domenica 29 maggio 2016

Vitaliano Brancati e il cinema

                      SERVIRA' A TUTTI LA STRADA DI BRANCATI

Se si facesse, un giorno, un discorso sui soggettisti del cinema italiano, si scoprirebbero cose insospettate. Siamo avvezzi a parlare di Zavattini, e di Zavattini soltanto, quando l’attenzione si sposta dal regista, centro della creazione cinematografica, a chi gli ha fornito la materia su cui la creazione si concreta. Scopriremmo, per esempio, alcune linee fondamentali di sviluppo che si possono spiegare assai meglio (e giustificare muovendo dalla personalità degli inventori del mondo fantastico entro il quale i film sono andati a inserirsi. Ma la nostra superficialità e la nostra fretta - e magari certa intristita adorazione del mito piú semplice, esteticamente più semplice, quello del regista - ci hanno finora impedito di prestare ascolto alle voci, oltreché di uno Zavattini, di un Amidei,di un Felllini (il Fellini del primo tempo), di un Brancati. Ci  sarebbe tutta una storia da scrivere,  a pensarci bene: una controstoria addirittura, o una storia parallela. Per poi scoprire il punto di sutura, il momento della fusione e della nascita delle poche opere compiute (ed anche di quelle incompiute, per difetto di intesa, o per mancanza di coraggio).
Mancanza di coraggio: fermiamoci all'ultimo punto. Siamo oggi dinnanzi alla scomparsa d'uno degli esempi
rarissimi di coraggio intransigente che abbia potuto vantare il cinema italiano.
Diciamo la scomparsa di Vitaliano Brancati. E’ probabile che egli, al cinema non dedicasse la stessa  puntigliosa volontà di ricerca morale che dedicava alla letteratura. Che il cinema fosse un po’ il suo secondo mestiere, il banco di prova delle invenzioni più caduche, degli esperimenti, delle concessioni chesi potevano fare al gusto di un pubblico non  selezionato. Ma Brancati, intanto, non ha mai disprezzato il suo pubblico, come gli altri fanno: non gli ha mai nascosto le sue intenzioni (di letterato alle prese con una macchina che non era, e non doveva essere, la sua consueta),  né gli ha mai negato la facoltà di comprendere, di giudicare e di apprezzare il valore dell’intelligenza. Ecco una prova di quel coraggio – di quell'onesto, umile coraggio da cui si trae la forza per dire quanto è giudicato giusto, con ogni forma di espressione - che si vorrebbe vedere più diffuso. Coraggio che è impegno, amore al proprio mestiere (qualunque esso sia, pur- ché liberamente scelto), volontà di non rinunciare, cocciuto desiderio di piegare le circostanze alla propria misura morale ed espressiva.
In quella controstoria che auspichiamo, Brancati occuperebbe il capitolo dell'ironia: della satira, se si vuole. Un capitolo di enorme importanza, che vorremmo arricchire a mano a mano che il tempo passa,un filone da tenere vivo come una possibile ancora di salvezza quando il resto fosse divenuto troppo difficile e contrastato. Dopo la lezione di Brancati, la cosa potrà essere piú agevole: avremo almeno un punto fermo a cui riferirci La reazione artistica alla dittatura (o al paternalismo: e per l’arte non fa molte differenze) si traduce sempre in termini dl analisi del costume: il rovescio di una medaglia ufficiale, o confessionale, la piccola vita degli uomini, quando divise e devozioni vengono messe da parte. Entro questi contorni brevi si snoda la poetica di questi artisti. Non c’è verso di andar oltre, quanto a spazio e a respiro, ma ciò non toglie (anzi) che il risultato possa essere alto, e non passeggero. Anche Brancati si muoveva su questo terreno; anche il cinema di Brancati, i suoi personaggi (consegnati, negli unici due esempi efficienti, a Zampa), le sue pitture della vita di provincia nascono di qui,  qui muoiono. I risultati alti, non passeggeri, lo scrittore li andava conquistando in letteratura, e  di ciò non gli faremo colpa. Ognuno sceglie la sua sfera di azione ideale – l’abbiamo detto sopra – ma l’importante è che nel resto non indulga al compromesso, non si arrenda alle situazioni esterne: la forza espressiva, e la vitalità delle opere, sono altro discorso.
Brancati portò, in questa analisi del costume, idee chiare. Le stesse che gli fornivano un sostegno razionale al lavoro letterario. – “ La dittatura - leggiamo in un saggio postumo che e stato pubblicato da Il Mondo riporta indietro le cose, più indietro del decadentismo, e più indietro del romanticismo. Dovendo lottare contro un atto concreto, solitario e monotono com’è la tirannide, la mente degli scrittori che aspirano alla libertà diventa estremamente semplice. Il loro gusto si può veramente chiamare classico, senza paura di usare una parola approssimativa … Il classicismo al quale noi ci riferiamo è quello dei vari scrittori, rimasti liberi pur dentro la stretta ferrea della dittatura, liberi non nell’attività politica, ma nell’articolazione della loro fantasia. Questi scrittori sono classici comici. Classici pèrché sono semplici, comici perché il continuo spettacolo di una società di marionette ha svegliato in loro il sorriso e il riso ”. FERNALDO DI GIAMMATTEO  (continua ...)

