domenica 24 maggio 2015

Stazione De Sica

La lettura del  film di De Sica, Stazione Termini, richiede allo spettatore una certa consapevolezza. Stazione Termini, probabilmente, non è una svolta rivoluzionaria, un ritorno alla norma, una conversione agli attori professionisti da parte del regista di Frosinone: è una vacanza, e, se si vuole, un ripensamento, forse una sosta, sull`intrapresa via di Damasco. Secondo Berenson, è stata una incongruenza,da parte del Caravaggio, l’aver concessa una maggiore importanza figurativa, nel dipinto famoso, al cavallo che all’impetuoso cavaliere, ancora Saulo per brevi istanti, caduto per terra; opinione discutibile, come ognuno sa. Ma ora non vorremmo cadere, per parte nostra, in un'incongruenza più evidente concedendo alla nuova scelta di De Sica (scelta di ambiente, di personaggi, di dialogo, di contenuti << non sociali >>) un’importanza maggiore di quella che essa abbia in effetti.
1953
Pietro Bianchi, Maestri del cinema 

mercoledì 20 maggio 2015

lunedì 18 maggio 2015

W. U. S. A.

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “


Il film più significativo che io abbia mai fatto, forse il più importante. Paul Newman

WUSA (Un uomo oggi, 1970) è un concentrato di americanismo o se volete della peggior America. Può stare alla pari con Nashville di Robert Altman di qualche anno più avanti. Può stare alla pari con le opere di Sidney Pollack, Alan J. Papula, Hal Ashby o Arthur Penn osannate più in Europa che nella loro patria di origine. Stuar Rosemberg in quanto regista è di minore statura rispetto a quelli citati prima. Sa usare campi, controcampi e primi piani ma questo è più un affare del montatore che del regista.
Rehinhardt è un mezzo fallito capitato a New Orleans per sopravvivere. Quando non è preso dall’alcol, che tracanna sempre dal thermos, lavora per una radio o si ritira nell’affetto di una donna fragile che non ci pensa due volte a mollarla quando gli eventi lo sovrastano, abbandonando il campo per cercare nuovi angoli e nuovi derelitti su cui scaricare le sue nevrosi. Dello stesso Newman come di Joanne Woodward o Tony Perkins è inutile sproloquiare: col trascorrere degli anni diventano sempre più preziosi, sebbene assenti.

domenica 17 maggio 2015

Gli occhi di Iginio Lardani

Al solito. Non ci sono elementi per attribuire questo prossimamente al grande Iginio. Solo il confronto con altri: il montaggio, i titoli, il ricorso alla sua arte di Enzo G. Castellari e ... l'uso magistrale della musica del Maestro, qui con Nuova Consonanza al completo.

lunedì 11 maggio 2015

Dirty Terry

OGGI


Mc Caleb. Se prende in mano un caso, la prima pagina è solo sua.

Debito di sangue (Blood work) è del 2002; allora Clint Eastwood aveva appena superato i sessanta e ancora doveva sfornare alcune cose pregevoli . Quella era l’età giusta per tirare le somme su alcuni aspetti della sua longeva carriera. Il film in questione è fondato non solo sulla figura dell’attore quanto sul corpo, o se volete, ancora sul viso. Clint Eastwood ha avuto la fortuna di avere a disposizione sempre ottimi scrittori che modellavano su di lui quanto poi sarebbe accaduto sullo schermo; per citare solo alcuni si fanno i nomi di Michael Cimino, John Milius e Paul Haggis. Questi, come quelli che verranno in seguito, gli danno modo di tenere sempre alti ed aggiornati personaggi e temi. Debito di sangue lo possiamo inserire tranquillamente nelle sue opere minori senza scalfire la gloria del nostro. E’ un pretesto per richiamare in vita il personaggio del poliziotto tutto d’un pezzo con origini irlandesi che se la deve vedere con uno squilibrato che per giunta lo venera. Alla fine dirty Terry/Harry troverà il bastone della sua vecchiaia, i cattivi che infondevano giovinezza sono finiti per sempre, o, almeno, per il momento!



domenica 10 maggio 2015

Che cos'è un film classico


Perché un film è bello? Sebbene Benedetto Croce abbia ammesso che un film può essere un’opera d”arte, non ha mai dedicato un po' del suo tempo a dirci << quando ›> e << perché >› una pellicola è artistica. Il compito, naturalmente, è tutt’altro che facile; ma troveremo il modo di spiegarvi qual è la nostra idea sull'argomento nei limiti di un saggio breve.
Intanto si può sgombrare subito il campo da una iniziale difficoltà. Ammesso infatti che il cinema può essere arte, ne discende che si dovrà giudicare di una pellicola alla stessa stregua delle arti più antiche, della letteratura e della pittura, della musica e dell’architettura, tenendo però il debito conto delle leggi espressive caratteristiche del cinema. Ricorriamo allora a Sainte-Beuve che, in un famoso articolo, ha cercato di definire quando un'opera è "classica ".

Quand'è allora che, secondo il critico dei << Lundis >› un’opera è bella? Un’opera è classica quando essa è, evidentemente, la creazione felice di un artista originale; quando essa aumenta in modo non equivoco il tesoro dello spirito umano; quando scopre, senza farcela polemicamente pesare, qualche verità morale; quando ci fa sembrare nuova qualche antica passione in quel dominio del cuore che sembrava da lungo tempo conosciuto ed esplorato in ogni parte; quando infine sia dotata di uno stile personale ma facile, che sembri antico ma che sia modernissimo, e le cui eventuali novità tecniche siano facilmente accessibili a tutti.                                                                                                                         1951

Sainte-Beuve 1804-1869                                                                                                         Pietro Bianchi, Maestri del cinema, 1972