Un senso panico percorre il film (Mira*), il canto e la danza esaltanti esaltano il creato intero, diventano il ritmo che regola la vita, il passaggio dei buoi sull'immenso fiume, i vasai intenti a modellare i loro vasi, i mietitori che ammucchiano le messi, le fanciulle nei loro giardini. Sono i pezzi più belli del film, accanto all'esaltazione del canto e della danza nei templi tra le turbe d'uomini d'ogni condizione, e i brani affidati alla protagonista che il regista non esita a mettere in primo piano per diecine di minuti col suo canto di organo. Per la cronaca, il pubblico abituato ai film dell'industria occidentale che per un orientale devono sembrare prodotti di nevropatici (si ricorderà che qualche anno fa si stabilì una censura sui film occidentali destinati a certi paesi orientali, nella considerazione che alcune di tali opere inducevano quel pubblico diverso al disprezzo del bianco e alla criminalità), il nostro pubblico finiva col ridere d'una situazione sempre uguale sebbene diversa sempre di intensità: Mira che canta le sue lodi, e sono tredici cantici, al dio dagli occhi di loto, coi bracciali alle caviglie, la collana di gemme sul petto, la cintura di piccoli campanelli, il quale a mezzanotte apparirà « sulle rive del fiume d'amore ›. Capita di pensare che questo è il parallelo dei film musicali occidentali in cui la cantante si produce più volte in canzoni sincopate e in danze erotiche.
CORRADO ALVARO, Il Mondo, 12 aprile 1952
*Meera, 1947 by Ellis R. Dungan
In apertura il produttore T. Sadasivam, la protagonista M. S. Subbulakshmi e il regista Ellis R. Dungan sul set si Meera. Segue M. S. Subbulakshmi in uno screenshot.
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