Cinema, quindicinale di divulgazione cinematografica Anno VII, 10 novembre 1954

mercoledì 25 maggio 2016

Nel segno di Marguerite

Margherita de la Motte
 È nota in Italia da parecchi anni. L’abbiamo vista, graziosissima, attraente, in due films di Douglas  nel Segno di Zorro e in Douglas inventore per burla. E’ nata a Duluth negli Stati Uniti nel 1903 da genitori di orgine francese e giovanissima si dedicò alla danza. Douglas apprezzò presto le sue qualità e l’ingaggiò per alune films; successivamente vedendo in lei un’artista di grande avvenire, le affidò parti di maggiore importanza ed eccola a fianco di Zorro nel film famoso che diede, anche a lei, fama ed onori. Bionda, intelligente, alta, amante della musica e compositrice, Margherita de la Motte ha un sicuro avvenire innanzi a sé. Per la storia diciamo pure che non è maritata.

Cine-Cinema Anno II -N. 7, Aprile 1926

domenica 22 maggio 2016

Piccoli maestri contaminanti

OGGI

Nell’industria cinematografica la contaminazione è una consuetudine o per meglio dire una soluzione. Che ne dite della contaminazione più estrema: la cineteca italiana per stornare il pubblico anziano dalla televisione e quello più giovanile dal web fa salire in cattedra accanto ad un critico d’assalto o un pantofolaio alla Canova gli italici registi del B Movie se non dell’ultra b movie. Uno di questi fu Antonio Margheriti alias Anthony Dawson alias Antony M. Dawson. Altresì ad omaggiarlo ci pensano Tarantino ed i suoi “ bastardi senza gloria”. Per la verità dapprima, ed in vita, aveva provveduto il Maestro dei Piccoli Maestri quando, nel 1972, gli affidò la seconda unità e gli effetti speciali di Giù la Testa.
Nelle contaminazioni cinematografiche Antonio Margheriti era un gentlman garbato, prova ne è Ursus il terrore dei kirghisi del 1964. Per farla breve, capita spesso che un genere, o se preferite un filone, quando va ad esaurirsi lo si innesta con altro più fresco. In questo caso il mitologico, il peplum,  Margheriti lo riattiva con l’horror alla Edgar Allan Poe e la suspence hitchcockiana; ancora, il maestro della suspence viene derubato anche delle sue incursioni nella psicanalisi presenti in Io ti salverò. Ecco, Ursus per mezzo delle sue trasformazioni orrorifiche vuole salvare la fanciulla che lo ama facendole riacquistare la memoria perduta, causa un delitto quando non era che una infante.
 Per confezionare questa ragguardevole messa in scena Antonio Margheriti ricorre alla sapienza nelle luci di Gabor Pogany e per dare un lustro più intellettuale alle azioni ad Ettore Manni che in quegli anni si destreggiava tra Antonioni, Cottafavi e Tony Richardson. Vi partecipa anche il cattivone Furio Meniconi che a tratti ci ricorda Livio Lorenzon a tratti Orson Welles.FINE
Antonio Margheriti
1930 - 2002

