il mio video l'hanno bannato ma lo potete vedere qui:
Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
martedì 28 giugno 2016
domenica 26 giugno 2016
mercoledì 22 giugno 2016
Cinecittà al Quadrato
La costruzione dei teatri è stata prevista, sotto I'aspetto tecnico, non con la comune intravatura metallica dei soliti studii cinematografici - e che trasmette le vibrazioni daIl'uno all'altro estremo -, ma con tre materiali costruttivi diversi, in maniera da isolare e spezzare ogni e qualsiasi vibrazione; mentre la struttura delle coperture, in base ai medesimo principio,risulterà di ben cinque diversi materiali antifonici: un aereo potrà passare rombando a soli 5 metri di distanza dal letto senza che la minima vibrazione sia avvertita all'interno. Tutti i teatri saranno provvisti di modernissimi servizi di ventilazione, raffreddamento e riscaldamento: servizi non solo centrali ma particolari ai singoli teatri; anche per evitare le costose dispersioni, inevitabili con lunghe condutture. Opportune passerelle entreranno in funzione per il completamento minuto del lavoro, divenendo – mercé speciali argani elettrici - più rapida, ed economica la parte più pesante, tanto per il trasporto e il montaggio del materiale scenico quanto per lo spostamento delle singoli lampade o dei complessi di lampade per l'illuminazione delle scene dall'alto.
Lungo i fianchi dei teatri corrono paralleli due caseggiati (12, 13) a
due piani: nell’inferiore si troveranno fondali e materiale standardizzato e i
laboratorii di allestimento scene; nel superiore i camerini degli attori,
suddivisi in reparto maschile e femminile. Così per via sotterranea o
livello-terra affluirà al teatro di posa tutto quanto deve esservi condotto per
arredamento, costruzioni sceniche, ecc.: dal di sopra affluiranno direttamente
ai teatri gli artisti principali.
Il teatro maggiore è aperto verso la campagna, dove vi sarà una larga
piscina capace di 2.500 mc. di acqua, così da permettere qualsiasi ripresa che
richieda uno specchio d'acqua notevole. La piscina rappresenta altresì un mezzo
ausiliario di sicurezza, consentendo l’uso immediato, mediante appositi
congegni, di una imponente massa d'acqua in caso di incendio. Tutti i servizii,
del resto, sono muniti di sistemi d’idranti comandabili con estrema agevolezza.
E giacché parliamo di elementi sussidiarii, val la pena di dare
un'occhiata alla serra [20), destinata ad accogliere le più svariate qualità di
piante nostrane ed esotiche; a una bella vasca d’acqua a cristallo per le prese
subacquee (23); anche, perché no, ad un angolo caratteristico del terreno,
lasciato selvaggio e arricchito di grandi grotte naturali di tufo e pozzolana.
Atte a servire per ogni figurazione di terreno, specialmente montagnoso.
Ma riprendiamo il giro degli edifici. Sulla destra, dei teatri, e in
prossimità dell'ingresso secondario, si scorgono i caseggiati (14) per
falegnameria, scenografi, formatori; e i magazzini generali. Attiguo ['I6) è il
reparto ingrandimenti fotografici.
Passando ora sulla sinistra degli studiì, cioè a dire dalla parte
opposta rispetto all'asse principale della Città, vediamo subìto innalzarsi
verso il cielo (17) una grande torre-pozzo, che per gli impianti di raffreddamento
e per ì casi d'incendio possa fornire la considerevole massa d'acqua necessaria
con una pressione di 3-4 atmosfere. Alla sommità della torre è una piattaforma
girante per grandiose prese dall’alto, verso il vasto terreno libero
circostante.
Retrocediamo verso l'ingresso principale; ecco apparirci, in posizione
appartata e protetta per le particolari condizioni ed esigenze di lavoro, cinti
da mura come una vera torre d'acciaio sottratta ad ogni curiosità e ad ogni
intervento di estranei, i fabbricati contenenti gli impianti di sviluppo e
stampa (18) e i laboratorii di montaggio [19], i più moderni c completi
d'Europa. Anche qui, come d’ovunque, separazione e coordinamento delle
lavorazioni, secondo un criterio logico e rigoroso.
Tornando verso il centro del parco-giardino, s'incontra l’edificio
tecnico del suono e della proiezione; la parte essenziale cioè, il cuore stesso
di tutto il complesso degli impianti, e che richiede in conseguenza lo studio
più attento e la cura più delicata. L'edificio (21) consiste di quattro studii,
con cabine ed impianti fissi Il più importante verrà eseguito con originale
struttura interna 'a campana', a perfetta tenuta acustica, e servirà per le registrazioni
sonore speciali ce per il missaggio. Altri due saranno adibiti alla
sincronizzazione (con pareti mobili onde permettere la variazione delle
riverberazioni e raggiungere le diverse tonalità richieste): e l'ultimo, il più vasto, sarà
dedicato alle grandi orchestre.
