Mimmo Addabbo - Lolli,Ubaldo Vinci, Gianni Parlagreco,Catalfamo,Fabris, Valentino,Margareci,Crimi,Fano e i Sigilli
giovedì 16 aprile 2020
Virginia Genesi Cufaro dal negativo al positivo
mercoledì 15 aprile 2020
Ingrid Bergman a Messina
PER LA CONSEGNA DEI «DAVID» DI DONATELLO
Ingrid Bergman il 27 luglio a Messina
per la Rassegna Internazionale del Cinema
La manifestazione sarà inaugurata dal Presidente
della Regione siciliana
e dal sottosegretario
Resta - Presenti molti attori
Il festival di Messina ha quest'anno assunto nel mondo
del cinema una funzione di rilievo, dato l’alto tono di mondanità che l'Ente
Provinciale del Turismo e l'AGIS sono riusciti a creare, assicurandosi la partecipazione non soltanto dei premiati dalla Giuria
dell'Open Gate Club di Roma, ma di attori e di attrici di fama internazionale
liberi da impegni di lavorazione nel periodo della manifestazione.
Ingrid Bergman che ha ricevuto l'Oscar per «Anastasia»
ha confermato la sua presenza a Taormina ed alla Rassegna. Giungerà a Catania
con un aereo della LAI ed una macchina dell'Ente Provinciale per il Turismo di
Messina sarà pronta per portarla nel ritrovo della Fiera.
Purtroppo, Sir Laurence Olivier, interprete e regista
di «Riccardo III», non potrà venire in Sicilia. In una lettera al comm. Michele
Ballo egli ha espresso il suo rammarico di non potere essere presente alla
cerimonia della consegna del «David» che considera alla stregua dell'Oscar americano.
L'aurea statuetta sarà ritirata in sua vece,
dall'Ambasciatore del Regno Unito a Roma Sir Ashley Clarke.
Dei premiati saranno pure a Messina in anticipo sulla
serata conclusiva, il regista Federico Fellini e Giulietta Masina, il
produttore Dino De Laurentis che sarà accompagnato dalla moglie, la nota
attrice Silvana Mangano, Alberto Lattuada e la moglie Carla Del Poggio, il
regista palermitano De Seta, il produttore Gualino per la Lux Film ed il
Direttore Generale per l'Italia della Warner Bros. in rappresentanza di Jack Warner
al quale è stato consegnato il «David di Donatello» per il film «Il gigante»
l’ultima interpretazione di James Dean, prima della sua tragica scomparsa.
Hanno assicurato inoltre al comitato organizzatore la
loro presenza la coppia Franco Interlenghi - Antonella Lualdi, la deliziosa Jacqueline
Sassard interprete di «Guendalina», Madeleine Fischer, Giovanna Ralli, Marisa
Allasio, Sandra Milo, Isabel Corey, Marisa Merlini, ed il cast di «Nonna Sabella»,
il film che la Titanus
invierà alla Rassegna, e cioè Tina Pica, Paolo Stoppa,
Peppino De Filippo e Silva Koshina, l'indimenticabile attrice de «Il ferroviere».
Turisti d'eccezione, saranno pure presenti a Messina,
il Principe Massimo e la consorte Dawn Addams.
Fra qualche giorno nei locali dell'Ente Provinciale
per il Turismo di Messina funzionerà una segreteria speciale per la «Rassegna»
diretta dalla signora Elena Valenzano dell'Open Gate di Roma.
La Radiotelevisione italiana ha assicurato il suo
intervento con riprese che saranno irradiate ogni sera nel «cinegiornale».
GAZZETTA DEL SUD, Domenica 18 Giugno 1957
martedì 14 aprile 2020
Un leone a Culver City - Victor Sjöström, sometimes Seastrom
THE WIND, a masterpiece
Fra gli ultimi capolavori
del cinema silenzioso negli Stati Uniti, accanto a La
folla (1928) di Vidor, Sinfonia nuziale (1927-28)
di Stroheim, Aurora (1927) di Murnau; e Il circo (1928) di Chaplin, un
altro ancora venne prodotto dalla M.G.M.: The Wind (Il vento, 1928) di Victor Sjostrom
(Seastrom). Ma prima di riuscire a dirigerlo, lo svedese doveva dedicarsi anche lui ad altre esperienze,
certo secondarie in senso assoluto, ma
ugualmente interessanti. Due film soprattutto meritano di essere ricordati: The Scarlett Letter ("La lettera rossa", 1926) e Masks
of the Devil (La maschera del diavolo, 1928), tratti rispettivamente dai romanzi di Nathaniel Hawthorne e di Jacob Wassermann.