Furio Meniconi
1924 - 1981



lunedì 16 maggio 2016

Il cinema è emulsione




Dorothy Arzner, Get your man, 1927

Clara Bow attrice del parlante

Le disavventure amorose di Claretta

Il fidanzamento di Clara Bow, l’attrice dalle curve molli, radiante l’ " It ” che l‘ha resa famosa, con l'attore Harry Bichman, é stato rotto, a quanto si asserisce in ambienti bene informati.
La stessa rottura fu minacciata tempo fa e Clara al pensiero di dover perdere il son Harry, inscenò a quanto si disse, un vero suicidio fuori scena.
Poi la faccenda si accomodò. Clara portò a New York il suo “ It “ e Harry recandosi a riceverla, le offri come pegno di pace, una meravigliosa “ lsotta Fraschini “ nella quale si proponevano di compiere l’imminente viaggio di nozze.
L’attrice posò col suo Harry per mille e una fotografia non lesinando il suo famoso sorriso travolgente e le incitanti fossette delle guance e delle ginocchia.
La felicità della stella fu di breve durata, poiché, ripetiamo, a quanto si dice, il suo Harry sta per metterla definitivamente da parte.
Sembra che l’attore, spinto da uno scetticismo mostruoso ad onta delle tante dimostrazioni d’amore e del presunto tentato suicidio dell’amante, le abbia messo alle costole due “ detectives “ privati i cui segreti rapporti lo indurrebbero a rompere il fidanzamento.
Richman nega d’aver incaricato dei “ detectives “di spiare l’irresistibile Clara; ma ammette d’aver data tale incarico alla cameriera di lei.
Secondo un'altra versione, il fidanzamento sarebbe stato rotto perché una nuova scrittura dell‘attrice con la Paramount porta la clausola ch’ella non deve maritarsi. (1).

(1) Secondo corrispondenze da Hollywood, invece, la Paramount non avrebbe più rinnovato il contratto con l’attrice per il semplice motivo ch’ella non possiede le qualità occorrenti per essere attrice del “ parlante “.
Cine sorriso illustrato, 13 Aprile 1930, ANNO VI – N. 15


domenica 15 maggio 2016

Sartana, Sabata e ... Lardani



Per approntare questo "prossimamente qui" per il film del 1970 di Giuliano Carmineo noto anche come Anthony Ascot, Iginio Lardani ha saccheggiato tutto il suo curiculum, pardon, la sua filmografia, accreditata e non, per chi riesce a individuarlo vi compare anche Giuliano Gemma. La Panta Cinematografica a Messina era un'esclusività del cinema Odeon sul viale San Martino, le proiezioni cominciavano alle 10,30 antimeridiane e costavano 500 lire di quel tempo.

giovedì 12 maggio 2016

Ragazze in uniforme


Qui ormai è arrivato il freddo.
E parecchio anche.
Siamo contenti di sapere
che almeno tu stai bene.
Ti scrivo questa lettera
per farti sapere che tua madre
ha preso l'influenza.
Per diversi giorni
ha avuto la febbre
e questo l'ha molto indebolita.
Avevo pensato di chiamarti
per chiederti di venire a casa
almeno per qualche giorno,
per prenderti cura di tua madre.
Ma lei non ha voluto. Si è
preoccupata per il fatto che questo
è un periodo particolare
per tutte voi.
Dal momento
che state lavorando molto,
per aumentare la produzione.
E inoltre, tu hai delle
responsabilità come caposquadra.
Per questo,
nonostante le sue condizioni,
tua madre si ostina a dire
che non devi tornare a casa.
Che non devi lasciarti condizionare
dal sentimento
ma ti devi impegnare esclusivamente
nella tua missione.
E anch'io sono d'accordo con lei.
Così ti ho scritto,
giusto per metterti al corrente.
Ti siamo vicino con il pensiero,
con il nostro cuore,
con tutto il nostro affetto,
e vorremmo farti sentire
tutto il nostro incoraggiamento.
Sicuramente farà freddo anche lì,
mi raccomando, misura le tue forze,
e copriti bene.
Stai attenta alla salute.

Akira Kurosawa, Spirito più elevato (Ichiban utsukushiku) (1944)


mercoledì 11 maggio 2016

Registi in libertà



ANCHE PER I REGISTI ITALIANI UN ANNO DI LAVORO IN LIBERTA’