In prossimità di questo padiglione quadripartito si erge, costruito
secondo le più perfette regole dell'acustica, un bel fabbricato modernissimo
(22)., una sala di proiezione modello:
cioè un cinematografo non diverso sostanzialmente da quelli destinati al
pubblico, ma concepito e realizzato in guisa da consentire una riproduzione
sonora assolutamente perfetta e quindi da dar modo di giudicare con decisione
assoluta sul valore conclusivo del film realizzato, dal duplice punto di vista
del rendimento fotografico e sonoro.
Altri edifici degni di rilievo, e coi quali concluderemo il nostro
troppo rapido giro, quello (24) destinato alla Direzione Generale ed agli
uffici dei reparti costruzione, lavorazione, approvvigionamenti e personale; il
ristorante principale (25}; il fabbricato (26) per operatori, macchinario
speciale da presa, trucks sonori per
esterni, ecc.
A vantaggio dei curiosi si può aggiungere che sono inoltre previsti: un
reparto con teatro miniature-trucchi e cartoni animali, dotato di piattaforma
girevole per film a corto metraggio di propaganda e pubblicità; nonché un
teatro di ripresa speciale dei trucchi per la riproduzione senza scenografia.
Come si vede, lo strumento è pronto.
Auguriamo che altrettanto pronto ed adeguato sia lo spirito, a renderci
anche in questo campo un primato che fu nostro.
Frattanto dobbiamo segnalare, ad onore e ad auspicio della
grande iniziativa, il provvido ausilio della Direzione Generale della
Cinematografia, che mostra, ancora una volta, di essere all’altezza dei tempi e
del suo compito, e la salda intraprendenza dell’on. Roncoroni, che reca in
questo non facile e non semplice mondo cinematografico la presenza operante e
la garenzia di un industriale serio ed esperto. (Fine)
G. PAOLUCCI DI CALBOLI, in CINEMA, Anno I,Luglio Dicembre 1936, XV
lunedì 20 giugno 2016
Cinecittà al Quadrato
Sono ormai lontanissimi i tempi, da noi e altrove, nei quali il problema dell’impianto di uno stabilimento per riprese cinematografiche si esauriva nella semplice costruzione di uno o più studi con servizi annessi. Tutti ricordano l'epoca in cui nelle principali città italiane, a Roma, Milano, Torino. Firenze ecc. sorsero qua e là, senza un piano prestabilito, senza collegamento alcuno tra di loro, senza un esame accurato del terreno e dell’ubicazione, i tipici capannoni dell’età d'oro della nostra cinematografia tra l’anteguerra e il dopoguerra.
In Europa, gli stabilimenti dell’Ufa a Neubabelsberg; in America, i tantissimi di Hollywood e Los Angeles, vennero poi a dare il senso delle molteplici necessità d'ogni ordine che un centro di produzione cinematografica deve tenere presenti, se vuol conciliare - come è necessario - le ragioni sottili dell’arte con quelle imperiose ed estremamente complesse della vitalità industriale, nonché con le esigenze sempre crescenti della tecnica.
Mettendo mano ai nuovi grandiosi stabilimenti della Cines - ideati dall’architetto Peresutti - e che saranno pronti nel giorno del Natale di Roma dell'Anno XV - l' Italia può dirsi certa di aver soddisfatto con visione organica e totalitaria all'insieme di codeste esigenze. E' lecito anzi dire che il progetto è stato concepito con tale larghezza di vedute e modernità di criteri da porre la Città del Cinema, dal lato dell’attrezzatura industriale, all’avanguardia degli stabilimenti maggiori del mondo.
Pensiamo che possa riuscire interessante per il vasto pubblico amante dello schermo, ma ignaro generalmente dei formidabili quesiti d'ogni genere connessi alla produzione filmistica, compiere in nostra compagnia un rapido giro per il sonante cantiere del Quadrato.
Ma ecco subito la prima domanda del lettore: “ Perché il Quadrato? “ E un secondo chiederà: « Non sarebbe stata più comoda una località più prossima al centro? ›› Ma un terzo: Non era meglio, allora, andare anche più lontani, staccarsi completamente dal traffico e dal rumore di Roma? “
A questi interrogativi conviene rispondere con un interrogativo: “Perché è stata scelta una zona proprio al limite del piano regolatore? “
Bisogna tenere presente che ben ideato e ben situato e prima di tutto quel centro cinematografico che può provvedere senza il minimo impaccio a|l'approvvigionamento rapido, semplice, economico di mezzi e di uomini. Coloro che hanno qualche pratica della lavorazione e ne conoscono i mille continui svariati bisogni, ci possono dire come sia essenziale potersi procurare nel più breve tempo ce senza soverchia spesa di trasporto i materiali occorrenti, e far giungere fresco e riposalo sul posto il “ materiale umano “ (attori, tecnici, maestranze. ecc.). Se questo punto di vista, consiglierebbe la scelta di un luogo centrale in una grande città, la gente del mestiere sa d'altra parte tutti gli inconvenienti insormontabili di una simile scelta (i vecchi stabilimenti Cines di via Vejo, benché non centralissimi, soffrivano molto di questo difetto). La Città del Cinema al Quadrato, posta proprio al limite del piano regolatore della Grande Roma, consente i più agevoli e fulminei trasporti di masse dal centro in pochi minuti e con dispendio minimo. E si capisce cosa significa avere alle spalle una grande città come Roma: serbatoio inesauribile per tutto ciò che possa occorrere, da un contorsionista a un pappagallo ammaestrato, da una colubrina a un competente di storia del Rinascimento, da uno strabico a un cassone intagliato: per tutto quanto riguarda, in due parole, arredamento, tipi, masse, artigiani specializzati, mezzi tecnici, ausiliari e via dicendo. Non ultimo vantaggio. quello di consentire ad artisti, tecnici, comparse, operai, di raggiungere immediatamente, e in qualunque ora del giorno e della notte, il posto di lavoro senza per questo restar estraniati totalmente dall’ambiente familiare, come accade fatalmente là dove la distanza dalla città sia di 30, 40 o 50 chilometri. Si pensi infine, per fare un esempio significativo, alle possibilità che offre una Città come la Capitale, nel campo musicale, d'impiego collettivo e singolo per lavori cinematografici, senza che i vari esecutori debbano interrompere od annullare i loro contratti o le loro posizioni di impiego. In due ore essi possono raggiungere la località, compiere la parte, tornar liberi per le loro normali attività. Concludendo, i nuovi stabilimenti Cines sono dentro la città, e in pari tempo totalmente isolati da essa; sono alle porte di Roma, ed hanno intorno un immenso respiro di terreni, cosi da consentire qualunque possibilità in fatto di “esterni“.
