Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
mercoledì 28 ottobre 2015
Who is the little guy?
martedì 27 ottobre 2015
Stretto strettamente sonoro
Giovanni Rappazzo Messina 1893 . 1995
Il Cinema italiano, a partire dal 1895, si servì di accompagnamenti
musicali dal vivo o da dischi preregistrati
che fornivano una sonorizzazione rozza e asincrona dei film.
Il problema di una sincronizzazione magnetica venne risolto nel 1921 dal
messinese Giovanni Rappazzo, il quale inventò e poi brevettò il sistema di una
“pellicola a impressione contemporanea di immagine e suoni” su nastro magnetico.
Purtroppo Rappazzo non trovò alcun finanziamento, il brevetto scadde il 30
marzo 1924 e non fu rinnovato, permettendo così all’americana Fox di brevettare
esattamente quello che Rappazzo aveva già brevettato e fatto scadere. Con
questa acquisizione della Fox nasceva nel 1929 il cinema sonoro, mentre sulla
grande scoperta di Rappazzo, che è stato di fatto l”inventore del sonoro sincronizzato,
calò l`oblio.
Ennio Bispuri, Il Cinema Italiano in 100 parole,
Gremese, 2015
venerdì 23 ottobre 2015
giovedì 22 ottobre 2015
On set
Top 20 : The Best Films Set in the Film
da Film Comment
1. Contempt Jean-Luc Godard, 1963
2. The Bad and the Beautiful Vincente Minnelli, 1952
3. Singin’ in the Rain Stanley Donen & Gene Kelly, 1952
4. Irma Vep Olivier Assayas, 1996
5. Sullivan’s Travels Preston Sturges, 1941
6. Mulholland Drive David Lynch, 2001
7. Day for Night François Truffaut, 1973
8. Beware of a Holy Whore Rainer Werner Fassbinder, 1971
9. The Player Robert Altman, 1992
10. Sunset Boulevard Billy Wilder, 1950
11. In a Lonely Place Nicholas Ray, 1950
12. Inland Empire David Lynch, 2006
13. Ed Wood Tim Burton, 1994
14. 8 1⁄2 Federico Fellini, 1963
15. Boogie Nights Paul Thomas Anderson, 1997
16. Actress Stanley Kwan, 1992
17. Abel Ferrara, 1993
18. Symbiopsychotaxiplasm: Take One William Greaves, 1968
19. Barton Fink Joel & Ethan Coen, 1991
20. The Last Movie Dennis Hopper, 1971
L'originale è qui:http://www.filmcomment.com/article/film-comments-trivial-top-20-expanded-to-50-the-best-films-set-in-the-film/
mercoledì 21 ottobre 2015
Missione possibile
Ho
composto le musiche (di Mission, 1986)
dopo che il film era finito. Quindi, ho visto prima il film e poi ho scritto la musica. Per
quanto riguarda la sequenza in cui lrons suona l`oboe, avevamo già messo un pezzo di Benedetto Marcello. Naturalmente non si voleva assolutamente mettere
un adagio di Benedetto Marcello, però il pezzo funzionava. Quando ho terminato
la visione dell`opera di Joffé, io ho rifiutato di comporre le musiche. Perché?
Perché il film mi sembrava talmente bello anche senza musica e soltanto con questo
pezzo di oboe che mi pareva un peccato metterci le mani e comunque mi sembrava,
forse, di togliere quell`emozione agli spettatori così come l`avevo provata io.
E io avevo provato questa emozione senza musica. Allora rifiutai
il film alla fine della proiezione, a Londra, e il produttore, che era Fernando
Ghia mi disse: "Se non vuoi farlo me lo dici”. Ma avevano visto che il
film mi era piaciuto tantissimo e alla fine ho accettato di scrivere le musiche
per questo film.
