martedì 2 maggio 2017

Umberto Domenico Ferrari

Umberto D.
Se dovessi raccontare la genesi della storia di « Umberto D. ›› dovrei risalire al 1948. La prima idea fu quella di un povero vecchio che aveva sì un cane, ma sopratutto una figlia, per amore della quale pensava persino al delitto. Poi la figlia scomparve, restarono il vecchio e il cane e venne alla luce la padrona di casa.
Se la memoria non m'inganna, la figura della padrona di casa trovò il suo spunto in un fatto che commosso che commosse tutta l’Italia; per non incorrere  in querele, dirò soltanto che si trattò di una padrona di casa così spietata da costringere al suicidio il suo inquilino. Ancora dalla vita, ho preso il motivo per la giovane donna di servizio: quando da Milano mi trasferii a Roma nel 1940 abitai una camera d’affitto e conobbi questa donna di servizio che telefonava di notte alle caserme di Roma intrecciando rapporti con carabinieri, genieri, cavalleggeri, e che so io. Era buona, candida e leggermente stupida.
Chi volesse sapere la ragione del titolo, eccola qui.
Il titolo nacque senza ragione. Era un titolo, e mi piaceva moltissimo, poi cercai di giustificarlo: il mio personaggio chiamava Umberto Domenico Ferrari, ma per modestia si accontentava di firmare Umberto D. Ferrari.
Ora sapete anche i segreti. Vedrete come l’arte di Vittorio De Sica, che mostra qui più che
mai le sue radici umane, abbia dato a questi personaggi il sigillo di una verità che supera di gran lunga la cronaca.
Cesare Zavattini
IL NOTIZIARIO DI MESSINA E DELLA CALABRIA, Domenica 23 dicembre 1951


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