Il primo (grazie al quale Sjostrom fu giudicato nel 1947 uno dei dieci migliori registi del momento) era un accurato e spesso ispirato film in costume, sorretto fra l'altro da una risentita interpretazione della Gish - all'apice della
carriera - (accanto alla quale era Lars Hanson),
ma finiva in sostanza per strozzare in due ore di proiezione,
puntellate da non poche e prolisse
didascalie, le profonde risonanze del grande romanzo; il secondo - di solito ignorato o trascurato dai manuali di storia del
cinema, forse perché meno vistoso del precedente non mancava certo di coraggio e di spregiudicatezza, narrando - pur se m un clima da realtà romanzesca - la. cupa vicenda di un "viveur"
viennese (John Gilbert) convinto di aver assunto - a un certo momento della
sua vita dissoluta - le sembianze del demonio:
entrambi i
film comunque riuscivano a staccarsi dal livello della produzione corrente, con un
linguaggio di notevole raffinatezza, che nei più bei momenti creava intorno ai personaggi - sempre agitati da complessi problemi di coscienza - un'atmosfera di intensa suggestione. Ma è con Il vento che Sjostrom diede forse il meglio di sé
in America.
Il film,
tratto da un romanzo di Dorothy Scarborough, narrava la spiacevole storia di una
ragazza di buona famiglia, giunta
in una zona del West come domestica,
la quale sposava - senza amarlo
– un cow-boy, rude e del tutto diverso da lei, e ossessionata dall'incomprensione del marito e dall'ambiente poco accogliente spazzato in
continuazione da un vento ossessionante, finiva per impazzire uccidendo un uomo che durante una tempesta di sabbia voleva violentarla. Una profonda e continua relazione veniva stabilita fra i personaggi e gli aspetti della natura considerata non già quale idillico o
contrastante sfondo a una convenzionale storia
d'amore bensì come un'entità ostile e ribelle, una presenza chiaramente simbolica che influiva sul dramma determinandone gli sviluppi
e la conclusione: per questo essenzialmente e per analoghi motivi di carattere stilistico, Il Vento è forse l'unico film americano che sia possibile riallacciare con assoluta
sicurezza alla migliore tradizione del cinema scandinavo. Da ricordare, a
proposito di tale film (uno dei
più importanti di tutta la storia del
cinema), un assai istruttivo episodio marginale: mentre la troupe si trovava
nel deserto, per effettuarvi - fra
fatiche inaudite - la maggior parte delle riprese, giunse improvvisamente al regista il seguente telegramma (oggi conservato, quale prezioso cimelio,
nel Museo del Cinema di Stoccolma): " V. Seastrom - M. G: M. Company - Kingston Hotel - Mojave, Calif. –
Dopo parecchie discussioni con
Frances (Marion: la scenarista) ed
altri, abbiamo assolutamente
deciso che Hanson deve essere completamente rasato nella scena
in cui la donna lava i piatti e fino alla
fine del film altrimenti non
appare naturale l'amore che si risveglia
in quel momento e siamo certi che il pubblico non lo
vuol vedere con la barba stop. Noi rischiamo
anche troppo in questo film e non vogliamo sciupare una sola possibilità di
farlo riuscire economicamente eccellente stop Non inquietatevi per queste
righe. Irving Thalberg ".
Era l'epoca in cui il "Valet AutoStrop Safety Razor (Made in
U.S.A.) " assicurava una
depilazione perfetta - se non radicale - perfino dalle pagine dei "fansmagazines", destinati più che altro alle giovanette e agli
imberbi: neppure un attore e
un regista di fama come Hanson e Seastrom
potevano sottrarsi alla furia depilatoria. Ma nonostante l'intervento in
extremis del rasoio di sicurezza di Mr. Thalberg, Il vento riuscì così bello
e sgradevole; così intenso e
inconsueto da meritarsi un solenne insuccesso: il pubblico era inoltre troppo distratto
dall'avvento del sonoro e la Gish passava di moda. Sjostrom venne chiamato intatti a
dirigere, nel film successivo (uno dei ·suoi peggiori), La
donna divina (1928), la "star,, del momento: Greta Garbo. (continua)
FAUSTO MONTESANTI
CINEMA QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE CINEMATOGRAFICA ANNO VII - 1954 10-25 DICEMBRE
In apertura Lilian Gish in The Scarlet Letter 1926 e The Wind, 1928
giovedì 9 aprile 2020
mercoledì 8 aprile 2020
Raffaello Matarazzo
I REGISTI (senza peli sulla lingua)
RAFFAELLO
MATARRAZZO
DI EUGENIO
GIOVANNETTI
Raffaello Matarazzo è un uomo che appartiene al più'
vulcanico regno della mia fantasia: a quello dei treni avviati verso lidi
marini, e delle città improvvisate. Ci siamo trovati, l'ultima volta, in un
treno per Ostia e
abbiamo parlato a lungo, soli, sul terrazzino del vagone. Su
quello storico terrazzino, il mondo
prediletto delle immagini matarazziane di Littoria e di Mussolinia
e di Treno popolare, s'incontrava con
quello dei miei sogni infantili più segreti.