Il centro sorge sulla via Tuscolana al settimo chilometro e copre un'area di circa 600.000 metri quadrati. ll complesso degli stabilimenti ed edifici collegati e giardini occuperà a sua volta un'area di circa 120.000 mq., rimanendo cosi circa 480.000 mq. di terreno a disposizione per costruzioni di esterni e movimento di grandi masse. Queste semplici cifre bastano a suggerire la grandiosità dell'opera. (continua)
In Europa, gli stabilimenti dell’Ufa a Neubabelsberg; in America, i tantissimi di Hollywood e Los Angeles, vennero poi a dare il senso delle molteplici necessità d'ogni ordine che un centro di produzione cinematografica deve tenere presenti, se vuol conciliare - come è necessario - le ragioni sottili dell’arte con quelle imperiose ed estremamente complesse della vitalità industriale, nonché con le esigenze sempre crescenti della tecnica.
Mettendo mano ai nuovi grandiosi stabilimenti della Cines - ideati dall’architetto Peresutti - e che saranno pronti nel giorno del Natale di Roma dell'Anno XV - l' Italia può dirsi certa di aver soddisfatto con visione organica e totalitaria all'insieme di codeste esigenze. E' lecito anzi dire che il progetto è stato concepito con tale larghezza di vedute e modernità di criteri da porre la Città del Cinema, dal lato dell’attrezzatura industriale, all’avanguardia degli stabilimenti maggiori del mondo.
Pensiamo che possa riuscire interessante per il vasto pubblico amante dello schermo, ma ignaro generalmente dei formidabili quesiti d'ogni genere connessi alla produzione filmistica, compiere in nostra compagnia un rapido giro per il sonante cantiere del Quadrato.
Ma ecco subito la prima domanda del lettore: “ Perché il Quadrato? “ E un secondo chiederà: « Non sarebbe stata più comoda una località più prossima al centro? ›› Ma un terzo: Non era meglio, allora, andare anche più lontani, staccarsi completamente dal traffico e dal rumore di Roma? “
A questi interrogativi conviene rispondere con un interrogativo: “Perché è stata scelta una zona proprio al limite del piano regolatore? “
Bisogna tenere presente che ben ideato e ben situato e prima di tutto quel centro cinematografico che può provvedere senza il minimo impaccio a|l'approvvigionamento rapido, semplice, economico di mezzi e di uomini. Coloro che hanno qualche pratica della lavorazione e ne conoscono i mille continui svariati bisogni, ci possono dire come sia essenziale potersi procurare nel più breve tempo ce senza soverchia spesa di trasporto i materiali occorrenti, e far giungere fresco e riposalo sul posto il “ materiale umano “ (attori, tecnici, maestranze. ecc.). Se questo punto di vista, consiglierebbe la scelta di un luogo centrale in una grande città, la gente del mestiere sa d'altra parte tutti gli inconvenienti insormontabili di una simile scelta (i vecchi stabilimenti Cines di via Vejo, benché non centralissimi, soffrivano molto di questo difetto). La Città del Cinema al Quadrato, posta proprio al limite del piano regolatore della Grande Roma, consente i più agevoli e fulminei trasporti di masse dal centro in pochi minuti e con dispendio minimo. E si capisce cosa significa avere alle spalle una grande città come Roma: serbatoio inesauribile per tutto ciò che possa occorrere, da un contorsionista a un pappagallo ammaestrato, da una colubrina a un competente di storia del Rinascimento, da uno strabico a un cassone intagliato: per tutto quanto riguarda, in due parole, arredamento, tipi, masse, artigiani specializzati, mezzi tecnici, ausiliari e via dicendo. Non ultimo vantaggio. quello di consentire ad artisti, tecnici, comparse, operai, di raggiungere immediatamente, e in qualunque ora del giorno e della notte, il posto di lavoro senza per questo restar estraniati totalmente dall’ambiente familiare, come accade fatalmente là dove la distanza dalla città sia di 30, 40 o 50 chilometri. Si pensi infine, per fare un esempio significativo, alle possibilità che offre una Città come la Capitale, nel campo musicale, d'impiego collettivo e singolo per lavori cinematografici, senza che i vari esecutori debbano interrompere od annullare i loro contratti o le loro posizioni di impiego. In due ore essi possono raggiungere la località, compiere la parte, tornar liberi per le loro normali attività. Concludendo, i nuovi stabilimenti Cines sono dentro la città, e in pari tempo totalmente isolati da essa; sono alle porte di Roma, ed hanno intorno un immenso respiro di terreni, cosi da consentire qualunque possibilità in fatto di “esterni“.