Ennio Morricone, Il cinema è musica
Centro Studi Cinematografici Anno XX n. 1-2 gennaio/aprile 1990
lunedì 19 ottobre 2015
Dr Paul Fejos
Per rendersi conto a che punto fosse arrivato il cinema muto
prima dell’avvento sonoro, basta assistere alla visione di due film realizzati
da Pal, Fejos sul finire degli anni 20 del secolo passato. Nei loro confronti
Nanni Moretti si rivela un ciarlatano, Martin Scorsese un razziatore di idee
altrui e Wim Wenders un pallone aerostatico. In Lonesome ( Primo amore)
del 1928 e The last performance del
1927 Pal Fejos porta le tecniche di
ripresa e montaggio e con esse del linguaggio filmico ad una svolta che ancora
oggi sbalordisce. Di più, queste possono essere considerate come opere di un regista
cinéphile, prima di Godard, amante dell’espressionismo tedesco o del cinema
americano anche per come conduce gli attori davanti l’obiettivo: in Lonesome americani, in Last Performance Conrad Veidt . Poco
soddisfatto dell’America Pal Fejos rientrò in Europa e ancora più insoddisfatto
del cinema si dedicò con successo all’antropologia lasciando a noi la sua fama
di mago dello sguardo.
domenica 18 ottobre 2015
Gangster e co.
3
Frattanto, depressione e << New Deal >› aiutando,
il mito del «gangster» s'era sgonfiato come, troppo cincischiato da vogliose
mani infantili, si affloscia il palloncino di un bimbo. Occasionale ma rivelatrice
ironia, il capo dei << G. Men», Hoover, aveva lo stesso cognome dello
sfortunato presidente che aveva promesso la prosperità << all'angolo della
strada ›>. Accadevano cose incredibili nella democrazia prima devota al
<< laissez aller >› e alla libera iniziativa. Il periodo si saldava
con gli speculatori rovinati che si gettavano dall'alto dei grattacieli e con
il << Brain Trust >› rooseveltiano che, dopo aver abolito la
proibizione, prima origine del gangsterismo, si preparava all'iniziativa
<< sociale >> della << Tennessee Valley >>. Nell'euforia
dei primi anni del regime di Franklin and Eleanor l’aquila degli indefessi
<<newdealers >> fu pure l'emblema protettivo dei film di Hollywood;
cinematografie celebrative degli uomini di Hoover fiorirono l'una dopo l'altra:
G. Men di Keighley (La pattuglia dei senza paura, 1935), e Public Hero No. I di Ruben (Missione eroica, 1935). G. Men è più importante di Public Hero No. I per la superiore
densità dell'azione e per la mancanza di trappole sentimentali; mentre Public Hero No. I vince il rivale per
una sorta di dilatazione dell'assunto - la lotta contro i banditi in pro di una
superiore dimensione cornelliana che tocca, oltre la vicenda << périssable
››, conflitti d’anime antichi come
l'uomo. E valga il vero. Mentre in G. Men
è la lotta dell'uomo della legge contro i banditi, con la piccola complicazione
di Ann Dvorak, venuta difilato da Scarface,
dove figurava come sorella di Paul Muni e fidanzata di George Raft, in Public Hero No. I sentimenti eterni come
la Donna e l'Onore erano il perno del racconto. Conflitto col Dovere, risolto
nello stupendo episodio del capo dei G.
Men che ricorda al subordinato incerto il giuramento prestato, e conflitto
sentimentale (tipicamente cornelliano!) quando Chester Morris s'accorge che Jean Arthur è sorella del fuorilegge Calleja. È caratteristico,
per aver la riprova del diverso peso psicologico dei due film, che, dopo tanti
anni, e anche qui, ahimè!, senza rilettura, la memoria indugi, compiaciuta e
appagata, sulla battaglia finale per G.
Men e su episodi come l”atrio dell'albergo durante l’alluvione in Public Hero No. I. L’anno dopo con The Petrified Forest (La ƒoresta pietrificata) e, ancora più
decisamente, nel 1937, con Dead End (Strada sbarrata) il genere <<
gangster ›› finiva gloriosamente nelle mani di Archie Mayo e di Wyler. Dietro non c”era più la divina
inconsapevolezza della cronaca ma l’abilità mercenaria dei teatranti di
Broadway, più usi al crepitare degli applausi che a quello delle pallottole. Le
spericolate, facinorose redazioni di Chicago erano state sostituite dalla falsa
semplicità dei bar e del Greenwich Village. L'eroe delle nuove storie è Bogart,
che si appoggia ai versi di Villon recitati con intellettuale estenuatezza da
Leslie Howard e alla scaltrezza istrionica di Bette Davis, cui tutto fa brodo per far le scarpe a Greta << divina >>. Come lo
stupefacente impianto di Dead End non riuscirà a farci dimenticare lo scipito
idillio di McCrea, i fondali dipinti, e la fissità « aristotelica ›>
dell'azione, del tempo e del luogo. Figlio della cronaca, il film << gangster»
era stato adottato dagli intellettuali, pronti a rivestirlo di panni accademici
e ad introdurlo, tutto ravviatino, nei salotti. Dopo aver suonato lugubre a
Roncisvalle ed elegiaco sui colli di Scandiano, il corno di Rolando si
apprestava a incontrare l'approvazione dei cardinali ferraresi. L’<< arte
>› vinceva lo slancio vitale, le ottave di messer Ludovico facevano obliare
la canzone di
gesta.
