lunedì 14 dicembre 2015

Fabrizio del Dongo, Francesca Bertini e Alexander Nevski


Finché una domanda resta senza risposta, quando mistero, meraviglia e poesia si uniscono                                                             
 IL CINEMA E' SPETTACOLO

di PIETRO BIANCHI
Non c`ê frequentatore di Festival che, a un certo punto, frastornato dalle istanze sociali,annichilito dal problemismo, reso vago ed inerte dai tentativi delle “aree depresse” cinematografiche, non senta un grido dentro di sé. Quel grido non dice, come potrebbe sembrare a uno che non sia un appassionato di film, “ basta con il cinematografo! “ Suggerisce invece, più semplicemente. "e adesso ci vorrebbe un bel western".
Il lettore intelligente ha già capito che il qualificativo western potrebbe senza inconvenienti essere sostituito da un altro, che so, da "poliziesco", o "Avventuroso", o "nero". L’importante è una cosa sola: che lì, avanti a noi sullo schermo, si veda finalmente qualcosa che si muove, che interessa, che avvince, che ti lascia con il fiato sospeso. La "suspense" certo non l'hanno inventata gli Americani, e neppure mister Hitchcock, che del resto noi ammiriamo di tutto cuere avendogli dedicato un saggio molto prima dei giovani snob dei " Chaíers du cinéma ". Un segno,curioso, di questa necessità, dico della "suspense" nel cinematografo, può essere offerto da un episodio: Francois Truffaut, uno dei registi della "nouvelle vague" (i maligni la chiamano "la nouvelle blague") che tanto successo ha avuto all'ultimo Festival di Cannes, con il film psicologico " Les 400 coups ", ha fatto battezzare sua figlia Laura, in omaggio al celebre film poliziesco di Otto Preminger che ha appunto "Laura" come titolo e che era interpretato da Gene Tierney e Dana Andrews.
Né si dimentichi che almeno da principio il cinema piacque soltanto ai bambini, ai sodati in libera uscita e alle domestiche, e che sembrò agli intellettuali poco più che uno spettacolo da fiera. La sua facilità di accesso (pochi soldi d`ingresso, spettacolo continuato), il fatto che si svolgeva al buio, e che era privo di qualsiasi apparato mondano, (le "prime" in abito da sera verranno molto dopo...) aiutarono enormemente un tipo di spettacolo che era caratteristico della civiltà industriale. Quando noi eravamo ragazzi. il cinema era soprattutto spettacolo. Si ramificava in pochi canali: drammi mondani, polpettoni storici, film d’avventure comiche finali. In Italia si inventò da una parte il divismo (Francesca Bertini, Lyda Borelli, Pina Menichelli,Italia Almirante- Manzini furono le più celebrate) e - dall'altra il film realista ("Sperduti nel buio"). Gli americani ci diedero il western r le comiche finali. L’arte come oggi la si intende nei cine-club e nei Festival, nacque solo più tardi quando gli intellettuali francesi, i grandi viaggiatori come Blaise Cendrars, scoprirono Charlie Chaplin e avvertirono gli amici sedentari della scoperta. ln Italia le "comiche finali" :li Charlot erano assai meno apprezzate dal pubblico di quelle di Ridolini e di Fatty. Furono le cinematografie tedesca e sovietica infine a proporre il problema del film d’arte. L’una e l’altra non nacquero da esigenze industriali, da privati che volevano far quattrini alla svelta come l’italiana, la francese o l’americana, ma da uomini di Stato che avevano capito che il cinema era “l’arma più forte"(della propaganda). I tedeschi, umiliati dal Trattato di Versailles, volevano persuadere il prossimo che il popolo germanico non era quell’ammasso di bruti descritto per anni dalla stampa degli alleati, i sovietici lasciarono campo libero ad alcuni intellettuali non conformisti che dovevano spiegare al popolo la genesi e le lotte della rivoluzione.
Si trattava, al solito, di un equivoco tra alcuni artisti creatori e i Poteri che, per la legge intrinseca alla loro natura, sono illiberali e tirannici. Si trattò tuttavia di un equivoco utile, visto che per merito suo vennero alla luce del sole i Murnau, i Lang. i Dupont in Germania, gli Eisenstein, i Dovcenko, i Pudovchin in Russia. l’espressionismo tedesco malgrado il suo evidente nazionalismo era detestato da Hitler, che vi vedeva un clamoroso sintomo dell' "arte degenerata". Ancora adesso a Berlino vi mostrano il luogo dov`era il caffé preferito da Ernest Lubitsch, da Marlene Dietrich e da Fritz Lang. Una sera, d`improvviso, fu circondato dagli squadristi nazi che massacrarono tutti i presenti. Era il 1933:alcuni dei malcapitati, intuito il pericolo, cercarono scampo nei gabinetti, ma furono raggiunti ed uccisi. Quanto a Stalin, è noto che impedì ad Eisenstein, uno dei più grandi artisti della storia del cinematografo, di proseguire in pace un`attività che ci aveva dato capolavori come "L`incrociatore Potiomkin".
Ma cosa vuol dire spettacolo? Vuol dire a nostro modo di vedere, meraviglia e mistero. Le due cose possono essere separate, ma è meglio quando sono insieme. Una volta in piazza Navona, a Roma, si allagava tutto quanto e la gente assisteva a una battaglia navale. E questo era il regno della meraviglia. Poi c’è uno scrittore antico che racconta come certi rivieraschi di Puglia sentirono un grido, che aveva qualcosa di sovrumano, proveniente dal mare. Non ne seppero mai la provenienza. E questo è il Mistero. Prendete ad esempio, la " Maja desnuda “ film, quando il ministro dispotico entra d’improvviso nella villa della Duchessa d’Alba.
Vi ricorderete pure un altro film recente, "I Vichinghi". Tutto è spettacolo, gli irsuti guerrieri, le scogliere selvagge, gli eroi o la bella regina. Ma il Mistero è rappresentato da quel momento pieno di attesa, del film quando i vichinghi inseguono il prigioniero fuggito. Le svelte navi si intravedono appena nella caligine, i remi battono con un ritmo regolare il mare ceruleo,rompendo l’alto silenzio del fiordo.
Perché i romanzieri popolari dell’ ottocento francese hanno avuto più fortuna di Flaubert Perché la fama di Stendhal romanziere non fa che crescere? Perché la gente ha bisogno di favola, molto più che di realtà. Quando Flaubert dice “ Madame Bovary c’est moi! “ chiude fatalmente le porte all’evasione e al sogno: ma quando comincia “ Salambò “ con le fatali parole “ C’est a Mégara, faubourg de Carthage, dans les jardins d’Hamilcar “ spalanca le spalanca le chiuse del sogno. Questo ovviamente non è un giudizio di valore. Vuol essere solo una lancia spezzata in favore di un certo genere di "contenuti". un’ arringa a favore dell' evasione di Fabrizio del Dongo dalla prigione di Parma, dell’ episodio del carnefice di Lilla ne "I tre moschettieri", del pirata dalla gamba di legno nell’ avventurosa “Isola del Tesoro".
E nel cinema? Serberemo eterna riconoscenza a De Sica per la poesia di "Ladri di biciclette", ma andremo sempre a rivedere, sino alla nausea. "Ombre rosse". E il giorno che si decideranno a offrirci "Alexander Nevski" del grande Eisenstein, che abbiamo visto "en cachette" tanti anni fa, faremo porta davanti al cinema come quando eravamo ragazzi, sicuri di trovare, finalmente insieme, lo Spettacolo e il Mistero. E anche la poesia, che non fa mai male.


Tratto da La Fiera del Cinema, Giugno 1959

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