Il centro sorge sulla via Tuscolana al settimo chilometro e copre un'area di circa 600.000 metri quadrati. ll complesso degli stabilimenti ed edifici collegati e giardini occuperà a sua volta un'area di circa 120.000 mq., rimanendo cosi circa 480.000 mq. di terreno a disposizione per costruzioni di esterni e movimento di grandi masse. Queste semplici cifre bastano a suggerire la grandiosità dell'opera. (continua)
G. PAOLUCCI
DI CALBOLI, in CINEMA, Anno I,Luglio Dicembre 1936, XV
mercoledì 15 giugno 2016
FRONTE CALABRO- SICULO DEL CINEMA
CIRCOLI DEL CINEMA
F.I.C.C.
Il giorno 21ottobre 1954 si è svolto a Messina il primo Convegno dei
Circoli del Cinema calabresi e siciliani.
Erano presenti i Circoli del Cinema di Reggio Calabria (promotore del
Convegno) di Palermo, di Bagheria, di Siracusa, di Milazzo, di Messina, dl
Catania, di Caltanissetta.
I lavori si sono svolti sulla base del seguente ordine del giorno:
1) Reperimento film: scambio di notizie sulle varie fonti (case di
noleggio, privati, ecc.) e aggiornamento reciproco degli elenchi di film a
disposizione di ciascun Circolo.
2) Programma: studio delle possibilità concrete di organizzare
programmi comuni al fine di diminuire le spese di noleggio, trasporto. ecc.
3) Organizzazione di programmi, scambio di conferenze e dibattiti (in
occasione di proiezioni e no) tenute o presiedute da dirigenti degli stessi
Circoli calabresi e siciliani.
4) Illustrazione dei film: scambi di proposte sulla redazione di una
scheda – tipo. Studio della possibilità di redigere uniche per le proiezioni
organizzate in comune.
5) Creazioni di sezioni circolistiche aventi scopo di sviluppare
energie culturali collaterali.
6) Pubblicazione di un periodico su cui dibattere i problemi dei
Circoli calabresi e siciliani (e meridionali in genere).
7) Rapporti tra Circoli e SIAE.
8) Manifestazione riguardante “ II Mezzogiorno nel cinema "; suggerimenti
e proposte per l’organizzazione di proiezioni e dibattiti con carattere di
organicità su tale argomento.
9) Rapporti tra Circoli Meridionali e F.I.C.C.
10) Rapporti tra Circoli alla F.I.C.C.. e associazioni cinematografiche
aderenti ad altri organismi nazionali.
11) Pubblicazione di saggi, studi, ecc.
Essi hanno portato i seguenti risultati:
Punto 1. - La Commissione all'uopo incaricata ha presentato un elenco
provvisorio di film, redatto in base agli elenchi particolari presentati dai
singoli Circoli. Il Circolo di Reggio Calabria, incaricato di raccogliere gli
ulteriori dati, curerà di compilare l’elenco definitivo generale da inviare ai
Circoli interessati.
Punto 2. - Ogni Circolo comunicherà a tutti gli altri proprio programma
di massima per il prossimo anno sociale, al fine di stabilire il numero di
eventuali passaggi di uno stesso film e di condurre così trattative in comune con
il noleggio. Ciò renderà possibile una riduzione delle spese di trasporto, ecc.
Punto 3. - La Commissione all’uopo incaricata ha presentato un elenco
provvisorio di conferenze e
dibattiti-scambio, redatto sulla base delle proposte avanzate dal singoli Circoli. Il programma e
il seguente: “ ll Mezzogiorno nel cinema italiano dal dopo-guerra “ (reI. F. Zannino); “Rapporti tra la
letteratura siciliana calabrese e la visione cinematografica nel Mezzogiorno
(rel. F. Piscitello del C. di Palermo); “ La musica nel
film (rel. N. Cacia del C. di Milazzo);
“ Visconti e Zavattini “ (rel. E.Fidora del C. di Palermo); “ Rapporti
tra cinema italiano e storia del costume “ (rel. N. Salanitro del C.U.C. di
Catania.
Punto 4. – Ogni circolo si atterrà ai criteri che riterrà più opportuni
nella redazione delle proprie schede illustrative. Per le manifestazioni in
comune verrà presa in considerazione opportunità di redigere un opuscolo
illustrativo unico.
