domenica 6 ottobre 2019

NUNZIO MALASOMMA

I REGISTI (senza peli sulla lingua)

                                                NUNZIO MALASOMMA
DI EUGENIO GIOVANNETTI

Nunzio Malasomma
1894 - 1974

Non sarebbe male cominciare con una piccola predica brillante sulla mediocrità, fiera crudele e diversa. Chi non fu mai mediocre nell'arte sua, scagli la prima pietra.
Oh sì, io scaglio la pietra, e sono mediocre tuttavia. Beate le arti dal climi estremi, che non conobbero mai la poltrida bestia dalla mille iridi: la pittura spagnola, per esempio, in cui non fu mai lecito esser nel mezzo e si fu sommi o si fu infimi. La nostra pittura? Troppi ingegni contenti di sé, equilibrati, espansi (un latinismo odioso quanto impeccabile, che traduce perfettamente il francese rêpandus).
Un pittore come Andrea del Sarto, un decoroso, un felice mediocre, non è immaginabile nel paese in cui lo spirito è alla bassura di Sancio o al delirio di Don Chisciotte. O sono El Greco o sono l’imbianchino: non vogliono bestia che sia tra l’asino di Sancio e l’alato Ronzinante.
 A galoppo per un'ora sulla mia chimera, dannato e povero. Il resto, che conta? In quasi tutte le arti la mediocrità è protetta? E che m’importa, se per un’ora almeno avrò respirato nella mia apocalisse? Beati, in arte, i fanciulli che precipitano al primo passo! Voleranno, un giorno, più alti del cherubino.
Non c'è che un’arte oggi, al mondo, in cui la saggia mediocrità sia di prammatica, sia proclamata e conclamata come una forza: l'arte del regista. Assicurarsi, a forza di saggie concessioni, il consenso di quell'oscura potenza multanime ch'è la folla, può parere ed essere una sana prudenza. Nel cinema, ritrovare l’aspirazione segreta degli innumerevoli e blandirla, per bassa e turpe che sia, è pur sempre al segreto d`un successo perfettamente legittimo in quanto l'industria cinematografica non se ne  proponga altri. Il cinema non sì fa pei soliti dodici o ventiquattro avanguardisti. E', al contrario, il più largo presente dei presentisti: e voi, artisti mancati e insoddisfatti, che non tollerare la mediocrità, rompetevi il collo altrove con la vostra chimera.
Il cinema è Sancio che si camuffa, se vuole, anche in cherubino.
Un troppo lungo preambolo, forse, per affrontar la mediocrità decorosa di Nunzio Malasomma, ma in non ho mai saputo in realtà da che parte prendere questo regista dignitosamente impersonale, che fa, ogni tanto, una comparsa soddisfacente e poi scompare senza mai lasciar detto né dove vada né quel che intenda di fare.
Dev`essere in lui qualche disdegno o qualche riserbo, perché, ed è sempre stato, il regista italiano che fa meno parlare di sé, avendo pur l`aria d’essere ben contento di sé. Poco si sa di lui, delle sue abitudini, dei suo passato. Sappiamo che ha viaggiato e che lavorava in Germania al tempo della dispersione, coi Righelli, coi Bonnard.
Ebbe, certo, in Germania la cinematografica ventura d’imbattersi in Luis Trenker, allora nel suo primo romantico fiore. Oggi Luis Trenker è un po' il Gigione delle vette. Allora, Nunzio Malasomma e Mario Bonnard potevano ancora combinargli un truculento e romanticissimo film: I cavalieri della morte.
Nel 1931 il Malasomma è con gli altri in Italia: ed eccolo alla Cínes con l'Uomo dell’artiglio e La cantante dell’opera. Il suo passaggio alla Cines non lasciò veramente segno alcuno: la mediocrità del Malasomma in cose come La telefonista era un po’ troppo grigia. Francesco Pasinetti ricorda nella cantante dell’opera un'interessante ricerca d`effetti contrappuntistici tra immagini e suoni. lo ho il ricordo ben vivo di quelle ricerche non tanto nella Cantante dell’opera quanto nella Vecchia signora d'Amleto Palermi.
Il merito di quelle ricerche va, del resto riconosciuto oggi al musicista Umberto Mancini assai più che ai registi. La trovata era quasi sempre essenzialmente musicale e seguiva e animava l'immagine. Il musicista Mancini aveva allora una fresca vena umoristica, che s'è perduta. Nella Vecchia signora la galoppata del vecchio sfiancato cavallo di botticella sui selciati di Roma era un capolavoro d'umorismo musicale, che vivificava d'un tratto, attraverso la suggestione ritmica soprattutto, una sequenza che sarebbe stata in sé grottesca e triste.
