mercoledì 3 ottobre 2018

BALLATA DELLE FIGURINE DEL TEMPO CHE FU


Per un`antica depravata disposizione ad amare i destini più spenti, o forse perché nel baratto di una diva
o divo contro quattro comparse mi sentivo di far mercato, non collezionai Greta, Marlene, Ramon Novarro, ma Una Merkel, Eric Blore, Elsa Lancaster. Ancora oggi, se mi piace immalinconirmi, non mi chiedo dov’è sepolta la «famiglia reale» di Broadway, dove sono Gloria, Norma, Pola, né dov'è Flora la bella Romana, Archipiade, Taide; ma penso all’erba che copre l’amabile naso di Jimmy Durante, alla cassa di quercia dove s’allunga in divisa di gala Aubrey Smith; immagino Donald Meek che offre whisky, timidamente, sopra un traghetto del Lete; Misha Auer che urla in russoski d'avere freddo, di non capire come d'un tratto tanta terra gli sia entrata negli occhi. Talvolta, d'estate, li rivedo in tv. Già dai titoli di testa mi salutano fiocamente: il postiglione Andy Devine, il gangster Lloyd Nolan, il maggiordomo Edward Everett Horton, il poliziotto Nat Pendleton. E ancora gli svaniti, le svanite, quel bambolotto di ciccia che invita sempre a ballare la Hepburn... Tutti con modi e facce di totale innocenza, benché, quando cominciano a muovere le labbra, sia subito chiaro che sanno d'esser morti, e non una, ma due volte. Sanno di vivere ormai solo la vita fuggiasca della mia mente, e che quanto prima usciranno di scena una terza volta, e per sempre.
Gesualdo Bufalino, Museo d’ombre, Sellerio editore, Palermo 1982


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