Punto 5. - Ogni Circolo curerà la collaborazione con gli altri organismi
culturali operanti nel proprio ambito, istituendo all'uopo sezioni circolistlche
composte di soci dello stesso Circolo del Cinema, i quali facciano anche parte
delle altre organizzazioni. Ciò naturalmente tenuto conto delle particolari
condizioni in cui opera ogni Circolo.
Puma 6. – Stabilisce di dare
vita ad un bollettino possibilmente mensile, comprendente una parte documentativa
dell’attività dei Circoli ed una parte a carattere monografico dedicata prevalentemente
ai problemi cinematografici riguardanti il Mezzogiorno. La Direzione e la
Redazione avranno sede presso il Circolo dal Cinema di Reggio Calabria. Il
Comitato di Redazione sarà composto dai responsabili dei singoli Circoli. La
stampa e la dissuasione saranno curate dal Circolo del Cinema di Palermo.
Punto 7. – Si stabilisce che nella mozione conclusiva del Convegno sia
dato mandato alla F.I.C.C. di trovare al più presto una soluzione definitiva
dell’importante problema dei rapporti tra Circoli e la SIAE. Tale soluzione
dovrebbe essere preceduta da un’inchiesta su scala nazionale, intesa ad
accertare i singoli accordi esistenti localmente tra i Circoli e la SIAE.
Nell’accordo comunque non dovrebbe più figurare la suddivisione in categorie
perché dannosa per i Circoli economicamente più deboli.
Punta 8. – Ogni Circolo organizzerà una mostra comprendente i seguenti
film, tutti reperibili in comune mercato: 1860
di Blasetti, Anni difficili di
Zampa, La terra trema di Visconti,Il cammino della speranza di Germi, Due soldi di speranza di Castellani, Un marito per Anna Zaccheo di De Santis, oltre ai seguenti
documentari: Cristo non si è fermato ad
Eboli di Gandin, Viaggio nel sud
e Nel mezzogiorno qualcosa è cambiato
di Lizzani. La manifestazione sarà completata dalla compilazione dl un opuscolo
dedicata all’argomento e corredato da filmografia e bibliografia.
Punta 9. - Viene auspicata una sempre più stretta collaborazione tra I
Circoli calabresi e siciliani e la F.I.C.C.
Punto 10. – Ogni farà il possibile per stabilire contatti di carattere
organizzativo e culturale con le associazioni cinematografiche aderenti agli
altri organismi circolistici nazionali.
Puto 11. - Di dare vita ad un Centro di Coordinamento calabro-siculo
con sede presso il Circolo del Cinema di Reggio Calabria e con i seguenti
compiti: rapporti tra i Circoli calabresi e siciliani e di questi con la
F.I.C.C.
Punto 12. – Verrà curata una pubblicazione comprendente : 1) una
Introduzione riguardante il movimento circolistico nel Mezzogiorno (origini,
sviluppi, prospettive); 2) cenni illustrativi dell’attività svolta e da svolgere
dei singoli Circoli Meridionali; 3) resoconto delle iniziative più importanti
prese dai Circoli dal Cinema meridionali; 4) nota sul cinema del Mezzogiorno (film,
pubblicazioni, mostre, ecc); 5) inchiesta sul pubblico cinematografico
meridionale (città e provincia) 6) inchiesta sulla stampa cinematografica nel
Mezzogiorno; 7) rapporti tra cinema e scuola nel Mezzogiorno; 8) rapporti tra
cultura cinematografica e cultura generale nel Mezzogiorno.
A chiusura dei lavori si è deciso di tenere ogni anno un Convegno dei
Circoli del Cinema calabresi e siciliani abbinandolo possibilmente ad una
manifestazione di particolare rilievo.
I Circoli presenti al Convegno
hanno infine approvata la seguente mozione:
”Premesso che
l’approvvigionamento del film nel Mezzogiorno è particolarmente difficile, a
causa, soprattutto, dello scarso numero di Agenzie di distribuzione e di fonti
di reperimento in genere; che la preparazione del materiale critico
illustrativo dei film presenta gravi difficoltà a causa dell’insufficienza
economica dei Circoli del Cinema calabresi e siciliani (e meridionali in
genere), causata soprattutto dall’alto costo dei film, rende estremamente
gravoso il pagamento dei diritti erariali;
raccomandano al nuovo Consiglio Direttivo
della F.I.C.C.: 1) di allestire, per il corrente anno sociale, un congruo
numero di programmi ai quali i Circoli Meridionali possano largamente
attingere, sopperendo così alle deficienze di reperimento sul piano locale e di
distribuire comunque, al più presto, un ampio catalogo di film reperibili anche
su normale mercato; 2) di fornire ai Circoli un adeguato materiale documentario
sul quale essi possano basarsi per la preparazione dal materiale
critico-illustrativo dei film; 3) di promuovere una inchiesta sui rapporti
intercorrenti tra i singoli Circoli e le Agenzie della SIAE che serva da piano
nazionale alle condizioni più favorevoli;
raccomandano inoltre che il
nuovo Consiglio Direttivo dedichi particolare attenzione ai Circoli del
Cinema Meridionali e applichi nei loro
confronti tutti quei provvedimenti che ne possano facilitare il funzionamento;
si impegnano, da parte loro,
ad una collaborazione sempre più stretta con gli organi direttivi della
F.I.C.C., così come a promuovere, ciascuno nel proprio ambito di attività,
intese di carattere organizzativo e culturale con le associazioni cinematografiche aderenti ad altri organismi
nazionali, al fine di contribuire al superamento dell’attuale stato li
divisione e in armonia con quanto auspicato al VII Congresso di Venezia ".