Un musicista che avesse oggi quella vena potrebbe rendere ancora servizi preziosi alla nostra commedia filmica. Ma la nostra mu sica filmistica è oggi così boriosa nella sua funzione di tappezzeria! Vuol mettere sempre arazzi dove basterebbe un caprifoglio rampicante sotto una dannata fuga di rondini.
Nelle successive comparse abbiamo sempre visto un Malasomma dal mestiere esperto, ben curato, soddisfatto, anche in cose di colore leggero come Nina, non far la stupida. La commedia è visibilmente il suo forte: e tutto in questo genere gli va. 
Eravamo sette sorelle: qualcuno gli ha manipolato per un film, per un titolo almeno, anche questa divina fiabetta che profuma tutta l’opera dannunziana, come un invisibile sacchetto di lavanda profuma tutto un guardaroba. Ci dovrebbe essere una censura dei titoli cinematografici, che punisse siffatte profanazioni. Eravamo sette sorelle: questo piccolo sacchetto di spigo, la sola cosa forse che, tra mill'anni, i poeti trarranno ancora odorante di sotto ai muffiti damaschi del guardaroba dannunziano, ecco che il cinema pretendeva calpestarla sotto i suoi zoccoli grigi. Il lettore si rassicuri. Nunzio Malasomma non è riuscito a seppellir la fiabetta sotto i passi spietati del suo film.
Ho visto or sono alcune settimane, Nunzio Malasomma nella sua novissima comparsa: Scampolo. Abile, accurato, ingegnoso, dignitoso più che mai. Vecchio teatro per la giovanissima Lilia Silvi. Ha saputo farla rendere, come nessuno saprà più. Non poteva dare più che tanto la piccola, ma quel tanto Io ha dato, e a meraviglia. Quando compare, Nunzio è sicuro di non fare uno sproposito. Se no, non comparirebbe.
Che cosa farà domani? Una cosa altrettanto ingegnosa e sicura. Non vi preoccupate. Quando l’eccellenza Cipriano Efisio Oppo abitava a villa Strohlfern, assentandosi soleva lasciare un laconico bigliettino sulla porta, in cui si leggeva: «sono uscito›› o «ritorno›› « non ci sono sino a lunedì ››. Nunzio Malasomma non lascia mai detto nulla sulla sua ermetica porta: ma potete star sicuri che quando meno ve l’aspettate, tornerà soddisfatto e se ne riandrà soddisfattissimo.  
Tutto sommato, o, meglio, tutto malasommato, io amo questa regista perché è, tra i nostri, quello che lascia far meno chiacchiere sul suo conto, quella insomma che importuna meno la gente con interviste e ciance e s'accontenta di fare meglio che può. Una media dignitosa? Vada. La sola insopportabile è la media boriosa, che, quando non vi seppellisce sotto le chiacchiere, tace per insoddisfatta superbia. 
Per avere scritto due parole gentili su d’un La Rochefoucauld, l`interessato s’affretterà a ringraziarvi con una lettera: ma raramente riceverete due righe di ringraziamento da un regista mediocre  da elogiato  in pubblico con la più ingegnosa cordialità. Un autista sarebbe, in casi simili, molto più gentile d’un insoddisfatto e  borioso manipolatore di film.
Ma la vera, la peggior mediocrità è forse proprio quella, che s`aspetta ringraziamenti o gratitudine. Bisogna far sempre le cose per quel tanto di buono ch'esse hanno in sé, e non pensar mai a quel che l’interessato ne dirà. Fummo mediocri perché volemmo troppo piacere: bisogna dir sempre quella che ci pare onestamente la verità; e regalarci anche, ogni tantino, quello che Baudelaire chiamava: «il piacere aristocratico di dispiacere››. 
Eugenio Giovannetti

Opere di Nunzio Malasomma: L’ uomo dell’artiglio, La cantante dell’opera (1931) - La telefonista,Sette giorni cento lire, La signorina dell’autobus(1932) – La cieca di Sorrento (1933) – Cleo robes et manteaux, Lohengrin, Non ti conosco più (1934) – Nina non far la stupida (1936) – Eravamo sette sorelle (1938)- Cose dell’altro mondo (1939) - Dopo divorzieremo (1940) - Scampolo (1941) – Giungla (in lavorazione).


film  SETTIMANALE DI CINEMATOGRAFO TEATRO E RADIO ANNO V – N. 1 – 3 GENNAIO 1942 XX
La testata si riferisce al film L’ultimo addio (Diagnosi) diretto da Ferruccio Cerio e interpretato da Gino Cervi,Luisa Ferida, Sandro Ruffini, Annibale Betrone (Produzione Inac - Sirena)

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