giovedì 7 marzo 2019

Briguglio Film - "Si gira"


Ave Ninchi ed il brillante attore siciliano Umberto Spadaro 
in una simpatica scena de ”Il vecchio con gli stivali”.

L'accurata regia
di Luigi Zampa

Dalla inquadratura del soggetto alla scelta dei tipi il lavoro del Zampa si profilò diritto, lucido, sicuro come lama: egli esperto nel conoscere come la materia del libro debba divenire spirito sullo schermo inquadrò felicemente nei luoghi vivi le persone vive. Scelto Modica, come luogo dell’azione (che si svolge nel
romanzo a Catania), come luogo più spiccatamente siciliano e molto più agevole alla lavorazione per la possibilità di trovare vive e palpitanti le ƒigure di contorno, ed elesse a protagonista, nella parte di
«Piscitello» un giovane attore siciliano, figlio d'arte e di artisti sommi, Umberto Spadaro, nel teatro e nel cinema rivelatosi per quella ƒresca e pur vigorosa immediatezza che distingue gli attori dialettali in genere ed i siciliani in specie.
Spadaro, col suo intuito pronto e specialissimo, ha stagliato un tipo che rimarrà indelebile nella cinematografia e non italiana soltanto.
Sarà, suo figlio Giovanni, nel film s’intende, Massimo Girotti in travolgente ascesa: dopo le recenti e susseguentisi rapidamente, interpretazioni di «Fatalità», «Preludio d'amore›› «Caccia tragica» e
«Gioventù perduta» Girotti raggiungerà in questo film il «massimo›› della sua popolarità.
Ave Ninchi, l'attrice che per la sua pacata dolcezza e per la vivezza della sua espressione si è, ancor giovane, dedicata al ruolo di madre sarà la moglie di Pìscitello.

N. S.
Nitto Scaglione
Gazzettino Peloritano  ARTISTICO MONDANO LETTERARIO APOLITICO  Anno 1  N. 2 Messina Domenica 26 Ottobre 1947



mercoledì 6 marzo 2019

My dad



My parents are squatting in an abandoned building on the Lower East Side.
They were homeless for three years before that which is pretty much how they raised us.
My dad is not developing a technology for bituminous coal, but he could tell you anything that you want to know about it.
He is the smartest man that I know.
He is also a drunk.
Never finishes what he starts and can be extremely cruel.
But he dreams bigger than anyone I've ever met.
And he never tries to be somebody that he's not.
He never wanted me to either.

I miei genitori occupano un edificio dismesso nella Lower East Side.
Sono stati senzatetto per i tre anni precedenti, ed è così che ci hanno cresciuti.
Mio padre non lavora ad una tecnica per il carbone bituminoso, ma potrebbe dirvi tutto quello che
non sapete sull'argomento.
E' l'uomo più intelligente che conosca.
Ed è anche un alcolizzato.
Non finisce mai quello che comincia, e può essere estremamente crudele.
Ma è il più grande sognatore che conosca.
E non cerca mai di essere la persona che non è.
Mi ha insegnato a fare lo stesso.
Destin Daniel CrettonBrie Larson, The Glass Castle, 2017