L’Adriatico ha invase e trasformate tutte le immagini che
venivano organandosi nella mia fantasia di ragazzo. Poiché c'era da fare una
ventina di chilometri in ferrovia per giungere alla spiaggia, una delle mie
prime artistiche gioie fu il disegnare lunghi treni che intravedo ancora sui
quaderni lineati d`azzurro. Quei convogli, che si continuavano talvolta in più
linee l'una sotto l’altra, erano per me così splendenti di mare che, al ripensarli,
mi par di travederci anch'oggi il tremolar della marina e quasi nello stesso
odore in cui ella m`appariva, il più nitido tra quanti m'abbiano mai
rinfrescato l’anima.
Questo profumo dei profumi pervadeva, per me anche luoghi
graveolenti, purché connessi con l’idea dell'agognata spiaggia. La stazione del
mio paese, che vedevo dalle mie finestre ed in cui facevo ogni giorno una
capatina, era un luogo d’incanti. Lo stesso magazzino della piccola velocità, pieno
di trambusto d’acri odori, avevo trasformato in una specie di gioioso preambolo
d'un porto. Ci sentivo, ci vedevo brulicare già l’infinito del mare.
Il mare mi segui anche nell’interno del palazzotto in cui
vivevamo. Lo ebbi ben presto anche nella camera da letto, quasi a portata di
mano, nell'angolo in cui ardeva il lumino da notte. Avevo immaginato là, sotto
il comò, una città portuale, con grandi connessioni ferroviarie per ponti,
vialotti, gru. Nessun porto-capolavoro della meccanica riuscirà mai a stupire
chi abbi immaginato un simile nodo di vie nell'assurdo, al di fuori delle
categorie dello spazio e del tempo.
Toccai allora il culmine di coteste architetture immaginando
che l’angolo esterno della stanza in cui dormivo, volto a monte, fosse una
prova navigante all'infinito pel silenzio della notte. Io era così il dormente
della stiva, il nauta dell'immensità.
La pervicacia di cotesto infantile navigare è castigata
forse oggi da un sottile, quasi ironico incubo, quando avverto in sogno come
una fatalità l’assurdo d'una grande nave con cui risalgo per i più tenui fili d'acqua,
su per rigagnoli e grondaie e tetti, sino allo stillante
vertice d'una torre.
Il regista Matarazzo non si dorrà, io spero, quando gli avrò
confessato che i suoi film mi riconducono, sovente a questa zona infantile del
paesano e dello assurdo.
Il regista Matarazzo
ha esordito, con Littoria e Mussolinia nell'annata famosa dei buoni
documentari: il 1932. L'anno successivo vedeva il suo primo film, il più
giovanilmente fresco: Treno popolare.
Da allora ha fatto un po' di tutto, dissipando una tenue
vena idilliaca.
Il suo incontro con comici popolari i De Filippo, è stato
abbastanza felice nel 1938 (Sono stato io)
ed ancor più felice nel 1941 (Notte di
fortuna). Peppino De Filippo è qui forse alla sua miglior prova filmistica,
in un quarto d'ora di meridionale irresistibile foga. La vena idilliaca per
quanto assottigliata, rinfresca ancora questo film scapigliato.
L'indifferenza, l'apatia, la sciatteria, il musulmanesimo,
sono invece evidentissimi nell'Avventuriera
del piano di sopra: una cosa trascurata, trascicata, senza luce, tutta
insulsaggini e volgarità. Il Matarazzo, quando ci si mette, quando ripiega su
sé stesso, sa veramente che cosa sia dormire: è un piccolo mussulmano
sonnacchioso, svogliato, acidulo. Vi ricorda allora col suo cognome e con la
sua sbadigliante faccia, il gran verso meridionale:
o chiù bellu da vita è durmì.
Ecco un’immagine che mi ha portato lontano da quelle dei treni popolari e delle agognate spiagge e dei vulcanici terrazzini, in cui il regista Matarazzo ed io ci siamo un giorno incontrati. Qui i nostri sentieri divergono. Il matarazzo ci divide, poiché le navi vulcaniche dei miei sogni continuano ad arrampicarsi su per fili d’acqua, verso le grondaie e la punta stillante dei campanili; ed il regista Raffaello è invece un dormente che non sogna più nulla e trova che il più bello della vita è il dormire tra due guanciali.