Pubblicato su CINEMA n. 144
del 10 novembre 1954
lunedì 13 giugno 2016
I PULEDRI della NOUVELLE VAGUE
di Pietro Bianchi
I FRANCESI sono maestri insuperabili nel creare nuovi modelli nella
letteratura, nelle arti figurative e nel cinematografo. Da principio, la loro
tecnica è semplice, lasciano che ogni scrittore o artista abbia liberamente le
proprie “chances”; intervengono, come direbbero i medici, con le dosi massive
della propaganda e del “battage” quando si accorgono che per ragioni che non
sempre hanno a che fare con l'arte, ma piuttosto con la moda o con certe
correnti para-psicologiche del gusto, certi puledri hanno maggiori probabilità
degli altri dl affermarsi in modo duraturo.
Per ottenere lo scopo i francesi hanno a disposizione tre potenti
risorse: l'“esprit”, Parigi e lo sciovinismo. Esaminiamo brevemente, uno per
uno, questi tre elementi. l‘ ”esprit“, parola intraducibile che sta tra lo spirito
nel senso italiano e l’intelligenza, fa sì che il prodotto intellettuale
francese abbia quelle doti di buongusto, leggerezza e chiarezza che lo rendono
facilmente comprensibile a tutti. Parigi è la Francia, sebbene noi non vogliamo
affatto sottovalutare le cattedrali di Chartres o di Troyes o i paesaggi
provenzali o lo bellezze naturali di Normandia. Vogliamo dire che il disegno
accentratore di Luigi XIV, continuato da Napoleone e dalla repubblica che seguì
al disastro di Sédan, ha fatto sì che tutto ciò che di importante nella sfera
dell'intelligenza, esiste in Francia prima o poi va a finire a Parigi,da cui poi si irraggia
facilmente nel mondo. Lo sciovinismo il può raffigurare nel luogo comune che
suggerisce come un francese sia un tipo che ignora la geografia e le lingue
straniere. Sicuri da secoli di essere il sale della terra (ricordate il vecchio
slogan “gesta Dei per Francos”), i nostri vicini non hanno dubbi sul fatto che
non si debbono inchinare al loro “diktat” intellettuale come le signore alle moda
si piegano a quello di Dior o di Cardin. Quando, alcuni anni fa, hanno decretato
il dominio della nuova triade Sagan-Buffet-Vadim, sul piano del gusto, non
hanno avuti dubbi sul successo dell’impresa.
Piuttosto curiosamente, il “battage” (i francesi hanno anche un'altra
espressione, forse più adatta al nostro caso: l’imbottimento dei crani) ha
funzionato egregiamente per Francoise Sagan, che osano paragonare a Colette; è
andato abbastanza bene per quell’artista mediocre che si chiama Bernard Buffet;
ma ha fallito il proprio scopo con Roger Vadim, cineasta di “...et Dieu créa la femme” ed ex-marito di
Brigitte Bardot. Perché? Per una ragione abbastanza semplice, questa. Bene o
male, malgrado le riproduzioni e le alte tirature, romanzi e dipinti interessano
a un pubblico ristretto. I direttori di giornali o rotocalchi sono ben lieti di
andare nel senso della moda, perché si tratta di argomenti che interessano sempre
meno i loro lettori di Nikita Krusciov negli States o di Baldini al Giro di
Francia. Lo si è visto di recente nella strana acquiescenza mostrata dai nostri
giornali verso il nuovo romanzo della Sagan. Il cinema interessa tutti: Il critico,
il “columnist”», il corrispondente dall’estero, sanno benissimo che il lettore
è perfettamente al corrente delle cose. Non si può gonfiare il mito di Roger
Vadim quando tutti hanno il modo di constatare il salto in basso tra ”...et
Dieu créa la femme” e “I gioiellieri del chiaro di luna”.
Quando Vadim batté il naso per terra e
non fu più marito di BB, si
inventò la “ nouvelle vague “ Ogni società, ogni nazione civile, ha la “ nuova ondata “. Se non l’avesse,
se cioè i giovani non attaccassero con violenza le posizioni degli anziani,
degli “ arrivati” , cercando un posto al sole, il paese diventerebbe
rapidamente un immenso cimitero. Quelli del brillante settimanale ” L’Express”
inventarono lo slogan a scopo polemico: sentivano arrivare il gollismo, e,
malamente mascherato
dall’allampanata figura del generale, il fascismo. Liberali e cattolici
di sinistra, pensarono di galvanizzaze la nuova generazione con un’ espressione
che avesse un sapore letterario, e che suggerisse una forza giovane e pura;
opponevano al nascente fascismo, che cominciava a giganteggiare sui morti e le
rovine della guerra d'Algeria, una generazione di gente pulita che avrebbe
dovuto prendere il posto degli anziani
infrolliti nel benessere, privi di forze morali, dl fantasia e di spirito di
sacrificio.
