Quando i ragazzi di oggi vedono in qualche
retrospettiva uno dei capolavori del muto e mandano gridi di doveroso entusiasmo,
non possono capire il curioso effetto che fa ad uno della vecchia generazione
il vedere isolato, messo sotto spirito, spiegato ed illustrato uno di quei film
che gli accadde di vedere da giovane, magari con la fine prima del principio, in
mezzo soprattutto a una catasta di altre pellicole, e
non tutte spregevoli, di cui s’è perduto persino il
ricordo.
Con questo non si vuol dire che il tempo e la critica
non abbiano isolato a dovere i film memorabili da quelli che non lo sono: si
vuole affermare soltanto che fra quelli caduti in oblio ce ne sono molti che
avrebbero meritato di restare.
Nel cinema che chiameremo per comodo primitivo, ma allo
stesso modo in cui nel campo delle arti figurative lo scultore del Duomo di
Fidenza è un primitivo rispetto a Dupré, avvenne che molte pellicole furono
opere di scuola, uscite cioè da una stessa matrice ideale nella quale,
nell'entusiasmo della creazione comune, qualcuno, magari l'elettricista,
fungeva da capo e gli altri si mettevano entusiasticamente ai suoi ordini
nell'allegra consapevolezza di partecipare a un`opera febbrile e comunque non
duratura. Ma non è detto che ciò che è destinato a perire sia per
questo meno bello, e la retorica classicista ha commesso uno dei suoi soliti
errori eloquenti quando ha associato, male interpretando il legittimo desiderio
che ogni artista ha di vincere il tempo, solidità con bellezza. Per nostro
conto non siamo affatto persuasi che gli scomparsi tempietti greci di legno, di
cui parla Lawrence in una pagina famosa, fossero meno belli di certi capolavori
che resistettero al tempo.
Ci
accade dunque, quando una nostalgia cui è vano resistere, ci conduce in certe
salette fuori mano dove i filologi dei cine-club offrono antichi film muti, di
trovarci nella medesima posizione spirituale di Eugenia di Montijo, diventata
imperatrice dei francesi, quando nel museo di Grenoble le fecero vedere un ritratto
del famoso scrittore Stendhal.
<< Ma questo non è uno scrittore, >>
avrebbe detto la bellissima e romanzesca spagnola, << questo è il signor
Beyle che mi raccontava le avventure di Napoleone quand’ero bambina. >> Così noi potremmo dire che questo
che vediamo più di vent`anni dopo non è il capolavoro di Ford o di Murnau, ma
un certo film visto nel 1925 in un pomeriggio caldo di giugno, quando si usciva
dal ginnasio che il sole era ancora alto (si andava a scuola pure nel pomeriggio,
in quei tempi) e si mettevano le assicelle dei libri a fare da piedistallo per
diventare un pochino più alti della calca ondeggiante negli ultimi posti.
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