Io non so s’egli abbia in questo tutti i torti. Quel
po’ di dubbio filosofico ch’è in me basta a farmi sospettare ch’egli possa aver
ragione. Dormi pure, o Raffaello, ma non mio sonniferare, perché se mi ci metto
a dormire, io … Tra letterati sonniferi
che m’opprimevano, io sono stato capace di dormire vent'anni, tutti d’un
fiato... Ma allo svegliarmi, esigo un ponce caldo, drogato, forte… Non mi
parlare d’Avventuriera del piano di sopra
ché sono 'cose di pretesa eleganza, che tu non sai fare, che non hai mai saputo
fare... Parlami, se vuoi, di paese, ma d’un paese indemoniato in cui la gente
rizzandosi dalla bara, voglia tornar subito a bere saporito ... Dov'è successo
questo? E' successo al camposanto di Firenze. Avevano mandato al custode, già
nella cassa, qualcuno che pareva morto ed era soltanto in catalessi. Eccoti
d`improvviso un gran fracasso nella sala mortuaria. Il morto s'è levato e
protesta. Il custode accorre e deve spiegare, ma il resuscitato continua a far
chiasso e a lagnarsi per lo stato in cui l'han ridotto. O che si fa? Per
rimetterlo di buona voglia e farlo uscire, il custode prepara un
famoso ponce.
Nel rimandare in municipio il certificato mortuario,
il buon custode si limita a notare in margine: mandateceli morti bene, se no si rizzano e vogliono il poncino.
Ma sono tutte
smanie ch'io racconto, tanto per guadagnar tempo. Ancora una volta, il Tetrarca
Doletti m'ha mandato a_ spasso. Voi capite che quella ch'io volevo non era
affatto la testa del girovago e sonnacchioso Raffaello, un buon diavolo tutto
sommato, che tocca, come me, sovente i vertici dell’assurdo. No, io insistevo,
ancora una volta per avere la testa del regista Jokannan, la sola per cui io mi
sia mosso e che, di rinvio in rinvio, di sostitutivo in sostitutivo di
diversivo in diversivo, ha finito col farmi disegnar tutta questa Villa dei registi.
Se Dio vuole, la prossima volta è la buona: la
prossima volta il mio cavilloso Tetrarca mi concederà finalmente la testa
autentica di Jokannan e non più un sostitutivo con cui gingillarmi.
E' ora di finirla. In fò qui la figura d’una Salomè
isterica e letteraria, che il Tetrarca pigli graziosamente in giro: non della
Salomè truculenta, musicata da Strauss, ma di quella trascendentale e ridicola,
ironizzata dal Laforgue: di quella ragazza, esasperante che fa dire
ai principi del Nord, ospiti del Tetrarca: “ma a che ora la mettono a letto
questa noiosa?”
Basta! La prossima volta avrò finalmente la vera
testa, quella del mio Jokannan. E sarà finita questa novella dello stento.
Eugenio Giovannetti.
film SETTIMANALE DI CINEMATOGRAFO
TEATRO E RADIO ANNO V - N. 7 14 FEBBRAIO
1942 XX
La testata si riferisce al film Un colpo di pistola diretto da Renato
Castellani con Assia Noris. Fosco Giachetti, Antonio Centa, Rubi Dalma (Prod. E
Distr. Lux)
lunedì 6 aprile 2020
That kind of man
Eating four cups of
brown rice, miso and a few greens each day...
Leaving hlmself out of
the account...
Watching, listening,
understanding and not forgetting...
living in the shade of
a pine grove, in a field, ln a small thatched hut...
To the sick child in
the east he tends...
To the tired mother in
the west he beats sheaves of rice...
To one dying in the
south he says, 'Do not fear "...
To quarrels or
lawsuits in the north he says, "Be not petty "..
ln drought he weeps...
ln a cold summer he
paces...
Called a fool...
Not praised, not
criticized.
I want to be that kind
of man. "
'Mangiando quattro coppe di riso integrale, miso e un pò di verdura
ogni giorno...
'Rimanendo al di fuori di ogni merito...
'Osservando, ascoltando, capendo e non dimenticando...
'Vivendo all'ombra di un pineto, in un campo, in una piccola capanna di
paglia...
'Del piccolo bimbo malato dell'est si prende cura...
'Per la stanca madre dell'ovest porta fasci di riso ...
'A colui che sta morendo a sud dice, "Non aver paura"...
'Ai litigi e alle cause del nord dice, "Non essere
meschino"...
'Durante la siccità piange...
'In una fresca estate passeggia...
'Considerato uno stupido...
'Ne osannato, ne criticato:
'Voglio essere quel tipo di uomo.'
Takashi Koizumi, Amida-do dayori (Letter from the Mountain), 2002
domenica 5 aprile 2020
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