Senza ovviamente voler togliere nulla al cinema di De Sica come una certa
critica ce lo ha porto e commentato, potrebbe rivelarsi utile una lettura in
questa chiave nel senso in cui Freud proponeva una lettura del sogno che tenesse
ampiamente in conto quel che del sogno usualmente si perde per il puro fatto
che già lo si possiede: sfondo o particolare, il contenuto latente è dietro di
esso, pronto a parlare, solo che si voglia decifrare l'elementare linguaggio
dell'evidenza.
Che nel decennio indicato — ma in certo modo anche al di qua e al di là
di esso — ii cinema di De Sica sia un cinema urbano è un fatto incontestabile.
Pure, non va dimenticato che la matrice di quella poetica che per comodità
definiremo brevemente neorealista mostra spesso un'evidente << coté »
rurale: da Vergano a De Santis non poche volte è la campagna a dominare la
scena, un ambiente per lo più semplice, immediato, dimesso, a volte dialetticamente
evidenziato da un termine oppositivo
(vedi, ad esempio, i signori di campagna — del resto non a caso
compromessi con i nazisti — in II sole sorge
ancora). Lo stesso film di Visconti più direttamente assimilabile ai
neorealismo (ma che al tempo stesso lo supera in modo decisivo), La terra trema, si svolge in un ambiente
del genere. E la campagna ritorna più di una volta in un altro regista dagli
interessi preminentemente urbani come Rossellini, da Paisà a Francesco giullare
di Dio.
Ma quel che più importa è il fatto che in questi registi ii tema
urbano, quando compare, è affrontato con il sospetto e la sfiducia di una cultura,
di una visione dei mondo i cui affetti sono decisamente legati a una ricerca di
semplicità e di valori che la città non può dare. E persino in un film la
risoluzione positiva del cui problema sembra connessa a uno sfondo urbano come Viaggio in Italia, in realtà è una cultura
sostanzialmente tradizionale e rurale che catalizza la riconciliazione dei due
protagonisti {pensiamo naturalmente alla sequenza della processione]. Il
discorso è grosso e investe un campo che va oltre l'opera di De Sica e che coinvolge
non tanto la poetica quanto la matrice culturale del neorealismo 4.
E purtroppo dobbiamo fermarci a questo punto.
Ora, non crediamo vi sia dubbio — e proprio questo
tenteranno di dimostrare queste pagine — che la persistente immagine della
città nel cinema di De Sica partecipi, con stilemi, temi e sfumature tutte
particolari, di questa più ampia sfiducia nei confronti della morale, della
cultura e in genere della sociologia urbana caratteristiche del cinema
neorealista. Poco importano qui le ragioni individuali del fenomeno, anche se
non a caso sia De Sica che Zavattini provenivano originariamente da ambienti
certo più vicini a una cultura rurale (Sora e Luzzara) che cittadina. Rossellini,
ai contrario, era romano e Visconti milanese. IL problema, Io si vede, va ben
oltre ii singolo caso. (continua)
Franco La Polla, BN
BIANCO NERO, MENSILE
DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12,
1975