collegio in Las
abandonadas, il cortile che percorre il fucilando in Flor silvestre, il lunghissimo portico di Enamorada, (ripreso poi anche da Ford in The Fugitive). Si veda anche, per la parte sonora, il commento
musicale, originalissimo - anche se talvolta troppo
facilmente insistito - a base di canti corali indios.
Talvolta però Fernandez mosso da preoccupazioni narrative, se non
addirittura da costrizioni produttive - è indotto ad un folclorismo di maniera,
quasi ad una standardizzazione turistica, con accostamento agli schemi delle
“follie” hollywoodiane (per esempio la festa popolare in La perla).
D'altronde già nel cinema questa individuazione d'un
repertorio indigeno aveva avuto un precedente illustre in S. M. Eisenstein.
Eisenstein, col distacco lucido dello straniero, aveva colto, nella sua
incompiuta epopea di Que viva Mexico
i motivi più caratteristici della civiltà e del folclore messicani. Benché il
suo atteggiamento di fronte al Messico sia improntato ad una estrema libertà di
ispirazione – Que viva Mexico, svolge dialetticamente una tesi marxista - Eisenstein ha tuttavia sentito il senso, quasi
mistico, della tradizione millenaria messicana, la grandezza eroica degli
Aztechi che sopravvive nello stoicismo disperato dei “peoñes”. Que viva Mexico doveva aprirsi con una rassegna
di antiche sculture messicane (il motivo dei volti di pietra è stato poi
ripreso da Fernandez in Maria Candelaria,
ma con ben altro temperamento). In Eisenstein troviamo già accuratamente
inventariati gli elementi d’un'immagine mitica del Messico, un Messico
romantico e leggendario, che certamente offrì a Fernandez una suggestione
specifica forse più importante dell'esempio pittorico. Ma come l’influsso della
pittura anche quello di Eisenstein non va oltre quest'indicazione di genere. Il
Messico di Fernandez, sfumato ed elegiaco, è infatti ben diverso dal Messico di
Eisenstein, eroico e crudele, perché diversi sono i temperamenti dei due
registi. E profondamente diversi sono anche i mezzi di linguaggio e di
grammatica.
Quanto poi ad un'influenza sia pure “di complesso”
(sic) del cinema sovietico sul cinema messicano e su Fernandez, influenza
escogitata da Glauco Viazzi (1) (< dietro a Rio Escondido pare profilarsi Il Maestro di Gherassimov; e dietro a Enamorada: Il commissario di brigata di Rasumny >) ci sembra un'ipotesi
piuttosto aerea, che cede forse a suggestioni e a lusinghe, per così dire,
extra-estetiche. (continua)
(1) Glauco Viazzi: Enamorada in Bianco e Nero n. settembre
1949.
Franco Venturini in
BIANCO E NERO ANNO XII – N. 4 - APRILE
1951
Nella foto "El Indio" durante le riprese di Duelo en las montañas, 1950
Nessun commento:
Posta un commento