lunedì 4 marzo 2019

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - Miracolo a Milano


Cosi, ancora una volta, la città è lo spazio dell'estraneità, della alienazione, della repressione e spesso dell'ingiustizia e della sopraffazione. In una dimensione che ha il sapore dell'apologo è ciò che ci ripete Miracolo a Milano, con quella sua oleografia del capitalismo disegnata in stile disneyano; e lo spazio che la contraddistingue non si presta certo a equivoci. Il palazzo di Mobbi, ampio, slanciato verso l'alto secondo imponenti linee verticali di marca architettonica fascista sembra indicare un'altezza irraggiungibile dalla povera gente delle baracche, alla cui esistenza reale Brunella Bovo — nel film una di loro — si rifiutava a suo tempo di credere, un'altezza che invece verrà raggiunta e di gran lunga superata nella famosa sequenza finale con i barboni librati su una Milano che mostra soltanto qualche tetto e l’immancabile immagine della guglia più alta del Duomo, destinati a un cielo che di sicuro non è il paradiso della classe operaia né tantomeno quello del credente, ma soltanto un ideale, fiabesco spazio alternativo nel quale la sopraffazione del potente non poté più avere la meglio sul povero, come invece era stato persino nell'Anticittà di Totò. Pure, l'esperienza di questa Anticittà non va sottovalutata. Miracolo a Milano in generale, anzi, si presenta come momento essenziale nell'«iter» spaziale del cinema di De Sica. Si noterà per prima cosa come il teatro di ogni cosa semplice e vera, di ogni sincerità naturale, è regolarmente situato nell'area esterna alla città 8. Il film si apre su una periferia semirurale e il gioco di Lolotta e di Totò in una delle primissime sequenze è proprio quello di saltare su una piccola città finta posta sul pavimento della casa. La città vera, del resto, è connotata in modo alquanto esplicito: la si vede la prima volta in occasione del passaggio del carro funebre della vecchia Lolotta, e ciò che la qualifica molto presto è un'immagine di furto e di inseguimento [il ladro e i carabinieri}. Una città che mostra i più vistosi squilibri: Tot passa, uscito dal collegio, davanti a un gruppo di operai al lavoro (un lavoro duro, sporco, ingrato] e la sera stessa davanti alla Scala fra uno scintillio di toilettes, un'esibizione di benessere e di scostante ricchezza. Non a caso Totò stabilirà facilmente un contatto con i primi, mentre con gli altri si limiterà alla distante ammirazione del semplice nel confronti del ricco, lui che trova naturalissimo salutare affabilmente gli estranei che gli passano accanto, suscitando irosi commenti 9.

8 E vengono in mente le parole di Mumford: Il sobborgo riesumò, superficialmente, il sogno della democrazia jeffersoniana, quasi cancellata dalle tendenze oligarchiche del capitalismo, e presentò le condizioni essenziali alla sua attuazione: una piccola comunità di individui che si conoscono tra loro e che partecipano alla pari alla vita collettiva ». Cfr. Lewis Mumford: «La città nella storia», Milano, Ed. di Comunità, 1964, pp. 623-24.
9 E sulla estraneità e l'anonimità programmatiche della città si leggano le chiare pagine di Harvey Cox:  La città secolare , Firenze Vallecchi. 1968, nel cap. La forma della città secolare, pp. 38-59. (continua)

Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975



domenica 3 marzo 2019

giovedì 28 febbraio 2019

Detective Thriller - Detective story

La migliore definizione della « detective story » è forse quella che ci ha dato Michel Butor nel suo romanzo « L'impiego del tempo ››: ogni romanzo poliziesco si basa su due omicidi, il primo, commesso dall'assassino, non essendo che l'occasione del secondo, in cui quest'ultimo rimane vittima dell'assassino puro e impunibile che è il i« detective ». Ogni « detective story » [sia essa letteraria o cinematografica) contiene non solo due serie di delitti ma anche due sequenze temporali. Inoltre suppone due registri specifici di intervento sulla realtà. Il primo è dato dal tempo del dramma che conduce al delitto originario e punibile. Il secondo ha inizio con l'inchiesta successiva a questo primo delitto e conduce a sua volta al delitto finale e impunibile. Così è come se ogni « detective story » fosse costituita da due storie diverse. l personaggi della prima storia hanno la funzione di agire, la sequenza temporale è quella del dramma in atto e il campo in cui questo dramma si svolge è quello della verità.
I personaggi della seconda storia hanno soprattutto la funzione di apprendere [non importa se il «detective ›› oltre ad ascoltare la lezione di vari indizi contrastanti rischia la propria vita: in questo senso tra il Philo Vance interpretato da William Powell in The Kennel Murder Case di Michael Curtiz e il Mike Hammer di Kiss Me Deadly di Robert Aldrich - come dire la più sofisticata e la più efferata delle « detective stories ›› - non c'è nessuna differenza). Il « detective » infatti è necessariamente impegnato in ipotesi e congetture, interpretazioni le ricostruzioni del significato globale degli avvenimenti fatali della prima storia, la quale, essendo nota solo in parte, deve essere completata. La sequenza temporale, a questo livello, è quella dell'inchiesta e il campo in cui questa viene portata avanti quello dell'esattezza. La storia del dramma racconta ciò che è avvenuto nei fatti. La storia dell'inchiesta spiega come il « detective ›› ne ha preso coscienza. In ogni « detective story » ci deve essere qualcuno che ignora qualcosa e al termine di un faticoso processo di apprendimento questo qualcuno ce ne deve comunicare i risultati. l film la cui durata coincide con la sequenza temporale del dramma, iscritta nel registro della verità, sono « psyohological thriller ». Quelli la cui durata coincide con la sequenza temporale dell’inchiesta, iscritta nel registro dell’esattezza, sono «detective thriller » veri e propri. Un esempio del primo caso è dato da Sorry, Wrong Number [1948, Il terrore corre sul filo) di Anatole Litvak, in cui Leona Stevenson (Barbara Stanwick) è una ricca ereditiera semiparalizzata e relegata a letto. È notte ed è sola, nella camera da letto di casa sua, a New York: la donna è sola perché il marito in precedenza aveva detto all'infermiera e ai domestici di prendersi una serata libera. La donna incomincia a preoccuparsi per il ritardo del marito, che non è ancora tornato dall'ufficio. Telefona allora in ufficio per sapere la ragione del ritardo e a causa di un contatto fortuito intercetta la comunicazione di due voci maschili che stanno parlando di un delitto che dovrà avvenire a una certa ora della notte, delitto che uno di essi è stato pagato per compiere e che l'altro gli ha commissionato per sbarazzarsi della moglie ed entrare in possesso delle sue sostanze. Leona si mette subito al telefono e passa parte della notte a tentare -di convincere la polizia, il medico personale e un sacco di altre persone che sta per essere commesso un omicidio, senza rendersi conto o minimamente sospettare che la vittima designata non è altri che lei e il mandante suo marito. Ogni suo sforzo fallisce miseramente, soprattutto a causa del suono della sua voce (il film non era che l’adattamento di un dramma radiofonico di Lucille Fletcher, incentrato soprattutto sugli effetti sonori delle varie voci al telefono e dei rumori prodotti da quest'ultimo), a giudicare dalla quale la donna sembra in preda a una crisi isterica. All'ora convenuta dalle due voci sulla linea intercettata Leona avverte la presenza di qualcuno che sta salendo le scale, verso la sua stanza. Il telefono suona. È il mairito che ha cambiato idea e vuole prevenire il sicario. Una mano guantata si sostituisce al ricevitore. Un'altra mano si stringe attorno al collo della donna. L'intruso esegue l'incarico affidatogli e prima di andarsene fiata nel ricevitore: « Sonry, wrong number » [« spiacente, ha sbagliato numero ››).
Un esempio del secondo caso è dato da Klute (1971, Una squilllo per l'ispettore Klute) di Alan Pakula, che ha inizio con l'assegnazione del mandato al «detective » protagonista [Donald Suthenland) di far luce sulla misteriosa scomparsa di Grunneman, sottolineata nella sequenze d'apertura dalla poltrona vuota di quest’ultimo.
I film citati però in realtà sono soltanto dei casi limite, in quanto molto più spesso si assiste alla copresenza di dramma e inchiesta, di verità ed esattezza, di azione e conoscenza all'interno di uno stesso film: tale è il caso di Dial M for Murder (1954, Il delitto perfetto) di Alfred Hitchcock che nella prima parte [la prima storia) racconta una vicenda analoga a quella di Sorry, Wrong Number [il marito che per liberarsi della moglie, rispettivamente impersonati da Ray Millland e Grace Kelly, assolda un assassino a pagamento) e nella seconda parte (la seconda storia) aggiunge al dramma della verità l'inchiesta  che si compie nei modi dell'esattezza [la donna ha ucciso per legittima difesa l'assalitore e il sospettoso ispettore Hubbard deve dimostrare la macchinazione del marito).
Ogni « detective story ›› fa perno sulla dialettica della presenza e dell'assenza: infatti regola costitutiva di essa è che il « detective ›› non fosse presente quando veniva commesso il primo delitto, quello punibile. La ricerca del colpevole [da uccidere impunemente) si giustifica in base a
questo difetto di visibilità, sostituendo all'assenza preliminare la presenza virtuale instaurata dal ragionamento conoscitivo e dallo psicodramma generato dal gesto di accusa contro l'assassino ormai individuato. Ma spesso si giustifica invece in base a un eccesso di visibilità [o di udibilità): tale è il caso di Hear Window (1954, La finestra sul cortile) in cui L. B. « Jeff ›› Jeffries [James Stewart] incomincia a interessarsi dei tenebrosi avvenimenti in casa Thorwald soltanto a causa del suo inguaribile noyeurismo [una variante è data da Ventitre passi dal delitto di Henry Hathaway, in cui Van Johnson è uno scrittore cieco che si trasforma, come Jaimes Stewart nel film precedente, in « detective ›› dilettante dopo aver faticosamente auscultato una conversazione in cui si alludeva a un rapimento a scopo di estorsione). (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾


mercoledì 27 febbraio 2019

Briguglio Film - «Il vecchio con gli stivali»

«Tutto è pronto per girare? ››. 
Tra qualche istante, il regista Zampa, che seduto sul carrello controlla attentamente la situazione, darà la risposta; 
se tutto va bene il buon Montuori metterà in azione la sua macchina da presa. 
Sulla destra, mesti e pensierosi, potete scorgere l’organizzatore generale Fazzari e l’aiuto regista De Feo.