L’ESTATE VIOLENTA

Parlare dell'« Estate violenta ››, mi precipita in un grave imbarazzo. Un po' sono contrario a parlare dei films, allorché sono ancora ad uno stato, seppure avanzatissimo, di progetto. C'e chi dice che porta male. (Delia « ragazza con la valigia» ho parlato tanto, hanno parlato tanto e il copione e ancora nel mio cassetto).
C'è però una considerazione interessante da fare, circa il film La Titanus lo ha accettato così come è, senza forzarmi la mano in nulla, disposta a correre certi rischi che non sono poi tanto lievi.
E' un sintomo molto importante, perché significa un ritorno alla fiducia nelle idee contro le formule e un tentativo di battere strade nuove lontane dalla sicurezza del conformismo. E' importante perché questo coraggio non è mecenatismo, ma disegno industriale: finalmente anche i produttori sembrano aver capito che senza un rischio o una decisione audace non sarebbero nati i missili, i reattori, e i manoscritti di James Joyce ammuffirebbero in un cassetto.
Questo discorso è generale perché so di non essere l'eccezione fortunata: quest’anno, alla Titanus e altrove, i registi saranno liberi di esprimersi; sono tutti impegnati in opere ideate da loro, volute da loro, difese e imposte da loro. Una «nouvelle vogue» non legata a miracolismi, a età, a scandali.
Ovviamente le nostre responsabilità sono aumentate in proporzione geometrica. Guai se a questa posizione produttiva dovesse corrispondere un insuccesso, o un successo solamente parziale, o un riconoscimento di élites. 
Non arrivo a dire che presupposto della validità di un film sia il suo risultato commerciale, ma sostengo
che un'opera pensata e realizzata con sincerità ed amore trova sempre il suo pubblico e i suoi riconoscimenti.
Potrà non avvenire in patria, poiché «nemo est propheta ››; potra non avvenire subito, poiché spesso il valore di un film sta proprio nella ma forza di anticipo sui tempi; potrà avvenire con lenta e sottile penetrazione e non di schianto, poiché il pubblico è restio, recalcitrante, va un po' preso e guidato a riconoscere i valori meno evidenti... Ma avviene. Avviene sempre.
Cosi tocca a noi. Dato però che riconosciamo sempre cosi scarsi meriti al nostri produttori mi sembra giusto
sottolineare come questa volta non abbiano contrastato questo sforzo di rinnovamento ma si siano allineati anche ai tentativi più nuovi e coraggiosi.
VALERIO ZURUNI
LA FIERA DEL CINEMA, giugno 1959, numero unico

Valerio Zurlini
1926 - 1982

martedì 10 maggio 2016

Brutto tempo ... brutti film


La Fiera del Cinema, settembre 1959

martedì 3 maggio 2016

Terra senza scampo



Tutto quello che rimane di Terra senza tempo (1950) di Silvestro Prestifilippo sono le poche immagini immesse nel Tube da un appassionato cultore di proiettori 8, super 8 e 16mm. Il film fu girato nell’area grecanica reggina, tra Pentedattilo, Chorio e Condofuri. Silvestro Prestifilippo era uno che amava profondamente il sud, tant’è che ad ogni suo allontanamento faceva seguito un repentino ritorno con nuove dimore. Nel mondo del cinema egli fece una breve incursione, oltre il citato film realizzò Carne inquieta (1952) tatto da Leonida Repaci con Raf Vallone e Marina Berti. Questi lavori messi a confronto con quelli di altri scrittori-registi, uno su tutti il Curzio Malaparte de Il Cristo proibito (1951), o con quelli contemporanei di un sudista come Pietro Germi, non ne ricavano un apprezzamento duraturo mercé la poca valutazione al momento del loro apparire. Noi però scorgiamo una documentazione visiva sullo stato dei luoghi dove i film vennero catturati e questo basta a ricreare quel mondo perduto per sempre.




lunedì 2 maggio 2016

Mexico Y revolucion


Subito dopo la metà degli anni sessanta del secolo della bomba atomica, per via delle rivolte studentesche, la presa di coscienza da parte della classe operaia e di quanti abitavano nei bassifondi delle metropoli, nel western italiano si affermò un sottogenere che vedeva come teatro delle azioni e degli attori il Messico dei primi anni del secolo citato o per meglio dire la sua “Revolucion”. In questi lavori italici i vari Pancho Villa, Emiliano Zapata, Porfirio Diaz e Francisco I. Madero rimanevano dietro le quinte per lasciare la gloria a dei coraggiosi, poveri pezzenti.
I più illustri Sergio del cinema italiano trovarono linfa per andare oltre gli stereotipi da loro stessi prodotti. Per la confezione si impegnarono altresì soggettisti e sceneggiatori che militavano nella sinistra politica, voglio dire partitica, ma anche, per il film che andiamo oggi a celebrare, l’Ital Noleggio Cinematografico, cioè il cinema Ital-statale. Vi si impegnarono anche i maestri Morricone e Nicolai e cosi il più grande dei creatori di titoli e prossimamente: Iginio “Gigi” Lardani.
Il buon Iginio per Corri, Uomo, Corri (1968) di Sergio Sollima, sfruttando lo score di Bruno Nicolai, confezionò uno chef d’oeuvre ispirandosi ai murales di Diego Rivera. Fu tanto preso dalla sua riuscita che lasciò l’anonimato per firmarsi.
Per ritornare alla politica sinistra ed alla sua ala estrema, quanti vi militavano si appropriarono di alcuni titoli come Vamos a matar companeros o Giù la testa da farli diventare loro slogan di furore.




domenica 1 maggio 2016

La vita ci viene donata


Anche i cinquantanni della vita di un uomo
Sono brevi a confronto con la vita del mondo
La vita non è che un sogno, una visione, un illusione
La vita ci viene donata, ma non può durare in eterno

Akira Kurosawa, Kagemusha, 1980