1950
Pietro Bianchi, Maestri del cinema
giovedì 15 ottobre 2015
Gangster e co
2
Prima della reazione << virtuosa >> e dell’idealizzazione del G. Men ha luogo l’apparizione del capolavoro: Scarface (1932) di Howard Hawks. La
materia, grezza ed informe, si nobilita in una rappresentazione affatto scevra
di compiacenze estetizzanti o di mire didascaliche. L'unità artistica è data
dallo stile che ricorda i precetti stendhaliani circa l’efficacia della lingua del
Codice civile. Scarface è nella memoria
di tutti perché è arrivato da noi nel dopoguerra; ma la schematicità e l”enfasi
della stesura fotografica hanno aggiunto, almeno per me, incanto ad incanto. `
Così come s’è potuto dire con cognizione di causa che la fotografia
della piccola martire di Primavalle, con quegli occhi spalancati e la
sciarpettina attorno al collo, << exploit ›› di un fotografo di
periferia, può ricordare un Matisse. Mentre, in un adeguato ritorno
cinematografico, i vecchi cronisti romani parlarono di << giglio infranto
››. Senza esitazione, metterei invece da parte City Streets (Le vie della
città, 1931), di Mamoulian, non senza la debita reverenza al talento,
alquanto facinoroso e bluflistico, dell'armeno: per la nostra ricerca, apporto per nulla genuino. Mentre nella stessa
direzione, e quasi per le stesse ragioni, è da scartare risolutamente l’intelligente
Ford di The Whole Town’s Talking (Tutta la città ne parla, 1935). Con Scarface, ma a un gradino più sotto,
sono invece da registrare in quegli anni The
Beast of the City (Il nemico pubblico
No. 1, 1932), e The Story of Temple
Drake (Perdizione, 1933) i cui
autori, Charles Brabin e Stephen Roberts, ebbero comune il breve destino. The
Beast oƒ the City racconta un caso piuttosto romanzesco. Il capo della polizia
in una certa città ha per fratello il responsabile di un commissariato. Di
carattere debole costui (Wallace Ford) è irretito da una ragazza (Jean Harlow),
affiliata a una << gang >>. A un certo punto il giovanotto traviato
si ravvede; il capo della polizia (Walter Huston) affronta i banditi riuniti a
banchetto; il capo della << gang» si fa scudo del poliziotto tarato, che
incita il fratello ad aprire il fuoco. Nella sparatoria muoiono i due fratelli
e la mala femmina, colpita a morte mentre fugge su una scala. Nel film Jean Harlow,
ancora acerba, aveva scarso peso. Non c'era alcuna ricerca formalistica o
psicologica. Si trattava di una nuda narrazione di fatti, resi pregnanti dalla
speditezza del montaggio, da una quantità di particolari di suggestione
immediata e dalla spontaneità degli interpreti. Tutt’altre ambizioni in The Story oƒ Temple Drake. Il successo
del romanzo di Faulkner (uscito nel '31, ma scritto in precedenza), da cui la
pellicola era ispirata, << Sanctuary», era soprattutto di scandalo; pochi
avevano saputo intravedere, oltre la scorza, il significato rivoluzionario
della << Weltanschauung ›› faulkneriana; è logico che, cadendo nelle
fauci hollywoodiane, la storia del gangster Popey si edulcorasse, sfumando
farisaicamente i troppo rilevati contorni. Si fecero dunque necessari <<
adattamenti >›; ma Roberts era un artista, e qualcosa restò. A suo tempo io
dubitai forte che la scelta di Miriam Hopkins, attrice troppo caratterizzata e
intellettuale, per la parte di Temple, fosse felice, né so risolvermi a
cambiare idea malgrado la mancanza - et pour cause! - di una << rilettura
›> del testo; ma è certo che la scelta di Jack La Rue come Popey risultò indicibilmente
felice. E certi allucinati interni (il bordello di Memphis) non facevano
affatto rimpiangere la mancanza della troppo celebre pannocchia di granoturco.