Svelti come sono, sebbene indifferenti alla politica, gli Chabrol, i
Malle, i Truffaut si sono impadroniti della formula a loro esclusivo consumo. Registrato, se non il
fallimento,|'imborghesimento di Vadim, la stampa fu ben lieta di avere tre nomi
invece dl uno solo. Al corno da caccia di settimanali piuttosto frivoli e privi
dl autorità come “Arts”, é seguito il
ron-ron regolare, il “basso profondo “,
della grande stampa d’informazione. Nel frattempo, vecchio gollista com’ é,
forse anemizzato come scrittore, André Malraux diventava ministro della
cultura, o qualcosa dl simile. Sensibile a tutto ciò che é nuovo, conoscitore
profondo del proprio paese. L’autore de “ Les
conquérants “ non ebbe il minimo dubbio ed impose d’autorità il film dl
Truffaut “ I 400 colpi “ nel parco buoi ” che da anni faceva il buono e cattivo
tempo nel Palazzo della Croisette. Diffidato negli anni precedenti dal penetrar nel Palazzo per
certe espressioni piuttosto forti usate
contro i sacerdoti della produzione ufficiale, Francois Truffaut ottenne il
premio della ragia il maggio scorso; puntualmente, Claude Chabrol, che l’anno
prima,.in una saletta di Rue d‘Antibes aveva mostrato “ Le beau Serge “davanti a pochi intimi, vinceva con “ Les cousins “ l’ “orso d'oro“ al
Festival di Berlino. Tutti poi ricordiamo le polemiche suscitate a Venezia,
l’anno scorso, da “ Gli amanti “ di
Louis Malle.
In questa occasione non si vuol dar un giudizio di valore,
si vuol solo chiarire un fenomeno nei suoi
dati sociologici e il costume. Alain Resnais, che é un tipo serio, é
entrato dl straforo, fuori concorso, nell’agone di Cannes,ma è certo che il suo “ Hiroshima mio amore “ é un'opera di autentica rottura in cui
ideologia ed espressione artistica fanno corpo. II fatto che egli si sia
trovato per caso nel mezzo della corrente, non giustifica coloro che lo mettono
nello stesso mazzo degli altri.
Anche le storielle che
ci raccontano (i bassi costi, la camera-style, ecc.) non sono che cavalli di
ritorno. Quante volte il vecchio Pabst, quando era ancora in pieno vigore
creativo, invocò l’occasione di poter andarsene per il mondo con una macchina
da presa e un operatone per cogliere “ a la sauvette “ l’infinita varietà del reale? Generazione per
generazione, credete davvero che quella capeggiata in Italia da Fellini e
Antonioni valga meno di quella che ha a capigruppo a Parigi i Resnais e i
Franju? I nostri giovani registi, diciamolo in tutta semplicità, hanno un solo difetto:
di essere nati in un paese dove le chiacchiere e le malignità delle notti di
via Veneto hanno echi il giorno dopo in ogni recesso di provincia italiana. I nostri
Bolognini, Questi, Rosi, Rossi (citiamo i primi nomi che ci vengono sotto la
penna...) hanno il cinema nel sangue. Manca solo ad essi quella meravigliosa
cassa di risonanza che si chiama Parigi.
Testo e foto (Francois Truffaut, Jean Valere, Eduard Molinaro, Daniel Valcrose) tratti da:
LA
FIERA DEL CINEMA
settembre 1959
mercoledì 8 giugno 2016
Emulsione negativa di qualità
Quando la pellicola Pancromatica era alla base del cinema
La fotografia ci ha dato la cinematografia ma l'una e l'altra debbono la loro affermazione ed il loro progresso essenzialmente alla qualità dell'emulsione negativa.
Praticanti lodevoli
Il compagno Sadoul bolla Joe May (all’anagrafe Joseph Mandel) come
vecchio praticante ed il suo film Asfalto
(Asphalt) del 1928 lo tratta con la
sufficienza degna del suo compare Aristarco. Non meno dura nei suoi confronti
fu Lotte H. Heisner nel suo Schermo
demoniaco. Oggi, dopo il crollo delle ideologie che sostenevano quel tipo
di critica, ugualmente le consorelle di segno contrario, e l’avvento per mezzo
del web di un nuovo tipo di fruizione,
Asfalto è un’opera da mettere a fianco con quelle più conosciute di F. W.
Murnau e Fritz Lang. Asfalto è un
film espressionista,l’angolazione delle luci e le prove attoriali degnano il
film di Joe May del più ossequioso rispetto.
lunedì 6 giugno 2016
Vedi alla Voce Vintage
Di Vittorio Cramer (1908 – 2004) si è sempre conosciuta più
la voce che il volto. Fu dapprima annunciatore alla radio, quindi voce del grande
schermo. Al cinema si prestò sia come annunciatore radiofonico, quindi come
voce narrante e qualche volta, raramente, attore o doppiatore. Il suo timbro
vocale, con frequenze del suono che si possono definire, nel suo caso,
accattivanti , dagli anni quaranta fino agli anni sessanta, è meglio conosciuto,
fuori campo, nei “ prossimamente qui “, non solo per i film italiani ma anche per quelli
importati. Al modo degli oggetti e dell’abbigliamento, oggi possiamo definire,
con serietà, la voce di Vittorio Cramer vintage.
