A Firenze, molti anni fa, suonavo con il gruppo “Nuova
Consonanza” e il nostro era un programma straordinariamente sperimentale. Tutta
la prima parte di quel concerto verteva su questo tipo di spettacolo: si
cominciava quando la gente ancora non era entrata nella sala del concerto. E
questo il pubblico non lo sapeva. C`era un signore che stava in sala e quando
la gente entrava, saliva sul palcoscenico. Tutti pensavano che fosse un
operaio. Una volta sul palcoscenico, si toglieva il cappotto e lo appendeva a
un attaccapanni. Poi saliva su di una specie di soppalco e incominciava a
lavorare con una scala che stava lì appoggiata. Con le mani muoveva le due assi
che tengono i pioli facendo uscire dal legno degli strani suoni. La gente, intanto,
continuava a entrare, non sapendo sempre che lo spettacolo era già iniziato:
aspettava che lo spettacolo cominciasse. E lo spettacolo continuava così. Dopo
quaranta minuti, il pubblico cominciò a capire che lo spettacolo era iniziato e
cominciò a fare silenzio. Il cigolio con la scala andò avanti per un'altra mezz`ora.
Alla fine, il signore sul palcoscenico si rimise il cappotto, scese dal palcoscenico e uscì. Così finiva la prima parte
dello spettacolo. E il pubblico non si accorse egualmente che era finita la
prima parte dello spettacolo. Per me questo è stato un insegnamento
fondamentale. La filosofia di questo esperimento era che qualsiasi suono della
vita, quello della campana della chiesa che stiamo sentendo in questo momento,
quello di una mosca, di una goccia d`acqua , messo al centro di un silenzio,
isolato da tutti gli altri suoni diventa un suono e acquista una importanza
completamente diversa da quella della sua natura. Diventa fondamentale questa nuova
espressività del suono tolta dalla sua paternità iniziale.
Quest’ episodio che vi ho raccontato l`ho raccontato
anche a Sergio Leone e lui riuscì a fare, all'inizio di C'era una volta il West, una sequenza che io ritengo straordinaria
e che costituisce l”inizio del film. Credo che questa sequenza sia
particolarmente riuscita per la considerazione che il regista ha dato alla chiarezza
dei suoni e che questi suoni, proprio per la loro chiarezza, assumono, dentro l’immagine,
una grandissima importanza.
Ennio Morricone, Il cinema è musica Centro Studi Cinematografici Anno XX n. 1-2 gennaio/aprile 1990
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