1950
Pietro Bianchi, Maestri del cinema
1950
Pietro Bianchi, Maestri del cinema
mercoledì 14 ottobre 2015
Gangster e co.
1
Per gli intellettuali
europei chiusi tra Proust e Joyce nella breve pace tra le due guerre mondiale,
il messaggio di Hollywood ha avuto soprattutto un significato di energia: Fazione
contrapposta alle conversazioni di caffè, il pericolo che annulla la pacifica
vita borghese, i sentimenti esposti
nella loro nudità primitiva, così lontani dalle supreme analisi
del parigino- e dell'irlandese. Per codesti intellettuali il cinema americano
era dunque una grande risorsa, ma non una risorsa indiscriminata; era necessaria
una scelta. La scelta fu il << gangster >>. Prima, c'eran state tre
false piste: il << cow-boy >› stava esaurendosi. Gli intellettuali
sapevano già che la << vera >› America non era Hollywood, troppo snob, né Nuova York, troppo cosmopolita; sapevano, attraverso Carl
Sandburg e Sherwood Anderson, Armstrong e Bessie Smith, che Chicago è la vera
capitale degli Stati Uniti. L'occasione a un rapido riepilogo del film
<<gangster ›> può essere forse offerta da una testimonianza minore,
quel film di Curtiz che si chiama Angels
with Dirty Faces (Gli angeli con la
faccia sporca, 1938). La pellicola di Curtiz, salvo qualche episodio della
prima parte, offre sbiadite immagini di una realtà incondita, ma rappresenta la
chiusura di un <<genere ›>, e per questo è importante. Nella selva
ardente delle origini (a non voler tener conto dei <<primitivi ›>
degli anni precedenti la guerra del '14) mi è caro il ricordo di quel negletto
capolavoro, che in italiano si chiamò La
volpe argentata, e nel quale è forse da ricordare, attraverso buone
congetture, una Girl from Chicago che
cade negli anni della presentazione italiana. La volpe è, con tutta probabilità, del '27, come dello stesso anno
è il primo celebre archetipo Underworld di Josef von Sternberg (Les nuits de Chicago nell`edizione
francese; in Italia non venne, forse per ragioni di censura; come non venne The Little Caesar di Mervyn Le Roy, del
'30). Per La volpe e per Underworld erano a ogni modo gli anni dell'abbondanza:
erano lontani la crisi di Wall-Street e Hitler; Mussolini non era <<
articolo da esportazione>› e Stalin non era ancora << interessante
>>. Tutto era liscio e tranquillo e la Madame Bovary che sonnecchia nel
cuore di ognuno non fece nessuna fatica a scoprire nel << gangster ›› ciò
che la patetica Emma scoprì nello << hobereau >› di provincia e,
ricadendovi, in << monsieur Léon >>. La gente riconosce l’emblema
del nuovo << gusto ›› nella canna corta del mitra come si riconoscerà più
tardi nelle gambe di Marlene.
1950
Pietro Bianchi, Maestri del cinema
lunedì 12 ottobre 2015
domenica 11 ottobre 2015
Il mondo di Apu
Riportami
al tuo grembo, Madre Terra,
Riprendi
il tuo figlio e accoglilo nella tua ampia tunica!
Che
sia uno col suolo e che mi distenda
che
mi apra totalmente, come le messi della primavera,
che
prorompa dalla stretta cella del mio petto,
e
che abbatta le pareti della gabbia della mente,
e
che fluisca nella totale delizia
fino
ai confini estremi della terra
innalzandomi
e fluttuando !
Apurba
Kuman Ray
in
Satyajit Ray, Il mondo di Apu (Apur Sansar), 1959
giovedì 1 ottobre 2015
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