mercoledì 30 gennaio 2019

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - & Zavattini


Senza ovviamente voler togliere nulla al cinema di De Sica come una certa critica ce lo ha porto e commentato, potrebbe rivelarsi utile una lettura in questa chiave nel senso in cui Freud proponeva una lettura del sogno che tenesse ampiamente in conto quel che del sogno usualmente si perde per il puro fatto che già lo si possiede: sfondo o particolare, il contenuto latente è dietro di esso, pronto a parlare, solo che si voglia decifrare l'elementare linguaggio dell'evidenza.
Che nel decennio indicato — ma in certo modo anche al di qua e al di là di esso — ii cinema di De Sica sia un cinema urbano è un fatto incontestabile. Pure, non va dimenticato che la matrice di quella poetica che per comodità definiremo brevemente neorealista mostra spesso un'evidente << coté » rurale: da Vergano a De Santis non poche volte è la campagna a dominare la scena, un ambiente per lo più semplice, immediato, dimesso, a volte dialetticamente evidenziato da un termine oppositivo  (vedi, ad esempio, i signori di campagna — del resto non a caso compromessi con i nazisti — in II sole sorge ancora). Lo stesso film di Visconti più direttamente assimilabile ai neorealismo (ma che al tempo stesso lo supera in modo decisivo), La terra trema, si svolge in un ambiente del genere. E la campagna ritorna più di una volta in un altro regista dagli interessi preminentemente urbani come Rossellini, da Paisà a Francesco giullare di Dio.
Ma quel che più importa è il fatto che in questi registi ii tema urbano, quando compare, è affrontato con il sospetto e la sfiducia di una cultura, di una visione dei mondo i cui affetti sono decisamente legati a una ricerca di semplicità e di valori che la città non può dare. E persino in un film la risoluzione positiva del cui problema sembra connessa a uno sfondo urbano come Viaggio in Italia, in realtà è una cultura sostanzialmente tradizionale e rurale che catalizza la riconciliazione dei due protagonisti {pensiamo naturalmente alla sequenza della processione]. Il discorso è grosso e investe un campo che va oltre l'opera di De Sica e che coinvolge non tanto la poetica quanto la matrice culturale del neorealismo 4.
E purtroppo dobbiamo fermarci a questo punto.
Ora, non crediamo vi sia dubbio — e proprio questo tenteranno di dimostrare queste pagine — che la persistente immagine della città nel cinema di De Sica partecipi, con stilemi, temi e sfumature tutte particolari, di questa più ampia sfiducia nei confronti della morale, della cultura e in genere della sociologia urbana caratteristiche del cinema neorealista. Poco importano qui le ragioni individuali del fenomeno, anche se non a caso sia De Sica che Zavattini provenivano originariamente da ambienti certo più vicini a una cultura rurale (Sora e Luzzara) che cittadina. Rossellini, ai contrario, era romano e Visconti milanese. IL problema, Io si vede, va ben oltre ii singolo caso. (continua)

4 Ci sembra quindi che Bazin non colga il bersaglio ponendo il rapporto fra città e campagna, nel cinema neorealista, in termini cronologici, quando invece ii problema va comunque affrontato in termini contestuali. Ibid., p. 46.

Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975

La foto originale e qui:


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