ›› di Ed McBain]. Sotto questo punto di vista la narrativa poliziesca cinese è più realistica della nostra: un distretto aveva una popolazione piuttosto numerosa, ed è quindi logico che bisognasse affrontare più casi criminali contemporaneamente. L'antica tradizione cinese voleva poi che alla fine del racconto ci fosse la descrizione particolareggiata dell’esecuzione dei colpevoli [il che nella narrativa poliziesca contemporanea succede soltanto quando il « detective ›› si riconosce anche il ruolo di carnefice e giustiziere: come per esempio in «I, the Jury» di Mickey Spiilaine e Dirty Harry di Donald C. Siegel).
Raymond Durgnat suggerisce invece che la prima «detective story›› sarebbe « Edipo Re ››: « detective story » paradossale, in quanto assassino, vittima e giustiziere non sarebbero che la stessa persona. Lo stesso Durgnat osserva poi che un intreccio analogo a quello della storia di Clitemnestra sta alla base di film «neri» come Double Indemnity di Billy Wilder, Ossessione di Luchino Visconti (tratto da «Il postino suona sempre due volte ›› di James Cain, autore anche della storia originale del film di Billy Wilder) e Cronaca di un amore di Michelangelo Antonioni.
Ma in realtà «il « detective thriller ›› non potrebbe essere nemmeno pensabile senza l'intensificazione del mondo basso-mimetico [il che secondo Northrop Frye designerebbe il passaggio dall'impetuoso « romance ›› al più prosaico « novel ››, nella vicenda delle forme letterarie] operata dal realismo borghese, così da trasformare, in un progetto di generale valorizzazione di ogni scampolo di realtà, i più banali e trascurati incidenti della vita quotidiana in fatti decisivi, nonché spesso enigmatici. Inoltre la «detective story ›› è inseparabile dalla surdeterminazione operata sul corpo del realismo borghese da istanze ideologiche tipicamente puritane e calviniste come l'insistenza sul conflitto tra essere e apparire [che succede a quello di marca cattolica tra essere e avere), la concezione allegorica del mondo sensibile non come realtà definitiva ma come sistema di segni da interpretare (fenomeno osservato da Ejzenštein, proprio in sede di analisi della narrativa poliziesca, e che l'ha portato a paragonare il lavoro del « detective ›› a quello di un mistico alle prese con tavole cabalistiche, psefie, isopsefie, ecc.), il pessimismo implicito in un'irriducibile convinzione della Potenza del Male e delle Tenebre controbilanciato dall'ottimismo insito nella fiducia che il cacciatore di uomini, un'emanazione delle istituzioni, individui il colpevole [moderna riattualizzazione dell'archetipo del «pharmakos » o capro espiatorio e l'espella dal corpo sociale.  (continua) 

Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

mercoledì 13 febbraio 2019

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - Reclusione/Libertà

 Specificamente, il cinema di De Sica si offre, in termini spaziali, come un’opera strutturata su una serie di opposizioni sostanzialmente tutte riconducibili ad una fondamentale: Spazio aperto/Spazio chiuso (o, se si vuole, “reclusione “/” libertà”). Fin da Sciuscià (1946), i cui titoli di testa si snodano sullo sfondo immobile della prigione per ragazzi e la cui prima sequenza presenta, al contrario, una immagine di libertà campestre, di spazi aperti e naturali (della quale la corsa fra i cavalli è il vistoso emblema), l'opposizione e la dominante che polarizza ogni singola opera ed insieme tutto il “corpus” dell’intero periodo in questione. D'altro canto, non va dimenticato che essa già si intravedeva in opere precedenti: si pensi a Teresa Venerdì (1941) o allo stesso Un garibaldino al convento (1942). Se la città, e ciò che le si oppone, e, come vedremo, Io sfondo generale dei cinema di De Sica, l’ossessione della reclusione ne è un'immagine rappresentativa e significante. Il cellulare che trasporta in Sciuscià i due amici — mentre, si noti, all'esterno un gruppo di bambini corre felice nel gioco — tornerà anche in Miracolo a Milano [195O] e per certi versi nello stesso Umberto D. [1952], quando il protagonista si avventura nella penosa odissea del canile. Collegio, cellulare o prigione, il luogo della reclusione è senza dubbio un'ossessione costante. Ma essa trova altre immagini per esprimersi oltre a quelle, per così dire, istituzionali. In Sciuscià, dopo il processo, gli imputati ormai ritenuti colpevoli lasciano sotto scorta |'ampio cortile del tribunale per incanalarsi in una sorta di buio cunicolo che li porterà di nuovo nella prigione. In Stazione Termini [1953] i due amanti, scortati da poliziotti e ferrovieri, vengono condotti, dopo essere stati sorpresi nel vagone vuoto, al commissariato della stazione attraverso quella specie di discesa agli inferi  che è il buio sottopassaggio. in un certo senso, e con implicazioni ben più ampie, lo stesso avviene all’inizio di Umberto D. quando le jeep  della celere costringono i dimostranti, spauriti e disorganizzati, ad imboccare un vicolo stretto e in ombra abbandonando la piazza soleggiata della dimostrazione, ormai preclusa dai veicoli della polizia che di traverso ne sbarrano l’entrata.
Si noterà che collegio, cellulare o prigione, cosi come polizia e tribunale, sono comunque luoghi o fatti istituzionali, emanazioni <<sociali » tese in un modo o nell’altro a limitare la libertà di individui spesso profondamente  liberi. La città, insomma, nella sua organizzazione e nei suoi aspetti “reclusivi” diventa termine di opposizione nei confronti dell'individuo. In questo senso, forse, non è casuale che in Ladri di biciclette [1948] gli unici ad aiutare fattivamente, anche se inutilmente, il derubato siano proprio i netturbini, là dove praticamente nessuno presta attenzione al suo dramma. Anzi, proprio in Ladri di biciclette tutta la seconda parte del film è giocata sull'opposizione fra la disperazione del protagonista e l’atmosfera festosa catalizzata dalla partita di calcio cui in più di un momento dell'opera vien fatto esplicito riferimento (ne accennerà lo stesso Ricci chiedendo al figlio informazioni sulla squadra del Modena: ottimo correlative oggettivo della sua estraneità all'avvenimento e all‘atmosfera rilassata e festosa che esso comporta. (continua)

Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975


giovedì 7 febbraio 2019

Gratitude



As the day breaks we look to the sun in gratitude for the evening.
As the sun sets we look to the moon in gratitude for the day.

Quando il sole sorge guardiamo il sole in segno di gratitudine verso la sera.
Quando il sole tramonta guardiamo alla luna in segno di gratitudine verso il giorno.
Momoko Andō0.5 mm (0.5ミリ2014