giovedì 26 aprile 2012

Il più faraonico dei registi

Lui non dorme mai. E’ una persona ossessiva. E’ il più faraonico dei registi con i quali ho mai lavorato … Il suo sguardo è fisso sul futuro. Non da importanza alle sottigliezze. Oliver Stone

Se parlando di Michael Cimino,  vale l’etichetta film di genere, questo è un film di genere, anzi di generi.
Tratto da un novel  di Robert Daley - non il produttore del suo film di debutto con Clint Eastwood -  e sceneggiato con Oliver Stone, ricalca il tema principale di tutta la filmografia di Michael Cimino: lo scontro tra le razze in America per un qualsiasi predominio. Qui abbiamo un polacco contro un cinese, perché poi lo scontro, frenetico,  vero è tra i due con il contorno della chinatown e la classica storia d’amore che coinvolge il polacco, un ex veterano del Vietnam,  e la bella cinesina, il cui compito è pure quello di risollevarlo dal matrimonio fallito.
I due protagonisti principali, Mickey Rourke e John Lone fanno il loro lavoro con coscienza e destrezza, rievocando il ricordo di tanti sceriffi e villain del cinema americano, ma, come, e mi ripeto, in tutti i film di Cimino è l’ambiente il vero protagonista di quanto racconta, qui il quartiere cinese e la sua comunità abilmente cinematografati  da Alex Thompson.
Accusare Cimino di razzismo per questo film è come accusare, tutto questo è accaduto, Eastwood ed il suo ispettore Callaghan di fascismo, accuse a cui non sfuggirono e sfuggiranno nemmeno Tolstoj e Dostoevskij;  la sua è una campagna  contro la perdita dei valori tradizionali su cui si basavano i rapporti tra gli uomini;  il nostro Michael, lo ripeto, è dotato di un proprio umanesimo lontano dagli schemi rigidi di molti conservatori e progressisti che si servono di questi modelli per definire una geografia interiore per non smarrirsi nello svolgersi quotidiano della vita.
Unica pecca nella versione italica del film è la voce di Vernellone che fa apparire Mickey Rourke una fotocopia  di quell’animale, letteralmente, di Silvester Stallone.


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