Non essendo esaurienti le due
spiegazioni che comunemente si danno, diversa e meno superficiale è la linea direttrice
che dev'essere cercata nell'opera del regista. E per scoprila non sarà inutile
ritornare su un motivo polemico
contingente che Chiarini ha illustrato
in un editoriale di Bianco e Nero {e si vedrà come da questo particolare si potrà risalire ad una posizione
generale trasferibile anche sul piano
creativo): «Il neorealismo è un fatto dell'arte del film, ma non è tutto
il film...
Non tutti sentono quella polemica, non tutti sono portati a muoversi dentro i
suoi limiti, non tutti si ispirano a
quel particolare mondo che è il suo tipico mondo. Per questi artisti, che hanno
altro temperamento, altre origini, altro stile, altra estetica, la legge è
evidentemente un'altra ed è legge corrispondente alla loro interpretazione del
fatto filmico, alla loro maniera di concepire e di esprimersi, cioè e una legge
propria, egualmente legittima sul piano dell'arte e censurabile soltanto in
base ai risultati estetici maggiori o minori che sa raggiungere».
Ora, se Patto coi diavolo è nato con la funzione esplicita di opporre al
neorealismo inteso come fatto d'arte (si
osservi: non al neorealismo come maniera, come derivazione programmatica da un
fatto d'arte) un'altra posizione che
giustifichi la
possibilità di costruire un film esteticamente accettabile, non sarebbe
logico credere che questo fenomeno
accadesse di punto in bianco, per una sollecitazione momentanea o per un
semplice capriccio. L'analisi dei precedenti sta ad affermare il contrario,
poiché già nella Bella addormentata
lo sforzo del regista s'indirizzava, attraverso le esperienze calligrafiche di
valore secondario, verso una forma d'arte di carattere meno immediato e
istintivo di quella che poteva trovarsi allora in Quattro
passi fra le nuvole di Blasetti o in
Uomini sul fondo di De Robertis. La
calligrafia, intesa nel senso in cui l’intese
Chiarini, non era soltanto una esigenza
culturale ma anche un desiderio di raggiungere, (e di suscitare) l’emozione estetica mediante un linguaggio
allusivo, volto a ricreare ambiente e personaggi con un procedimento di lenta e
accurata elaborazione dei dati materiali,
con una costante ricerca di un ti “effetto” complessivo che non si esaurisse nei singoli momenti dell'opera ma che da questi momenti ricavasse il necessario per precisarsi meglio
e per acquistare una propria validità.
Nella Bella addormentata si ebbero risultati
convincenti ed a tale proposito mi sembra notevole il divario tra questo film e Via delle cinque lune.
Su questa stessa strada si è posto Chiarini per Patto col diavolo, non senza tener conto
delle mutate condizioni in cui si svolgeva il nuovo lavoro, per cui si può dire
che la polemica contro il neorealismo e servita a chiarire quanto restava di
oscuro e di incerto nelle sue intenzioni. (continua)
Fernaldo Di Giammatteo BN BIANCO E NERO RASSEGNA MENSILE DI STUDI
CINEMATOGRAFICI ANNO XI N.10 OTTOBRE 1950
Nella foto: Saro Urzì, Umberto Spadaro, Anne Vernon, Annibale Betrone
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