Il “battesimo ,,
della Briguglio Film

 Ci si scalda, credete, quando l`inverno della vita giunge in anticipo ed aggressivo, a questa cordialità: si rievoca un ardente passato e si spera ancora nell’avvenire nostro od altrui poco importa ché l`avvenire può costituire una eredità di chi non ha nulla a chi ha tutto, a chi, ha il grande tesoro della giovinezza. Ed io mi sono maggiormente scaldato a questa cordialità poi che gli artisti mi si dichiaravano fieri d'essere stati eletti a tenere a battesimo una casa cinematografica nostra: la «Briguglio Film» .
Non ne avevo mai inteso parlare prima di quel giorno e la «Briguglio Film» era sorta viva e vitalissima tanto che il suo primo film «Il vecchio con gli stivali» è di già alle ultime scene dopo 70 giorni di lavorazione avvenuta tutta in Sicilia e precisamente a Modica dove furono girati esterni ed interni. Rimaneva da girare a Messina, solo le scene di viaggio - navi traghetto o littorine - qualche scena balneare e gli interni di una clinica ostetrica, e di uno stabilimento industriale. Poi a Roma, il prima atto della «Norma » in un grande teatro. Il film passerà quindi al montaggio, poi alla sincronizzazione per essere pronto in maggio e partecipare al Festival cinematografico di Bruxelles dove sarà presentato dalla «Fincine›› in prima visione assoluta.
Vorrei avere il piacere di presentare ai messinesi il loro audace concittadino cav. Ferdinando Briguglio, ideatore, finanziatore e realizzatore da solo della «Briguglio Film» ma nessuno mi ha fatto l'onore di presentarmi a lui, per quanto mi si disse che il direttore di produzione proƒ. dott. Domenico Fazzari mi cercasse, dopo il mio fugace articolo sul film apparso sul «Notiziario» ed io avessi, conseguentemente, cercato di lui m senza avere la possibilità di essere ricevuto.
Ho avuto però dalla squisita cortesia del dott. Zampa, regista del film, chiare ed ampie notizie e, direi, notizie vive in quanto da un uomo che ha la passione, la competenza, la cultura e, sopratutto, la genialità di Luigi Zampa - il regista de «L'on. Angelina» e di «Vivere in pace» - il racconto della propria fatica è così luminoso da divenire palpitante di vitalità.
«Il vecchio con gli stivali» è un recentissimo romanzo del poeta siciliano Vitaliano Brancati, che ha ottenuto il premio «Vendemmia» per la umanità con cui la dolorosa storia di un povero impiegato siciliano dal 1934 al 1943 è raccontata con vivezza di studio ambientale, con chiarezza di dettagli con quella delicatezza di intuito meridionale che infonde al racconto un senso di altissima poesia.
Il Briguglio comprese, leggendo il romanzo, l'alto interesse che avrebbe potuto destare, ridotto per lo scherno, in Italia ed all'Estero ed affidò la stesura cinematografica di esso, oltre, naturalmente,
che all’autore, ad Enrico Fulchignoni ed al regista Luigi Zampa. (continua)
N. S.
Nitto Scaglione
Gazzettino Peloritano  ARTISTICO MONDANO LETTERARIO APOLITICO  Anno 1  N. 2 Messina Domenica 26 Ottobre 1947


lunedì 25 febbraio 2019

Sacrifices transmuted into steel



Through the dusty haze, the raging flames, the graves,
And through the shattered homeland,
And the sacrifices, transmuted into steel,
Are carried off to build the paradise of our desires.

Dalla nube di polvere, le fiamme divoranti, le tombe
e dalla terra natia devastata,
tutti i sacrifici tramutati in acciaio,
sono confiscati per costruire il paradiso dei nostri desideri.
Liang Zhao, Behemoth (Bēixī móshòu 悲兮魔),2015