mercoledì 14 ottobre 2015

Gangster e co.

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Per  gli intellettuali europei chiusi tra Proust e Joyce nella breve pace tra le due guerre mondiale, il messaggio di Hollywood ha avuto soprattutto un significato di energia: Fazione contrapposta alle conversazioni di caffè, il pericolo che annulla la pacifica vita borghese, i sentimenti esposti
nella loro nudità primitiva, così lontani dalle supreme analisi del parigino- e dell'irlandese. Per codesti intellettuali il cinema americano era dunque una grande risorsa, ma non una risorsa indiscriminata; era necessaria una scelta. La scelta fu il << gangster >>. Prima, c'eran state tre false piste: il << cow-boy >› stava esaurendosi. Gli intellettuali sapevano già che la << vera >› America non era Hollywood, troppo snob, né Nuova York, troppo cosmopolita; sapevano, attraverso Carl Sandburg e Sherwood Anderson, Armstrong e Bessie Smith, che Chicago è la vera capitale degli Stati Uniti. L'occasione a un rapido riepilogo del film <<gangster ›> può essere forse offerta da una testimonianza minore, quel film di Curtiz che si chiama Angels with Dirty Faces (Gli angeli con la faccia sporca, 1938). La pellicola di Curtiz, salvo qualche episodio della prima parte, offre sbiadite immagini di una realtà incondita, ma rappresenta la chiusura di un <<genere ›>, e per questo è importante. Nella selva ardente delle origini (a non voler tener conto dei <<primitivi ›> degli anni precedenti la guerra del '14) mi è caro il ricordo di quel negletto capolavoro, che in italiano si chiamò La volpe argentata, e nel quale è forse da ricordare, attraverso buone congetture, una Girl from Chicago che cade negli anni della presentazione italiana. La volpe è, con tutta probabilità, del '27, come dello stesso anno è il primo celebre archetipo Underworld di Josef von Sternberg (Les nuits de Chicago nell`edizione francese; in Italia non venne, forse per ragioni di censura; come non venne The Little Caesar di Mervyn Le Roy, del '30). Per La volpe e per Underworld erano a ogni modo gli anni dell'abbondanza: erano lontani la crisi di Wall-Street e Hitler; Mussolini non era << articolo da esportazione>› e Stalin non era ancora << interessante >>. Tutto era liscio e tranquillo e la Madame Bovary che sonnecchia nel cuore di ognuno non fece nessuna fatica a scoprire nel << gangster ›› ciò che la patetica Emma scoprì nello << hobereau >› di provincia e, ricadendovi, in << monsieur Léon >>. La gente riconosce l’emblema del nuovo << gusto ›› nella canna corta del mitra come si riconoscerà più tardi nelle gambe di Marlene.
                                                                                                  1950
Pietro Bianchi, Maestri del cinema

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