OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “
Autori di un cinema “ mai
riconciliato “, che ha la sua origine in Roberto Rossellini, lontani dai
consensi delle masse, con lavori inaccessibili ai più, Danièle Hulliet e Jean
Marie Straub si sono costruiti intorno una piccola rete di ammiratori che come loro
sono restii a cercare compromessi. Semplicità e decoro sono alla base del loro
film più noto: Chronik der Anna Magdalena Bach del 1967. Trasferire
sullo schermo la vita e le opere di Johan Sebastian Bach non è cosa da tutti,
quando la meta non è Hollywood. Leggendo i titoli dei due film ci si accorge di
quante ditte, note per abilità, hanno concorso alla realizzazione della
pellicola: citiamo a titolo di esempio i nostrani Gian Vittorio Baldi
produttore, la Casa d'Arte di Firenze per l'abbigliamento, Rocchetti per le parrucche. Con la loro esperienza il
film cattura lo sguardo che rimarrà impresso nello spettatore più esigente. Ma
il merito più elevato lo hanno esecutori ed interpreti, forse i migliori, del
Cantor: Gustav Leonhardt, Christiane Lang, Nikolaus Harnoncourt, assieme a
solisti e cori del Concertus Musicus Wien, lo Knabenchor Hannover che oggi contano un numero elevato di
incisioni su qualsiasi supporto adatto alla riproduzione.
Per tornare a Hulliet e
Straub bisogna riconoscere che, pur non avendo la fama di Luchino Visconti, il
duo ci restituisce integri gli anni, la vita e le opere del Maestro di Lipsia e
Dresda. Attraverso le parole di Anna Magdalena entriamo nell'intimità della
famiglia, le gioie per i successi e i dolori per la prematura perdita dei figli.
Per mezzo delle missive di Bach scopriamo i
rapporti col potere rappresentato dai principi delle città, dai rettori
delle università, dagli alti prelati delle chiese, dove egli esercitava il suo
magistero. Pochi carrelli, maggior uso di angolazioni statiche in ambiti
ristretti come potevano essere le stanze o i pulpiti dove la musica di Bach
veniva eseguita. Il resto lo fanno gli sguardi della cinepresa sulla grafia del
Maestro o sui panorami, incisi su carta, di città o chiese che hanno visto il
Cantor, o meglio, ascoltato la sua musica creata per conto di Dio.
Soli Deo gloria
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