martedì 26 novembre 2019

Emilio "el Indio" Fernández - S. M. Eisenstein e il cinema sovietico

Anche dall'architettura del suo paese Fernandez ha saputo trarre effetti specifici. Si veda infatti la pertinentissima funzione scenografica di certa architettura coloniale: la chiesa di Enamorada, il cortile del
collegio in Las abandonadas, il cortile che percorre il fucilando in Flor silvestre, il lunghissimo portico di Enamorada, (ripreso poi anche da Ford in The Fugitive). Si veda anche, per la parte sonora, il commento
musicale, originalissimo - anche se talvolta troppo facilmente insistito - a base di canti corali indios.
Talvolta però Fernandez  mosso da preoccupazioni narrative, se non addirittura da costrizioni produttive - è indotto ad un folclorismo di maniera, quasi ad una standardizzazione turistica, con accostamento agli schemi delle “follie” hollywoodiane (per esempio la festa popolare in La perla).
D'altronde già nel cinema questa individuazione d'un repertorio indigeno aveva avuto un precedente illustre in S. M. Eisenstein. Eisenstein, col distacco lucido dello straniero, aveva colto, nella sua incompiuta epopea di Que viva Mexico i motivi più caratteristici della civiltà e del folclore messicani. Benché il suo atteggiamento di fronte al Messico sia improntato ad una estrema libertà di ispirazione – Que viva Mexico, svolge dialetticamente una tesi marxista - Eisenstein ha tuttavia sentito il senso, quasi mistico, della tradizione millenaria messicana, la grandezza eroica degli Aztechi che sopravvive nello stoicismo disperato dei “peoñes”. Que viva Mexico doveva aprirsi con una rassegna di antiche sculture messicane (il motivo dei volti di pietra è stato poi ripreso da Fernandez in Maria Candelaria, ma con ben altro temperamento). In Eisenstein troviamo già accuratamente inventariati gli elementi d’un'immagine mitica del Messico, un Messico romantico e leggendario, che certamente offrì a Fernandez una suggestione specifica forse più importante dell'esempio pittorico. Ma come l’influsso della pittura anche quello di Eisenstein non va oltre quest'indicazione di genere. Il Messico di Fernandez, sfumato ed elegiaco, è infatti ben diverso dal Messico di Eisenstein, eroico e crudele, perché diversi sono i temperamenti dei due registi. E profondamente diversi sono anche i mezzi di linguaggio e di grammatica.
Quanto poi ad un'influenza sia pure “di complesso” (sic) del cinema sovietico sul cinema messicano e su Fernandez, influenza escogitata da Glauco Viazzi (1) (< dietro a Rio Escondido pare profilarsi Il Maestro di Gherassimov; e dietro a Enamorada: Il commissario di brigata di Rasumny >) ci sembra un'ipotesi piuttosto aerea, che cede forse a suggestioni e a lusinghe, per così dire, extra-estetiche. (continua)
(1) Glauco Viazzi: Enamorada in Bianco e Nero n. settembre 1949.
Franco Venturini in BIANCO E NERO ANNO XII – N. 4 -  APRILE 1951

Nella foto "El Indio" durante le riprese di Duelo en las montañas, 1950

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