Variété ebbe un immenso successo perché descriveva un mondo a tutti noto, perché era interpretato magistralmente dal corpulento Emil Jannings, perché la ungherese Lya de Putti era dotata di un fascino eccezionale, ma soprattutto perché Dupont vi si rivelava regista di qualità rara. Il racconto è in forma autobiografica: in carcere l’innamorato di Berta Maria rievoca il passato. Ancora dopo tanti anni certi scorci, certe trovate, la bonaria risata di Jannings, la bellezza ambigua, perché disarmata, inconsapevole del peccato, di Lya de Putti restano nella memoria. La trappola del destino si chiudeva su un uomo tranquillo, sensato, per bene, con una meticolosità da partita doppia. Il rapporto Jannings-de Putti anticipa con straordinario rigore tutto quello che s’è visto in seguito nella stessa direzione, dal rapporto Jannings-Dietrich de L’angelo azzurro a quello Jean Gabin-Simon de L’angelo del male.
1957
(continua)
Pietro Bianchi, I maestri del cinema, 1972
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