lunedì 8 giugno 2015

Red Sniper

OGGI

Un drappello di rivoluzionari Rossi è costretto ad attraversare il deserto del Kara Kum per arrivare al lago d’Aral e così sfuggire alle mani dell’Armata Bianca. Tra questi milita Maryutka, abile cecchina. A lei è affidata la custodia di un cadetto dei bianchi fatto prigioniero. Il commissario capo dei fuggitivi incarica ancora la donna di attraversare il lago su una barca a vela e portare il prigioniero in un posto più sicuro ove interrogarlo. A seguito di un nubifragio i due finiranno soli su un’isola interna al lago. Innamorati l’una dell’altro vivranno come Robinson e Venerdì sebbene la tragedia sia dietro l’angolo, causata da incomprensioni e opposte ideologie. Questa trama che fa venire alla mente certe novelle di Joseph Conrad ha generato due film caposaldo della cinematografia sovietica. Il primo diretto nel 1927 da Yakov Protazanov cui rimanda quello del 1956 diretto da Grigori Chukrai.  Tra i due film il più famoso è il secondo. Questi è figlio, proprio così, del suo tempo, quando ascese al potere dell’URSS Nikita Kruscev; ma il 1956 è anche l’anno fatale dell’Ungheria. Il pregio del film di Chukrai è tutto nei colori delle immagini e nella colonna sonora, per questo va visto nell’edizione originale con sottotitoli. Alla bravura degli interpreti si affiancano alcuni momenti tra i più significativi: la traversata del deserto, l’incontro con un gruppo di nativi, il sogno della guardia cui fregano i cammelli, la navigazione, come se fosse una crociera, sull’Aral e infine l’isola su cui matura la fine del sogno. Il tutto per merito del fotografo Sergei Usurevsky e del musicista Nikolay Kryukov che mescola temi sinfonici e folklore di quei posti.



mercoledì 27 maggio 2015

Maestro Predicatore

Ho detto che mi astengo dall’andare al missaggio. Se invece sono d`accordo con il regista, io ci vado molto volentieri, ma allora poi discuto e anche litigo.
Vorrei dirvi che da qualche anno mi sono trasformato in un predicatore. Racconto a tutti i registi con cui lavoro queste cose che vi ho detto. Perché, dopo tutto, riguardano il mio lavoro e anche il lavoro che fa il regista. Alcuni registi mi danno retta, altri credo di no, perché per loro il suono dei passi pare che sia più importante della musica. Allora, in questi casi, se sono presente al missaggio dico di togliere la musica. Inoltre ci sono dei registi che, per stimolare il compositore a fare una buona musica, dicono: “Guarda, qua, la musica è sola”. ln effetti mentono, perché poi la musica non è sola. E questa è una cosa gravissima. Perché, a missaggio finito, la musica viene mischiata con altri suoni e lo sfacelo è ancora più grande, perché era stata composta per essere in primo piano.
Ennio Morricone, Il cinema è musica
Centro Studi Cinematografici Anno XX n. 1-2 gennaio/aprile 1990


lunedì 25 maggio 2015

domenica 24 maggio 2015

Stazione De Sica

La lettura del  film di De Sica, Stazione Termini, richiede allo spettatore una certa consapevolezza. Stazione Termini, probabilmente, non è una svolta rivoluzionaria, un ritorno alla norma, una conversione agli attori professionisti da parte del regista di Frosinone: è una vacanza, e, se si vuole, un ripensamento, forse una sosta, sull`intrapresa via di Damasco. Secondo Berenson, è stata una incongruenza,da parte del Caravaggio, l’aver concessa una maggiore importanza figurativa, nel dipinto famoso, al cavallo che all’impetuoso cavaliere, ancora Saulo per brevi istanti, caduto per terra; opinione discutibile, come ognuno sa. Ma ora non vorremmo cadere, per parte nostra, in un'incongruenza più evidente concedendo alla nuova scelta di De Sica (scelta di ambiente, di personaggi, di dialogo, di contenuti << non sociali >>) un’importanza maggiore di quella che essa abbia in effetti.
1953
Pietro Bianchi, Maestri del cinema 

mercoledì 20 maggio 2015

lunedì 18 maggio 2015

W. U. S. A.

OGGI
al Circolo di Cultura Cinematografica “ Yasujiro Ozu “


Il film più significativo che io abbia mai fatto, forse il più importante. Paul Newman

WUSA (Un uomo oggi, 1970) è un concentrato di americanismo o se volete della peggior America. Può stare alla pari con Nashville di Robert Altman di qualche anno più avanti. Può stare alla pari con le opere di Sidney Pollack, Alan J. Papula, Hal Ashby o Arthur Penn osannate più in Europa che nella loro patria di origine. Stuar Rosemberg in quanto regista è di minore statura rispetto a quelli citati prima. Sa usare campi, controcampi e primi piani ma questo è più un affare del montatore che del regista.
Rehinhardt è un mezzo fallito capitato a New Orleans per sopravvivere. Quando non è preso dall’alcol, che tracanna sempre dal thermos, lavora per una radio o si ritira nell’affetto di una donna fragile che non ci pensa due volte a mollarla quando gli eventi lo sovrastano, abbandonando il campo per cercare nuovi angoli e nuovi derelitti su cui scaricare le sue nevrosi. Dello stesso Newman come di Joanne Woodward o Tony Perkins è inutile sproloquiare: col trascorrere degli anni diventano sempre più preziosi, sebbene assenti.