domenica 5 giugno 2016
Vitaliano Brancati e il cinema
Per il cinema tutte le società, più o meno, sono dittature,
che non consentono nemmeno - anzi meno che mai
- lo sfogo della fantasia. Così si spiega la mancanza di un cineasta classico
e comico, come lo intendeva Brancati, ove si faccia I'eccezione di Chaplin. Si
assiste, al più, ad una comicità di ripiego, convulsa o pacchiana, che rispetta
sempre i tabù consacrati. In questa situazione, Brancati fece il massimo che si
poteva fare, coadiuvato da uno Zampa particolarmente battagliero e risoluto:
incise su alcune grosse
magagne della mentalità italiana, sfiorò i tabù e lasciò
intendere quanto fossero dannosi, inventò alcuni tipi di sottomessi borghesi
impantanati in avventure più alte di loro, mise in piedi alcune marionette
azzeccate (di quelle che smontano da sè ogni obiezione, tanto è evidente la
loro grottesca verità). E’ molto, è quello che nessun altro ha fatto, nel cinema
italiano. Nel capitolo dell’ironia (e della satira, almeno potenziale), il suo
nome, se non è l’unico, è quello di gran lunga piú grande di tutti.
Brancati sapeva che la dittatura è, nei riflessi dell’arte,
una forma esasperata di grettezza mentale, di miopia, di difesa dei pregiudizi
(antichi e nuovi, e inventati a bella posta). Sapeva che anche in regimi non
dittatoriali, le stesse deficienze e gli stessi errori possono vivere e
prosperare. Sapeva, insomma, che la sua sarebbe stata una battaglia da
continuare sempre, contro le degenerazioni del conformismo: anche sul terreno impervio del cinema, il terreno piú esposto al
conati dittatoriali e paradittatoriali. Se altrove si può sonnecchiare – una volta
che la libertà si sia consolidata - e prendere maggior respiro da problemi più
ampi, più profondamente e sostanzialmente umani, al cinema no. Al cinema questi
sonni, quando si fanno, paralizzano, fanno precipitare ogni cosa
nell’accademia, nell’esercizio a vuoto, nell’abbrutimento spettacolare. E se
v'è una cosa da salvare, ad ogni colto, nel cinema italiano (e, naturalmente,
non solo in quello italiano), è la possibilità dell'ironia. Il gusto, l’amore
per l’ironia. Tanto da farsene un programma, da crearsene una costante che
valga in tutti i casi, come riserva morale. Per questo, la tendenza di cui
Brancati fu assertore è forse la più importante di tutte quelle che si possono
coltivare. (S’intenda si distingua, com'è ovvio: importanti sono tutte le
tendenze quando favoriscano il sorgere di opere significative, e non esiste una
graduatoria dell'importanza in senso assoluto; quì si parla – anche astraendo
dalle opere - d’importanza relativa e indiretta, di stati d’animo da
diffondere, di contravveleni da predisporre contro le molte, possibili o
effettive, infezioni).
Allora, opera soltanto negativa, correttiva, demolitrice
quella di Brancati al cinema? Forse sì. Ma unicamente perché non ebbe la
possibilità di svolgersi tutta quanta sino alle conseguenze estreme, di
realizzarsi in senso davvero compiuto; non per mancanza di un proprio centro
vitale che qualcosa volesse affermare, oltreché molto distruggere e su molti
pericoli mettere in guardia. Con L’arte di arrangiarsi l’ultimo film scritto da
Brancati che Zampa sta girando, si potrà forse avere una espressione piena e
autonoma, libera dagli impacci della semplice negazione di qualcosa. Questo
sarebbe stato magari – se Brancati fosse vissuto – il punto di partenza per
l’abbandono del terreno artigianale e per l’ingresso dello scrittore nei quadri
dell’arte cinematografica.
E' vero che, capovolgendo le se negazioni, i suoi “anti”
(antifascismo, anticonfessionalismo, antibellicismo eccetera) e richiamandoci
alla parallela esperienza letterale, potremmo anche schizzare un ritratto della
personalità costruttrice di Brancati, ma non andremmo al di là di alcune
ipotesi. Non abbiamo dati di fatto precisi per un giudizio: il personaggio del
fascista controvoglia di Anni difficili
e quello del professore onesto di Anni
facili emergono appena dal sottofondo delle polemica e non si traducono in
figure capaci di sostenere il peso di una ispirazione autentici. Sono abbozzi,
notazioni, tentativi, come del resto lo sono i personaggi più fortemente ironizzati e caricaturati.
Rimaneva ancora da giungere un equilibrio o, meglio, uscire dal piano del
ragionamento e della tipizzazione esasperata per entrare in quello dell’umanità:
sia per gli uni che per gli altri. Ma la via è stata indicata con chiarezza.
Chiunque In può seguire, purché voglia, e non gli manchino il coraggio e l’impegno. FERNALDO DI GIAMMATTEO (fine)
Cinema, quindicinale di divulgazione cinematografica Anno
VII, 10 novembre 1954
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